CENNI STORICI
Chiamato comunemente Castello, anche se la tipologia della struttura lo classificherebbe come palazzo signorile, l'edificio può considerarsi, senza alcun dubbio, un testimone chiave della storia ripese. Edificato intorno all'anno 1000, fu sede abitativa dei signori locali che si succedettero nel corso dei secoli e furono proprio questi passaggi di signorie diverse che lasciano oggi importanti testimonianze sulla "vita" del castello. Ad ogni successione venivano compilati da notai gli inventari dei beni, e lo studio di questi documenti rivela come la struttura ha subito nel corso dei secoli varie trasformazioni non perdendo però i connotati del palazzo fortificato, evidenziati dalla forma affusolata e dalla corte interna, punto di snodo per l'accesso alle singole parti, dal giardino pensile e infine dalla torre. Nel 1516 diventa signore di Ripalimosani Marino Mastrogiudice, il quale, cinque anni dopo, opera il primo vero restauro e ampliamento del vecchio castello convertendolo in palazzo marchionale, ma avendo sempre quella dominante visiva e spaziale di tutto l'abitato di Ripalimosani. Dopo un intero secolo dalla dettagliata rilevazione dei beni del marchese Francesco Maria Riccardo stilata dal notaio Francesco Di Bartolomeis nel 1644, il notaio Francesco Antonio Amoroso redige, nel 1742, l'inventario dei beni mobili del defunto marchese Castrocucco su richiesta di Ottavio Maria Mormile. La descrizione dei beni inventariati mette in evidenza che, nel corso degli anni, si è avuta la costruzione di un "quarto nuovo" che ha ampliato ulteriormente la struttura originaria del palazzo, ma all'ampliamento dei locali d'abitazione non corrisponde un miglioramento degli arredi, infatti si riscontra un tono meno sfarzoso e più dimesso rispetto a quella dei Riccardo. Il palazzo marchesale si sta quindi avviando verso una progressiva decadenza e le vicende ereditarie dell'ultimo marchese Mastrocucco incidono in maniera determinante sulle condizioni successive dell'edificio che sarà adibito ad abitazione di alcuni funzionari del duca Mormile. Degno di nota è il portale di ingresso sormontato da una cornice aggettante (sporgente) che riporta l'iscrizione relativa all'intervento di ricostruzione del 1521, si possono notare ancora oggi situate ai lati appena sotto l'architrave in legno che sovrasta l'arco interno le due carrucole nelle quali scorrevano le catene che venivano manovrate dall'interno per abbassare e sollevare il ponte levatoio, che insieme al torrione, difendevano l'ingresso del palazzo. Prima di accedere ai piani nobili, vi è un largo cortile in cui si aprono gli ingressi di quelle che dovevano essere le botteghe degli artigiani di corte. Nel piano nobile la cui parte ambientale é esposta a mezzogiorno, vi era una gran sala ad uso di teatro nelle cui pareti, in giro ed in alto, erano rappresentati i re di Napoli. Attigua alla predetta sala vi era una cappella con uno stupendo altare murario presente ancora oggi. Vi era anche una prigione che i ripesi chiamavano il "cafurdio". Incavata nel tufo e senza luce, aveva tutta l'apparenza di un'orrida tana di belve. Fissa al muro vi era una catena di ferro con un anello all'estremità, che si metteva nel collo del carcerato per tenerlo in piedi e così farlo morire negli spasimi più atroci. Attualmente la parte nobile del castello è adibita a sala ricevimenti di suggestiva atmosfera tale da attrarre molti non ripesi a vivere lì dentro momenti per loro indimenticabili come può essere un matrimonio.Bibliografia e Sitografia
movio.beniculturali.it/ascb/leeccellenzedelmolise/it/33/ripalimosani
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CITTÀ
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X sec.
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