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CARLO I d’Angiò

Uomo di carattere forte e determinato nacque a Parigi il 21 marzo del 1226, ultimo dei sette figli di re Luigi VIII di Francia detto il Leone e Bianca di Castiglia. La morte del padre otto mesi dopo la sua nascita e poi, nel 1232, quella di due fratelli (Giovanni e Filippo Dagoberto) lo lasciarono erede di vasti possedimenti nella Francia centrale, fra cui l’Angiò e il Maine.
Si sa poco della sua prima infanzia, eccetto che fino a dieci anni restò con la madre Bianca, donna di grande rigore morale e religioso, che con l’aiuto dei figli governò la Francia fino alla maggiore età del primogenito Luigi IX e anche oltre per scelta dello stesso sovrano.
Carlo, a differenza del fratello maggiore Luigi, fu poco influenzato dall’educazione religiosa ricevuta dalla madre. Tra gli undici ed i quindici anni frequentò le corti dei fratelli maggiori, fu spesso vicino a loro in varie imprese militari.
Nel novembre del 1245 a Cluny, con la mediazione del fratello Luigi IX e della madre Bianca, ebbe l’approvazione di papa Innocenzo IV a sposare Beatrice di Provenza, che aveva ereditato dal padre, il conte Raimondo Berengario IV, il titolo di contessa di Provenza e Forcalquier.
Il 31 gennaio1246, ad Aix, Carlo sposò Beatrice gettando così le basi della sua futura potenza.
Tale unione fu appoggiata da papa Innocenzo IV perché temeva un possibile matrimonio tra Beatrice e Corrado, figlio di Federico II.
Carlo resse il governo della contea di Provenza e Forcalquier in maniera totalitaria ed dispotica.

Ritratto di Carlo I d’Angiò (autore- Henry Decaisne, 1845 – Pinacoteca della Reggia di Versailles).

Nel 1248 partì al seguito del fratello Luigi IX per settima crociata, in Egitto. Dopo una sosta di circa sei mesi a Cipro, Carlo raggiunse l’Egitto nel 1249, dopo aver conquistato Damietta, fu sconfitto nella battaglia di Mansura nel febbraio 1250.
Lui e gli altri membri della famiglia reale subirono un breve prigionia, poi nella primavera del 1251 decise di rientrare in Francia, dove erano scoppiate alcune rivolte ad Arles ed Avignone. Nel luglio del 1251, fece così ritorno in Provenza insieme al fratello, Alfonso.

Alla morte dell’imperatore Federico II, il pontefice Innocenzo IV cominciò a cercare un nuovo sovrano per il Regno di Sicilia e, quando nel 1252 Corrado IV pretese sia la dignità imperiale sia la corona di Sicilia, egli si rivolse a Riccardo di Cornovaglia e al conte Carlo d’Angiò. Le trattative però fallirono con entrambi. Dopo la morte di Corrado IV, avvenuta nel 1254, Manfredi diventò capo della Casa Sveva ed entrò subito in contrasto con Innocenzo IV che il 12 settembre dello stesso anno lo scomunica. Ma il pontefice per evitare uno scontro diretto revoca l’anatema e nomina Manfredi vicario per la maggior parte dei territori continentali del Meridione, in cambio del riconoscimento dell’autorità papale sul Regno di Sicilia. Il 7 dicembre del 1254 Innocenzo IV rese l’anima a Dio e al soglio pontificio salì Alessandro IV, che si mostrò debole ed indeciso. Manfredi ne approfittò per riconquistare il Regno che spettava per diritto al nipote Corradino. Il 10 agosto del 1258 Manfredi si fa incoronare a Palermo sovrano del Regno di Sicilia. Alessandro IV dichiara nulla l’incoronazione. Nel nuovo ruolo, Manfredi rafforza la compagine interna del Regno, distruggendovi ogni residuo di ribellione e dissenso. Contemporaneamente, cerca in Italia ed in Germania alleanze contro il Papato ed i nemici che questi gli avrebbe inevitabilmente procurato.

