Ruggero, figlio secondogenito di Ruggero d’Altavilla e di Adelasia di Monferrato, nacque il 22 dicembre 1095 a Mileto, quando il padre aveva già 64 anni.
Alla morte del gran conte, nel giugno del 1101 a Mileto, la vedova si ritrovò con due figli in tenera età e con la necessità di provvedere alla reggenza del regno, cosa che fece con l’aiuto di accorti consiglieri.
La morte del fratello primogenito Simone, avvenuta nel 1105, lasciò erede unico Ruggero che a 10 anni divenne conte di Sicilia.
Della fanciullezza di Ruggero sappiamo poco. L’abate Alessandro di Telese riferisce che sin da bambino mostrava un carattere rude ed autoritario e che spesso, nel gioco, sottometteva il fratello.
Ruggero crebbe nell’ambiente cosmopolita della corte di Palermo, come sarebbe avvenuto anche al futuro Federico II, educato da precettori greci e musulmani. Imparò a parlare correntemente il greco, l’arabo ed il latino, cosa che gli consentì, da adulto di trattare in prima persona con i principi stranieri. Uscito dalla minore età nel 1112, Ruggero assunse le redini del governo e ben presto si dimostrò uomo di eccezionale talento sia nell’amministrazione interna sia nel programma espansionistico.
Avviò un’energica politica di consolidamento della contea continuando l’unificazione dello stato avviata dal padre tendente a dare a tutti i sudditi del regno, qualunque fosse la loro origine etnica, un’eguaglianza di fronte alle leggi e di fronte allo Stato e contemporaneamente una politica di espansione nel Mezzogiorno della penisola, col disegno di unificare i domini normanni d’Italia.
Nel 1126, senza bisogno di ricorrere alle armi, successe al cugino Guglielmo, duca di Puglia, morto senza eredi. Sbarcato dalla Sicilia nella terraferma per prendere possesso dei suoi nuovi domini, Ruggero si impadronì facilmente di Salerno ed Amalfi e ricevette l’omaggio di molte altre città. Questa signoria grande e potente che si andava formando nell’Italia meridionale non poteva, naturalmente, esser vista di buon occhio da papa Onorio II. Pertanto il pontefice scomunicò Ruggero e tutti coloro che lo avessero aiutato nella conquista della Puglia.
Ruggero dapprima tentò di ingraziarsi papa Onorio inviandogli ambasciatori con ricchissimi doni e dichiarandosi pronto a considerarsi vassallo della Santa Sede, ma il pontefice rinnovò la scomunica e guadagnò alla sua causa Roberto principe di Capua e Rainulfo d’Alife.
Ruggero allora, radunate le sue efficienti milizie, marciò verso la Puglia ma Taranto, Otranto, Brindisi, Castro ed altre città si arresero senza opporre resistenza, riconoscendolo loro duca.
Nulla potendo la scomunica, il pontefice tentò la via delle armi e venne ad affrontarlo sul Bradano, nella pianura di Vado Petroso.
Ma Ruggero non lo affrontò direttamente, temporeggiò, quasi come in un assedio, per stancarne l’esercito mercenario che, in effetti, dopo qualche tempo si disperse prima ancora di iniziare una sola battaglia; il pontefice fu costretto a rifugiarsi a Benevento e a venire a patti: assolse Ruggero dalla scomunica e lo riconobbe duca di Puglia (agosto del 1128). Ma i baroni pugliesi non erano d’accordo e, tornato Ruggero in Sicilia, insorsero, ma questi, riattraversato lo stretto, ben presto li soggiogò, e ormai padrone del ducato, convocò una Dieta a Melfi, “in cui sancì che nessun barone, qual ne fosse la ragione, movesse guerra all’altro, o si attentasse di proteggere ladri e malfattori di ogni maniera; che anzi qualora ne vivessero nei loro stati, dovevano consegnarli ai magistrati incaricati; che nessuno osasse appropriarsi dei beni degli arcivescovi, di vescovi e di qualunque chierico o monastero, o di molestare o far molestare gli operai, gli agricoltori, i pellegrini, i mercanti e qualsiasi altra persona”.
Per mantenere la pubblica tranquillità e la sicurezza, Ruggero quindi rafforzò la sua autorità esigendo l’obbedienza dei più potenti vassalli senza far loro alcuna concessione.
Conte di Sicilia e duca di Puglia, il principe normanno assumeva così la veste di signore dell’Italia meridionale, anche se non ancora interamente conquistata. Tra il 1128 e il 1129 egli riuscì ad affermare il suo potere anche su Napoli, Bari, Capua e molte altre località e a continuare l’opera unificatrice.
