CENNI STORICI
l complesso fortificato di Sissa, più volte violentato in ordine alle esigenze difensive di vari periodi storici, ha conservato intatto il mastio, dimostrazione di un passato tanto ricco di gloria, di sventure e di sangue, che sovrasta due ali più basse inserite nel Settecento modificando le preesistenti strutture medievali. Per lungo tempo la fortezza fu teatro di tumultuosi avvenimenti, specie quando i veneziani, conquistandola nel 1409, la devastarono. Il fortilizio venne ricostruito dai Terzi, che l’ebbero in restituzione nel 1440, con l’elevazione del feudo a Contea. Nei secoli successivi ebbe a subire forti trasformazioni tanto all’interno quanto all’esterno, infatti dopo tanti fatti d’arme, saccheggi e modifiche parziali, l’architettura della rocca cambio più volte il proprio aspetto. Dalla seconda metà del Cinquecento in poi la parte esistente delle vecchie murature subisce numerosi riadattamenti sino ad assumere nel Settecento la tipica impronta di residenza signorile. All’ignoto architetto autore della trasformazione settecentesca spetta il merito di aver abilmente collegato l’austerità del mastio, non intaccato nella sua immagine di fortilizio, coi corpi laterali dell’edificio, che assumono l’aspetto tipico di palazzo patrizio. Agli inizi dell’Ottocento l’antico fortilizio terziano si presenta nella sua edizione definitiva, architettura tardo barocca in cui domina ancora il mastio quattrocentesco che conserva intatta la corona di caditoie e i lunghi beccatelli che rinserrano il corpo sporgente del blocco murario, mentre si segnala la scomparsa del ponte levatoio. Sino a tutto l’Ottocento la Rocca era accessibile frontalmente per mezzo di uno stretto ponticello in muratura. Dalla “piazzola” un altro ponticello, ortogonale al precedente, congiungeva l’abitato con la sede del dazio comunale, isolato da un muretto che insieme alle spallette dei ponti formava un quadrilatero nettamente staccato dalla parte occidentale del paese. Una serie di abbattimenti successivi, il cambio di destinazione della Rocca adibita a sede comunale, hanno portato, agli inizi del Novecento, alla costruzione di un monumentale scalone in muratura, cemento e marmaglia, posto dirimpetto alla strada ritagliata nel verde della vecchia ortaglia. Gli interventi più recenti riguardano la scala laterale, posta nella facciata orientale, ricostruita in cotto e cemento negli anni Cinquanta, e lo scalone d’ingresso sorto nel 1986, previo abbattimento del precedente. Abbiamo esempi di rocche coeve ben conservate, che aiutano a ricostruire con la fantasia bertesche, merlature, barbacani e caditoie, ma in vetta al mastio tozzo e invulnerabile, che un tempo terrorizzava i nemici, oggi si annidano uccelli rapaci e notturni che ne tentano il silenzio, e l’edera e il caprifoglio hanno rivestito le pietre onuste di tempo.
Per quanto riguarda la varietà dei dipinti che coprono pareti, volte e soffitti della Rocca, è necessario e utile distinguere i soggetti in base alla loro qualità pittorica. L’opera più significativa la troviamo nell’attuale Sala del Consiglio, dove spicca la centro del soffitto, una scena allegorica di “oscuro significato”, divisa in due parti. Una raffigura Apollo seduto sul serpente Pitone mentre scaccia la notte; l’altra, dominante la composizione è centrata su una figura alata e putti sostenenti fiaccole accese e spente, avvolti da nuvole sullo sfondo di un cielo notturno trapuntato di stelle. Si possono trovare anche quattro tele: Giudizio di Salomone, Fuga in Egitto, Figure in costume in un bosco e Passaggio collinare. Lungo la scalinata, un tempo in cotto e ora in marmo, si rincorrono entro ovali incorniciati a stucco personaggi mitologici: Diana, Pan e Ganimede rapito dall’aquila, svettante sul soffitto, anche questi di ottima fattura. Sempre al primo piano, pareti e soffitto di una saletta quadrata sono densamente decorate da immagini e paesaggi esotici, tratti da un campionario di luoghi di vastissima estrazione continentale, dalla Cina all’Africa, alle Americhe. In una delle pareti sono allineati personaggi storici di varie epoche. Una gloria alata volteggia sullo sfondo di un paesaggio tropicale porgendo due corone, una sul capo di un Napoleone triste, l’altra su quello di un impettito Carlo V, seguito da una giovane Maria Luigia dal volto illuminato da un candido collarino pieghettato di foggia cinquecentesca. Un piedistallo, formato da pale sormontate da un’anfora, chiude la scena, che un pittore anonimo della metà dell’Ottocento ha composto con fantastica, quanto modesta ispirazione, per gli ultimi signori della Rocca. Nella stanza adiacente vedute paesistiche variamente interpretate formalmente e pittoricamente chiudono il ciclo dei dipinti del piano superiore. Al piano terra, dove il cortile ha perduto nel tempo il traforo del portico, una stanza conserva un ciclo di affreschi incorniciati a stucco: Flora e putti, Vittoria sul cocchio, Allegoria, Divinità, attribuibili a Giovanni Bolla. Degli ultimi proprietari poco ci dicono i vasti saloni settecenteschi dalle belle volte a vela e a crociera. Se si esclude una stanza del piano terra, ingentilita da una “Flora con frutti” di buona fattura, le altre decorazioni, al piano superiore, offrono frammentari partiti decorativi di modesto valore artistico. Così pure le composizioni figurative che fasciano le pareti in un confuso rincorrersi di scene esotiche e storiche fondate sul confronto di personaggi di epoche diverse, sottolineando la decadenza di una Rocca che fu dominio di una delle più potenti e nobili famiglie del Parmense.
Bibliografia e Sitografia
https://it.wikipedia.org/wiki/Rocca_dei_Terzi
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XI sec.
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