Nel 1261 fu eletto papa il francese Jacques Pantaléon di Troyes, col nome di Urbano IV, questi era molto vicino ai reali di Francia. Il nuovo pontefice, temeva che Manfredi volesse estendere i suoi domini su tutta la Penisola, allora si rivolse Luigi IX per liberarsi di Manfredi.
Urbano IV in un primo tempo fece anche un tentativo di accordo con lo svevo senza risultati soddisfacenti, così il 29 marzo 1263 scomunicò Manfredi e lo dichiarò decaduto dal trono.
Ci furono ancora negoziati con la corona francese che durarono a lungo, proseguendo anche sotto il pontificato di Clemente IV (Guy Fouquois altro amico della casa reale di Francia), per concludersi il 30 aprile 1265.
La Chiesa voleva mantenere la sovranità feudale sul regno. Inoltre chiedeva che la città di Benevento restasse sotto il controllo pontificio.
Il papa ottenne che il sovrano non avrebbe dovuto influenzare le elezioni ecclesiastiche né esercitare sui religiosi i propri diritti giurisdizionali e fiscali. Fu vietata l’unione dell’Impero romano col Regno di Sicilia; inoltre il nuovo sovrano non avrebbe potuto accettare l’elezione a re di Germania né avrebbe potuto avere pretese nei territori dell’Italia settentrionale e della Toscana.
L’anno successivo Carlo avrebbe dovuto lasciare la Provenza con almeno 1.000 cavalieri e 300 lancieri e tre mesi più tardi entrare nel Regno. Nel frattempo il cardinale Riccardo Annibaldi, aveva fatto eleggere Carlo d’Angiò senatore di Roma.
Il 6 gennaio 1266 Carlo fu incoronato nella basilica del Laterano re di Sicilia da Clemente IV alla presenza di cinque cardinali.

Carlo I viene incoronato da papa Clemente IV e cinque cardinali.

Il 20 dello stesso mese partì con l’esercito verso il Sud, subito raggiunse e conquistò San Germano.
Manfredi, nel frattempo, aveva abbandonato Capua per rientrare in Puglia. Carlo cercò di anticiparlo e avanzò lungo le valli del Volturno e del Calore in direzione di Benevento, dove si portava anche l’armata di Manfredi. Il 26 febbraio si scontrarono e fu battaglia nei pressi del monte San Vitale, a nord-ovest di Benevento. Dopo un primo attacco degli arcieri saraceni e dei cavalieri tedeschi parve che lo scontro volgesse a favore degli Svevi. Ma poco dopo ci fu la defezione, dei romani, dei campani, dei lombardi e dei toscani dell’esercito di Manfredi. Nello scontro campale Manfredi morì. La strada verso la conquista del Regno era ormai aperta per l’Angioino.

Battaglia di Benevento – Codice Chigi

Carlo, non si fidò della nobiltà e dei funzionari del Regno, così, dopo aver affidato la gestione del regno a nuovi funzionari, per lo più stranieri, impose ai nuovi sudditi un governo dispotico e totalitario. Impose nuovi prelievi fiscali per mantenere il grande apparato militare ed amministrativo angioino.
La nobiltà ed il popolo del Regno presto si esasperarono e subito cercarono un uomo che potesse liberali dal dispotico Carlo. I ghibellini, videro un potenziale liberatore nel giovane Corradino di Svevia, figlio di Corrado IV, nipote di Manfredi e ultimo discendente della dinastia degli Hohenstaufen.