Pochi sovrani in Europa avrebbero potuto competere con lui. Nessun monarca occidentale lo superava in ricchezze e Palermo, antica capitale degli emiri, ricca di magnifici palazzi, fiorentissima per le arti e per i commerci, fu la degna sede di un tal principe, che aveva adottato la pompa e i costumi arabi.
Il suo palazzo era adorno di preziosissimi arredi, popolato di eunuchi e fanciulle e difeso da un fortissimo corpo di soldati saraceni. Il fasto di Palermo era pari a quello delle più sontuose corti orientali e al fasto corrispondeva la potenza, perché in quel tempo Ruggero, i cui stati si estendevano quasi fino a Roma e avevano i porti frequentati dai crociati di passaggio, pesava molto nella politica europea.
E mentre l’autorità degli altri principi era limitata dalla potenza dei loro vassalli, quella di Ruggero andava ben oltre: quando, dove e come avesse voluto, egli era in grado di radunare un formidabile esercito, che le fedelissime milizie musulmane rendevano ancor più forte e temuto.
Data la potenza cui era pervenuto, Ruggero vide la necessità di costituire lo Stato in un’unità che desse al sovrano maggiore autorità: nel 1129, convocato a Salerno un Parlamento al quale parteciparono non solo gli ecclesiastici e i baroni, ma anche i cittadini più importanti, propose, vista l’estensione e la ricchezza dello Stato, di mutarlo in Regno.
Ottenuto il voto del Parlamento, Ruggero fece ritorno in Sicilia, dove il voto di Salerno fu confermato da un’altra assemblea siciliana.
Ruggero inoltre seppe trarre profitto delle discordie nate in seno al papato in seguito alla morte di Onorio e culminate in uno scisma (contemporaneamente erano stati eletti Innocenzo II e l’antipapa Anacleto II): con un piccolo capolavoro politico, appoggiando Anacleto, riuscì a dare “giustificazione” divina alla corona di Sicilia, diritto immortalato in un mosaico nella chiesa della Martorana a Palermo, dove Ruggero, in abiti orientali, riceve la corona dalle mani di Cristo.
Fu tale la pompa che, ad un cronista del tempo, parve che tutte le ricchezze e le magnificenze del mondo si fossero riunite a Palermo. Le sale della reggia erano ricoperte di preziose tappezzerie, i pavimenti di tappeti di squisita fattura. Il nuovo re uscì preceduto da tutti i baroni e cavalieri del regno che incedevano a coppie, montati su superbi cavalli dai finimenti d’oro e d’argento; seguivano il monarca i più autorevoli personaggi, anch’essi riccamente vestiti e su cavalli magnificamente bardati. Giunto al duomo, Ruggero fu consacrato dagli arcivescovi di Benevento, di Capua, di Salerno e di Palermo e ricevette la corona dalle mani del principe di Capua. Era il 25 dicembre 1130.
Alla cerimonia seguirono sontuosi banchetti in cui non fu usato altro vasellame che d’oro e d’argento; gli scalchi, i paggi, i donzelli e perfino i valletti che servivano le mense erano vestiti di tuniche di seta.
L’avvento al regno fu seguito da un decennio di guerre, nel quale Ruggero II ebbe contro di lui coalizzati il papa Innocenzo II, l’imperatore Lotario II di Supplimburgo, il basileus Giovanni II Comneno, le repubbliche marinare di Genova, Pisa, Venezia e, nel regno, città e baroni ribelli. Nonostante rischiosissime avventure, Ruggero II riuscì ad estendere i confini del regno fino al Tronto, e, morto l’antipapa Anacleto II (1138), dopo aver inflitto una grave sconfitta a Innocenzo II (San Germano, 1139), ottenne anche da questo il titolo regio. La pace col pontefice consentì al re di ristabilire la sua autorità all’interno e di riprendere, con la collaborazione di Giorgio d’Antiochia e di altri valorosi ammiragli, l’espansione oltre mare, dalla Sicilia alla costa tunisina e dalla Puglia alla Grecia (con un attacco alla stessa Costantinopoli nel 1149). E fu proprio durante un viaggio di ritorno in Sicilia via mare, che il re s’imbatté in una violentissima tempesta. Per due giorni temettero di naufragare, poi in vista della rocca di Cefalù le acque, come per incanto, si calmarono. Ruggero lo interpretò come un segno della benevolenza divina e per questo fece innalzare sulla rocca quello che ancor oggi viene considerata una delle più belle cattedrali del mondo: il duomo di Cefalù.
