Somma Vesuviana (castello d’Alagno, detto anche castello de Curtis)

CENNI STORICI

Il castello aragonese di Somma fu realizzato per sostituire un altro di origine normanna ubicato più a monte. Quest’ultimo, infatti, presentando un accesso troppo disagevole e le tipiche caratteristiche dei castelli costruiti allo scopo di difesa, risultava sprovvisto di ogni conforto e comodità. Qui si era rifugiata Lucrezia d’Alagno, amante del re Alfonso di Aragona alla cui morte avvenuta nell’anno 1458, al fine di mettere al riparo se stessa e le sue ricchezze dalle mire dei suoi nemici, ed in particolare di quelle del suo successore Ferrante II. Poiché il castello sul monte si rivelò poco accogliente, nello stesso anno del suo arrivo a Somma, la nobildonna concepì ed attuò il disegno di costruirne uno più moderno e comodo, a ridosso del centro abitato, in prossimità delle mura della città. Il nuovo sovrano, volendo impadronirsi degli averi di Lucrezia, la invitò a Napoli ed al suo rifiuto nell’anno 1461 venne ad occupare Somma con schiere armate. Intuiti i propositi del re, la nobildonna, si rifugiò nella rocca più a monte abbandonando il suo castello all’invasore che vi si insediò, ponendo l’assedio alla rocca normanna. Dopo 25 giorni di assedio, Ferrante II, avendone constatato la sua imprendibilità lasciò Somma non prima di aver saccheggiato il castello recentemente costruito. Dopo il passaggio d Lucrezia allo schieramento angioino, per più di duecento anni il castello seguì le alterne vicende del paese, cambiando padrone con il susseguirsi dei vari reggenti. Costoro, però, resisi conto dell’importanza strategica di una simile area fortificata, ritennero opportuno non concederla più in feudo, né alienarla, temendo che divenisse ostile in mani nemiche. Verso la fine del secolo XVII don Felice Fernandez de Cordoba, duca di Sessa e di Somma, diede in affitto, a tempo indeterminato, al dr. Luca Antonio De Curtis di Napoli, il castello e tutto il terreno circostante. Sull’immobile sarebbe gravato un canone di 25 ducati da pagarsi in “perpetuum” con l’obbligo di trasformare il suolo in campo fruttifero. Il censo sarà riscattato solamente nell’anno 1859 dal Marchese Pasquale De Curtis. Nel 1946 l’immobile fu alienato dai marchesi De Curtis, insieme al terreno circostante, a favore del Dr. Nicola Virnicchi da Montella. Infine nel 1998 il Comune di Somma Vesuviana è diventato proprietario dell’immobile, e ad oggi (2008) sono in corso i lavori di restauro e ristrutturazione per la futura apertura del Museo civico. Il luogo in cui sorge la costruzione fu, come per ogni altro castello, scelto con cura e con criteri correnti per simili architetture: solitamente era costituito da una balza da cui si potesse dominare una vasta zona ed essere facilmente difendibile. Il Castello D’Alagno, infatti, domina l’abitato di Somma, l’estesa piana che va da Nola a Napoli e la Terra di Lavoro, con il coronamento degli Appennini campani. Originariamente il castello sorse con quattro torri rotonde e merlate, di cui due stringevano la facciata principale, su cui si apriva a pianterreno il largo fornice del portone d’ingresso. In corrispondenza, al primo piano, si svolgeva un ampio salone di rappresentanza ed altre sale prospettanti ad ovest sulle pendici del monte, mentre nelle due ali laterali erano ricavate le cucine e le camere da letto. A piano terra le stalle e depositi si aprivano sul cortile e sull’atrio dell’ingresso. Delle quattro torri angolari, in origine allo stesso livello, due furono maggiorate di un piano per ricavarne nuovi ambienti; essi vengono così a trovarsi a due a due, una alta e una bassa, rivolte verso la vallata e verso la montagna. Alle fine del secolo XVII il castello già versava in pessime condizioni ed aveva bisogno di urgenti lavori, trovandosi in uno stato di abbandono che durava da tempo, essendosi ridotto a riparo per pecore e capre. Anche il giardino, ridotto in larga parte in zona boschiva, non dava alcun frutto e necessitava di una nuova piantagione. Pertanto fu ritenuta la soluzione migliore da parte del Duca di Sessa concedere in affitto al migliore offerente l’intero complesso, piuttosto che lasciarlo andare in completo disfacimento. Una sostanziale modifica dello stabile fu effettuata verso la fine del ‘700, allorché Camillo e Gaspare De Curtis rinnovarono quasi completamente la fabbrica sia all’esterno che all’interno, adeguandolo agli usi ed allo stile del tempo. In particolare rivestirono il castello di intonaci e decorazioni neoclassiche con grande profusione all’interno delle sale ed anche sulle precedenti semplici e severe facciate. Le coperture che si presentavano piane in lapillo battuto, circondate da parapetti merlati, furono sostituite con un tetto a capriate in legno, ricoperto da coppi in creta. Altri caratteri specifici dell’epoca riguardano la rampa di accesso e l’ingresso, ove due pilastri listati rivestiti di intonaco, portavano alla sommità un elegante vaso in creta. Alla fine della rampa si apre una piazzetta semicircolare con due ingressi laterali simmetrici per l’accesso al giardino. Una larga fascia di stucco lavorata a bugnato contorna i piedritti e l’arco del portone che immette nel cortile interno. Altri elementi sono distribuiti un po’ ovunque: particolare interesse rivestono il cornicione barocco al primo piano, le riquadrature delle finestre, del balcone principale a primo piano, le paraste laterali listate, nonché varie decorazioni a stucco, sia all’esterno che all’interno delle stanze e sui soffitti, come ad esempio la cappellina nella sala a primo piano. Decorativo e scenografico, alla maniera del 700, infine, si presenta il muro di fondo del cortile.

Bibliografia e Sitografia

https://www.ilmediano.com/somma-vesuviana-il-castello-dalagno-de-curtis-e-toto/

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XV sec.

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