Mentre nell’Italia meridionale erano accesi fuochi di resistenza nei confronti di Carlo d’Angiò, che fu costretto a precipitarsi verso il sud per cercare di reprimere almeno le principali opposizioni, il giovane Hohenstaufen varcò i confini dell’Italia recandosi verso il regno di Sicilia.
Corradino fu ben accolto dalle città imperiali dell’Italia settentrionale, ricevette una calorosa accoglienza nella ghibellina Pisa che lo incoraggiò a continuare la marcia verso il Sud.
Giunto a Roma vi entrò trionfalmente, ponendo le premesse per una facile vittoria.
Fu allora che Carlo d’Angiò, abbandonato l’assedio della colonia musulmana di Lucera che aveva intrapreso per onorare una promessa formulata al Pontefice, si mise in marcia per intercettare al più presto l’esercito di tedesco.
L’incontro avvenne sul confine del Regno di Sicilia presso Tagliacozzo, era il 23 agosto 1268. Dopo le prime mosse di assaggio, i comandanti dei due eserciti iniziarono lo scontro campale. L’esito della battaglia si mantenne a lungo incerto, la carneficina fu enorme finché gli Angioini più numerosi, freschi, e forse meglio organizzati, ebbero la meglio.
In un primo momento il giovane Corradino riuscì a sottrarsi alla cattura, iniziando una rocambolesca quanto umiliante fuga. Riuscì ad arrivare a Roma dove non fu protetto. Mentre tentava di fuggire in Sicilia via mare, l’8 settembre Corradino venne catturato insieme ai suoi fedeli compagni Federico di Baden, Galvano e Galeotto Lancia, Napoleone Orsini e Riccardo Annibaldi fu catturato nei pressi di Anzio dal signore locale Giovanni Frangipane che poi consegnò i prigionieri alle milizie Angioine dietro pagamento di denaro.

Portato in catene a Napoli, Corradino fu sottoposto ad un processo, assieme ad alcuni suoi fedelissimi: quali delitti potevano essergli contestati, tranne quello di voler onorare il nome della dinastia e di affermare i propri diritti?
Condannato a morte, fu decapitato a soli sedici anni il 29 ottobre 1268 sul patibolo eretto in Campo Miricino, l’odierna Piazza del Mercato della città partenopea.
Con questa morte che all’epoca destò grande scalpore, finivano gli Hohenstaufen.

Decapitazione di Corradino.

Degno di menzione è il fatto che nel 1267 era morta Beatrice di Provenza e nel 1268, Carlo sposò in seconde nozze, Margherita di Borgogna (1248 – 1308), contessa di Tonnerre.

Dopo essersi liberato della dinastia sveva Carlo tornò a governare il Regno in maniera ancor più rigida e dispotica, sostituì i nobili ribelli con nobili francesi, confiscò tutti i beni agli avversari e arrivò a trasferire la capitale del regno da Palermo a Napoli.
In breve tempo riuscì ad avere la meglio su molte città dell’Italia settentrionale, ottenne giuramento di fedeltà dalle città guelfe, così si trovò a capo della fazione guelfa in tutta la Penisola.

Seguì quindi, ancora una volta, il fratello Luigi IX nell’ottava crociate contro Tunisi, nel corso di questa crociata il sovrano francese rese l’anima a Dio.

Morte di re Luigi IX il Santo a Tunisi, Carlo d’Angiò è in ginocchio in preghiera.

Successivamente Carlo acquisì nuovi territori e i titoli di re d’Albania (1272), re di Gerusalemme (1277) e principe di Acaia (1267-1277).

Ma nel 1273, grazie all’impegno dei ghibellini di Genova, nel giro di breve tempo Carlo perse il controllo dell’Italia settentrionale; in poco tempo la sua posizione si indebolì notevolmente anche in Toscana.

La continua attività espansiva del re angioino, la gestione politica affidata ai francesi e l’eccessiva imposizione fiscale causarono grande malcontento particolarmente in Sicilia. Questa politica autoritaria ed vessatoria e la perdita del ruolo di capitale di Palermo portò i siciliani alla ribellione che esplose il 30 marzo del 1282 a Palermo prima della funzione dei vespri. In breve tempo quasi tutti gli Angioini furono mandati via dall’Isola. Il 25 luglio, Carlo, sbarcò in Sicilia con le truppe destinate alla guerra greca e assediò Messina, che resistette per ben due mesi.
I Siciliani si rivolsero al re di Aragona, Pietro III il Grande, che aveva sposato Costanza di Hohenstaufen, figlia di Manfredi. Il sovrano aragonese sbarcò a Trapani il 30 agosto con circa 9000 soldati e riuscì, in meno di un mese, a liberare l’Isola da Carlo.