Caratteristica del regno siciliano fu l’esistenza di un’amministrazione centrale assai complessa, lascito delle dominazioni bizantina e araba: il re era assistito da sei ufficiali (i più importanti dei quali erano l’“ammiraglio”, carica di origine araba, capo delle forze armate ed il protonotario, capo della cancelleria) e da magistrati sparsi nelle province (iusticiarii e connestabuli). Esistevano un’amministrazione finanziaria (dohana) e una forma di autogoverno concessa alla comunità araba di Palermo, retta da un qadì. Speciali prerogative, in materia di organizzazione ecclesiastica, grazie all’apostolica legatia concessa da papa Urbano II al gran conte Ruggero in cambio d’appoggio militare, vennero riconosciute ai sovrani normanni, nominati legati papali, ossia diretti rappresentanti della Santa Sede. Pur essendo gli obiettivi principali imposti dai pontefici lo sradicamento dell’islamismo e la lotta contro l’influenza del Cristianesimo greco-bizantino, Ruggero II si guardò bene dall’interessarsi di crociate, problema che coinvolgeva il resto dell’Europa, e fu molto tollerante riguardo alle profonde differenze etniche e religiose esistenti tra i suoi sudditi, anzi incoraggiandone le attività artistiche e culturali.
Alla corte di Ruggero perdurò la cultura araba; egli accolse molti dotti, preferendo alla compagnia e alla conversazione dei monaci cristiani quella dei dotti arabi. Tra questi, ricordiamo il geografo al-Idrisi che per incarico del sovrano scrisse “Il sollazzo per chi si diletta di girare il mondo” più nota come Kitab-Rugiar, ossia Il libro di Ruggero, che costituisce una delle più importanti opere di geografia di tutto il medioevo. Al libro si accompagnava un grande planisfero d’argento, purtroppo andato distrutto (o, meglio, predato e fuso).
Ruggero II morì il 26 febbraio del 1154 a Palermo, dopo 24 anni di regno e dopo aver sottomesso buona parte delle terre che si affacciano nel Mediterraneo.
Due mesi dopo la sua morte nacque la figlia Costanza, che alcuni anni più tardi avrebbe partorito, in una pubblica piazza, lo Stupor mundi.
I Matrimoni e Figli
Ruggero sposò prima del 1118 Elvira di Castiglia (circa 1100 – 1135), dalla quale ebbe:
• Ruggero, (1118 – 1148) duca di Puglia, che da una relazione con Bianca di Lecce ebbe Tancredi pretendente al regno di Sicilia;
• Tancredi, (ca. 1120 – 1138) principe di Bari;
• Alfonso (ca. 1120 – 1144), principe di Capua e duca di Napoli;
• Guglielmo, (ca. 1120 o 1121 – 1166), duca di Puglia e poi Re di Sicilia (1154-1166), detto Guglielmo il Malo;
• Adelasia (ca. 1126 – dopo il 1184), contessa di Firenze di diritto, che sposò Jozzelino, conte di Loreto e, in seconde nozze, Roberto, conte di Loritello e Conversano;
• Enrico (ca. 1130 – prima del 1145), principe di Taranto.
Dopo la morta Elvira di Castiglia, nel 1149, dopo ben quattordici anni di vedovanza (con la preoccupazione della successione dinastica dopo la morte in successione dei suoi primi tre figli maschi), si unì in matrimonio con Sibilla di Borgogna (1126 – 1150) dalla quale ebbe:
• Enrico (29 agosto 1149 – morto bambino);
• un figlio (16 settembre 1150) nato morto, dopo poco muore anche Sibilla per complicazioni post parto.
Quindi nel 1151 si affrettò a sposare Beatrice di Rethel (1135 – 1185) dalla quale nacque postuma la sola:
• Costanza (1154 – 1198), imperatrice e regina di Sicilia, sposa di Enrico VI di Germania (1165-1197) e madre di Federico II di Svevia.
Bibliografia:
- AA VV Storia della Sicilia. Società editrice Storia di Napoli e della Sicilia Santi Correnti Storia della Sicilia, Periodici locali Newton.
- Giuseppe Quatriglio, Mille anni in Sicilia, Marsilio.
- Denis Mack Smith Storia della Sicilia Medievale e moderna, Laterza.
- John Julius Norwich, I Normanni nel Sud 1016-1130. Mursia: Milano 1971 (ed. orig. The Normans in the South 1016-1130: Londra, Longman, 1967).
- John Julius Norwich, Il Regno del Sole 1130-1194, Milano, Mursia, 1971 (ed. orig. The Kingdom in the Sun 1130-1194, Londra, Longman, 1970).
- Hubert Houben, Ruggero II di Sicilia, Un sovrano tra Oriente e Occidente, Editori Laterza, 1999
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