Il primo grande tour fotografico di Vittorio Alinari in Sardegna fu ricco di colpi di scena
Vittorio Alinari, dopo aver effettuato nel 1913 e nel 1914 due escursioni nell’isola dei nuraghi, nel suo resoconto di viaggio ‘In Sardegna’, diede ragione al suo compianto prof. Mantegazza, che l’aveva descritta così:
“L’amante del bello trova in Sardegna paesaggi svariatissimi; coste dentellate, come le foglie delle mimose; vergini foreste, pianure e stagni; colli e vere Alpi dove il granito mostra i più bei fianchi ch’io abbia veduti al mondo.
Costumi pittoreschi, intatti da più secoli; tipi umani profondamente scolpiti: poesia popolare, passioni calde; rozze e ardenti nature (…); tutta una tavolozza di colori vivi e svariati che può dare materia d’opere immortali, al poeta, allo scrittore, all’artista“.
Quello di Alinari fu una sorta viaggio-scoperta, un gran tour alla scoperta dell’isola sarda. Noblesse oblige. Si confermò degno rampollo di una Famiglia che fece diventare la fotografia un’arte, unendo il ‘dilettevole’ di una solida cultura all’utile’ dell’impresa. Senso pratico fiorentino, unito al senso di una profonda cultura dei luoghi.
‘In Sardegna’ è un documentato reportage sui monumenti, sulle particolarità archeologiche dell’isola, con interessanti note di colore sulla selvaggia, e nello stesso tempo raffinata, sconosciuta Sardegna.
Nel suo primo viaggio, Vittorio Alinari visitò le coste occidentali: “Lo scopo era di prenderne fotografie che potessero servire a studi geologici. Il Ministero della Guerra e quello della Marina volevano profittare di quest’occasione per fare eseguire dei rilievi interessanti la difesa nazionale”.
Gli misero a disposizione addirittura una torpediniera, ma egli preferì imbarcarsi su uno yacht: ‘II Trionfante’. In compagnia di amici e di suo figlio Giorgio, parti da Livorno ‘con l’intenzione di prender terra al Golfo degli Aranci’.
Un viaggio, che si presentò, fin dall’inizio, ricco di rischiosi ‘colpi di scena’. Appena gettata l’ancora alla Maddalena, poco mancò che lo yacht saltasse in aria, per l’imprudenza del Capitano, che non aveva segnalato la sua entrata in porto.
Scrive Alinari: “Un semaforo, presso il quale passavamo sull’imbrunire, sparò contro noi due colpi di cannone, fortunatamente a polvere e ce ne avrebbe inviato un altro a palla, se il capitano, accortosi finalmente della dimenticanza, non avesse sollecitamente risposto ai segnali e fermato lo Yacht”.
Lo yacht, di origine francese, era stato ‘naturalizzato’ italiano soltanto da pochi giorni. L’unico libro per le segnalazioni esistente a bordo era scritto in francese e nessun membro dell’equipaggio, compreso il Capitano, conosceva quella lingua.
Dopo la brutta avventura, toccò ad Alinari e agli altri passeggeri che conoscevano il francese farne la traduzione, per evitare altri guai.
Fornito di lettere di presentazione del Ministro della Marina e del Ministro della Guerra, Vittorio Alinari si recò ad ‘ossequiare’ le autorità militari della Maddalena, ‘per intendersi con loro, circa le fotografie che sarebbe stato autorizzato ad eseguire nell’estuario’. Fu accompagnato quindi a Caprera da un sottufficiale.
Visitando la tomba dell’Eroe nazionale, venne informato che Donna Francesca Garibaldi desiderava essere fotografata sulla tomba del Duce dei Mille. Desiderio prontamente esaudito: Alinari la immortalò anche presso la tomba del figlio Manlio.
Anche la casa di Garibaldi, un masso granitico posto in vicinanza del mulino, suo luogo di riposo preferito, e il pittoresco spiazzo dove desiderava essere cremato, vennero fotografati.
“L’accoglienza di Donna Francesca – annota ancora Alinari – fu squisitamente cortese. Ebbi così modo di visitare tutta la casa di Garibaldi e in particolar modo la camera ove morì e le altre stanze, dove si conservano vari cimeli ed alcuni suoi intimi ricordi, ne Donna Francesca volle lasciarci partire senza prima averci regalato alcune ciocche di gerani, colte sulla tomba dell’Eroe”.
Lo yacht toccò quindi Capo Figari, il Golfo degli Aranci, e la Tavolata. Quest’isola venne fotografata da Alinari nei punti più suggestivi.
L’estuario della Maddalena, con le sue frastagliate coste, era molto pittoresco; il granito di cui era composto, in alcune parti, aveva assunto delle forme strane: Capo d’Orso aveva l’aspetto di un orso bianco.
La roccia granitica doveva essere di una consistenza straordinaria, se l’erosione di tanti secoli non ne aveva ancora alterato le forme.
Questo luogo colpì l’attenzione di Alinari, ma non potè fotografarlo. Inserì, nel suo resoconto di viaggio, uno schizzo del bizzarro paesaggio marino.
Lo disegnò Giorgio Alinari che, non avendo accompagnato il padre nell’escursione, si basò sulla sua descrizione, oltre che su un’incisione del La Marmora (il cui vademecum sulla Sardegna è citato spesso).
Anche per immortalare l’interno dei nuraghi, Vittorio Alinari non potè adoperare la macchina fotografica. Oltrepassata la stretta apertura dell’entrata, occupava uno spazio troppo grande.
Non fu possibile ‘piazzare’ il cavalletto: il nurago, nel suo punto centrale, era alto appena un metro e mezzo.