Carlo, nel luglio del 1283, tentò un’invasione della Sicilia concentrando una flotta a Malta, ma l’ammiraglio Ruggero di Lauria sventò il tentativo sorprendendo la flotta e distruggendone una parte.
Il 5 giugno del 1284 ci fu un nuovo scontro tra la flotta Aragonese e quella Angioina guidata dal figlio di Carlo, Carlo lo Zoppo. Ebbe la meglio la flotta Aragonese, così Carlo, che aveva in animo di riconquistare l’isola dovette momentaneamente rinunciarvi e si recò in Puglia per riorganizzarsi. Durante questo viaggio si ammalò gravemente Il 6 gennaio 1285 fece redigere il suo testamento in cui si stabiliva che, nel caso che il suo zoppo e da lui disprezzato figlio ed erede non fosse stato liberato dalla prigionia, la successione sarebbe toccata a suo nipote Carlo Martello, nominò suo fratello Roberto II d’Artois regente. Il 7 gennaio 1285 morì a Foggia. Le viscere furono custodite nella cattedrale di Foggia, le spoglie a Napoli e il cuore a Parigi in un monumento funebre nella Basilica di Saint Denis. (Alessandro De Troia)

Morte di Carlo d’Angiò. Miniatura dalla Cronica del Villani, XIV secolo (Codice Chigi L.VIII.296 dal sito della biblioteca vaticana).
Il 7 gennaio 1285 moriva a Foggia Carlo I d’Angiò. Le viscere furono custodite nella cattedrale di Foggia, il cuore a Parigi e le spoglie a Napoli (Alessandro De Troia). Lapide commemorativa della morte di Carlo I conservata in una cappella laterale della Cattedrale di Foggia – foto di Alberto Gentile.

Gli successe il figlio Carlo lo Zoppo, che al momento della morte di Carlo I era tenuto prigioniero in Aragona.

Reale – Moneta d’oro coniata da Carlo I d’Angiò
Tomba di Carlo I d’Angiò – Basilica di Saint Denis.

Copyright © Alberto Gentile

Bibliografia:

• Jacques Le Goff, San Luigi, Torino, Einaudi, 1996.
• Steven Runciman, I Vespri siciliani: storia del mondo mediterraneo alla fine del tredicesimo secolo, Milano, Rizzoli, 1976.
• Paolo Golinelli, Breve storia dell’Europa medievale: uomini, istituzioni, civiltà, 2ª ed., Pàtron. 2004.
• Massimo Montanari, Storia medievale, Laterza, 2006.
• Guido Iorio, Carlo I d’Angiò. Biografia politicamente scorretta di un “parigino” a Napoli, Roma, GEDI, 2018.

Di Alberto Gentile

Alberto GENTILE
È nato a Casalvecchio di Puglia (FG) - a pochi chilometri da Castel Fiorentino - il 16 gennaio 1958. Dopo aver frequentato il liceo classico si è laureato in Medicina e Chirurgia; ha sempre nutrito una grande passione per la storia e l’archeologia.
Il periodo storico che maggiormente gli interessa è quello normanno-svevo, la sua grande passione è il romanico pugliese. Nel 1997 ha portato sulla grande rete la storia di Federico II con il sito www.stupormundi.it del quale è attualmente il coordinatore. E' socio ordinario della Società di Storia Patria per la Puglia.
Vive e lavora a Foggia. Suona il sax ed il flauto traverso; la musica che più ama è il jazz. È felicemente sposato e ha due figli.

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