CENNI STORICI
Quando Giacomo Caldora (1368-1439) corse a difesa dei suoi "quasi" concittadini vastesi, sapeva di farlo per scopi ben precisi: ogni cosa del resto, doveva avere un suo costo in quel periodo.
Tutto sommato però, il fatto che Caldora, una volta entrato nella città si fosse autoproclamato signore di Vasto, non veniva visto dai suoi abitanti in cattiva luce; anzi, forse i Vastesi poterono così giovarsi di un periodo privo di grandi rischi.
Il temuto cavaliere di ventura, infatti, godeva di un rispetto così elevato che molti territori limitrofi preferivano pagare tributi pur di farsi garantire la sua non belligeranza.
Quello che Giacomo Caldora ignorava prima di intervenire - in veste di pacificatore tra le fazioni di Buccio d'Alvappario e quelle di Lisulo da Catania - era che si sarebbe innamorato di questo posto al punto tale da farne la sua residenza invernale.
Personaggio di grande carisma e cultura, ma soprattutto persona capace di incarnare una notevole eccentricità, Giacomo, nel 1427, ingrandì una preesistente fortificazione posta a difesa del lato vulnerabile della Città per farne la sua residenza.
Considerando il periodo, il tipo di costruzione, e l'ingente possibilità economica del Caldora, molti studiosi sono concordi nell'affermare che, con tutta probabilità, fu l'ideatore della "cinta bastionata", cioè Mariano di Iacopo detto "Taccola" (1381-1458), ad essere chiamato per realizzare la possente edificazione a pianta quadra, costituita da quattro cortine e tre torri e da un fossato perimetrale.
Una suggestiva successione di beccatelli in pietra e di archi ogivali faceva da cornice all'intera costruzione che poteva vantare, sulla base di un edificazione romana, un'altissima torre, demolita successivamente dai Vastesi per recuperare materiale da costruzione, come parzialmente fecero con altri elementi del castello.
Ancora oggi una linea di demarcazione nella cinta verticale può essere notata tra la costruzione originaria e quella rimaneggiata da d'Avalos dopo il 1499; la delimitazione infatti rivela un fabbricato superiore composto da materiale apparentemente simile, ma diverso nella forma (mattoni più piccoli) e nella composizione meno attenta.
Polemiche sorte recentemente tra alcuni autorevoli studiosi farebbero risalire la costruzione militare solo al ciclo dei D'Avalos; altri invece affermerebbero, giustamente a nostro avviso, che nulla concorda con quel periodo, dalle necessità alle possibilità economiche.
Non è difficile, tuttavia, rilevare che la tipologia architettonica niente ha a che fare con il periodo cinquecentesco, essa guarda ad un'età sicuramente più tarda.
Il restauro effettuato dai d'Avalos, se pur grossolano, rispettò le linee architettoniche primitive, donando all'edificio una certa continuità fino al 1816, data che sarà ricordata come l'inizio di un inesorabile stravolgimento dell'intero fabbricato.
Nuove costruzioni di tutt'altro stile infatti, si legarono gradualmente alla struttura, e a volte, addirittura con lo stesso consenso del Ministro competente, fino a rendere il lato occidentale praticamente irriconoscibile, dato l'inserimento di un edificio neoclassico.
Rimane ad oggi un nostro sogno, e prima ancora, un sogno di tutti gli storici che negli anni si sono appassionati a questa fortificazione, tornare ad ammirare il castello nelle legittime vesti.
Lasciarlo nello stato attuale risulterebbe quantomeno infausto, per una costruzione che rappresenta a ragione un fondamento nella storia dell'architettura militare.
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