Purtroppo anche le pittoresche vedute, le riprese dell’estuario effettuate con la macchina fotografica, andarono quasi tutte perdute: ‘Sembra che in particolar modo interessassero la difesa del paese, e amore di patria me ne impose la distruzione’ – annota Vittorio Alinari, sconsolato.
Il viaggio di ritorno fu rocambolesco. Un tremendo ‘mal di mare’, provocato da una forte burrasca, colpì tutti i passeggeri dello yacht. Pur essendone immune, anche Vittorio Alinari fu contagiato dal ‘clima di bordo’. Ma non si scoraggiò…
L’anno dopo, tornò nell’isola. Stavolta si imbarcò a Civitavecchia, su un comodo ferry boat. Era attratto dagli splendidi paesaggi della Sardegna. Quei luoghi ricchi di storia, di cultura, di tradizioni singolari, erano rimasti impressi nella sua memoria. Fotografica.
VITTORIO ALINARI SCAMBIATO PER TOMBAROLO
Dopo il quasi cannoneggiamento dal ‘forte’ della Maddalena, un ennesimo ‘incidente eroicomico’ turbò il viaggio. Scesi nella lancia dello yacht, per recarsi alla capitaneria, i passeggeri furono ‘bloccati’.
L’episodio è raccontato da Vittorio Alinari con sottile ironia: “Il Capitano del porto, assicuratesi della presenza fra i gitanti di un certo Comm. Alinari, m’invita a seguirlo nel suo ufficio. Egli chiude la porta alle mie spalle, chiude anche le finestre, sicché debbo ritenere che l’affare si faccia grave, grave assai, e che non debba tardar troppo a lasciare l’ufficio della capitaneria, a essere strappato dal troppo comodo alloggio che offre lo Yacht, per cambiarlo con quello certo meno apprezzabile che può offrire la prigione mandamentale di una piccola Sottoprefettura Sarda. Infatti dopo molte tergiversazioni, vengo a sapere che sono incolpato di contrabbando: e che contrabbando!
Dal Ministero dell’Interno è giunto alla Prefettura locale l’ordine di perquisire lo Yacht, che, sotto le mentite apparenze di turismo e di fotografia, tenta un contrabbando di parecchi milioni in oggetti di belle arti. Risum teneatis!
Ci è facile dimostrare che non abbiamo contrabbando, più difficile provare che non lo tentiamo; ad ogni buon fine, il cortese Comandante, anche per mettere in salvo la sua responsabilità, ci accompagna per ogni dove, assiste alle nostre operazioni fotografiche, e anche alla modesta colazione, presa in una ancor ben più modesta locanda, e ci riaccompagna a bordo, lavandosi le mani come Ponzio Pilato!”.
LE TONNARE DELL’ASINARA: “BOLGE” DANTESCHE
Nel maggio del 1900, Vittorio Alinari bandì un concorso rivolto agli artisti italiani: dovevano illustrare la Divina Commedia. Naturalmente secondo i canoni innovativi del Novecento. Il bando fu pubblicato dal ‘Bullettino della Società Fotografica Italiana’. Terminata la Mostra-concorso, Alinari raccolse il materiale per realizzare l’opera ‘La Divina Commedia nuovamente Illustrata da artisti italiani’. Pubblicò la prima Cantica nel 1902, la seconda e la terza nel corso del 1903. Nel 1904 le fece rilegate in un volume unico. La predilezione per Dante era davvero forte e sentita. Emerge anche nel resoconto di viaggio ‘In Sardegna’. Vittorio Alinari cita l’Inferno parlando degli ex possedimenti sardi del conte Ugolino della Gerardesca, ma soprattutto nella descrizione della miniera di carbone del Sulcis e della ‘tonnara’ dell’Asinara. Alinari non volle perdere l’occasione di assistere alla mattanza: per vedere questa ‘interessante pesca’, rinunciò a visitare Sassari.
La scena della mattanza è descritta con patos dantesco: “Già i tonni sono stati introdotti nella così detta camera della morte, della quale vediamo chiudere la porta. Le grosse reti, inquadrate dai battelli dei pescatori, vengono lentamente alzate. Dopo circa un’ora di manovra, cominciamo a vedere i grossi pesci sguazzare alla superficie dell’acqua. I pescatori, levando in alto i roncigli, intonano una preghiera, meglio una nenia dall’intonazione tutta orientale. Il Keis, o capo della ciurma, da l’ordine, e tutti si precipitano con i lunghi raffi contro i pesci che si dibattono facendo spumeggiare le acque in breve arrossate dal loro sangue. I pescatori s’incitano a vicenda con alti gridi e larghi gesti; sembra di essere discesi, con Dante, nella bolgia infernale: ‘poi l’addentar con più di cento raffi “.
Le povere bestie, uncinate da due, tre, quattro raffi, vengono a fatica tratte a bordo, e han le viscere dilaniate come i peccatori della quinta bolgia’. La pesca, quel giorno, ‘non fu molto produttiva’: 275 tonni, alcuni dei quali abbastanza grossi, ed un pesce spada, la cui ‘arma’ venne regalata a Vittorio Alinari e ai suoi amici.
Per ricordo.
GLI ALINARI
La Fratelli Alinari, costituita a Firenze nel 1852, è l’azienda più antica del mondo operante nel campo della fotografia. Il suo immenso patrimonio iconografico è oggi fruibile in forma digitale. Immagini oggi on-line sul sito sul sito www.alinari.it.
©2003 Teresa Maria Rauzino.
Articolo pubblicato l’11 febbraio 2003 nel sito www.capitanata.it.
Vittorio Alinari, In Sardegna, F.lli Alinari Ed., Firenze 1915