Predappio (rocca degli Ordelaffi)

CENNI STORICI

Gli storici locali fanno risalire l'impianto del castello al 1283 ad opera di Giovanni d'Eppè o d'Appia, consigliere e comandante delle truppe del papa Martino IV inviate in Romagna per riconquistare le terre cadute sotto la dominazione ghibellina della famiglia forlivese degli Ordelaffi.

Della spedizione fa cenno anche Dante nel XXVI canto dell'Inferno: «la terra che fe' già la lunga prova e di Franceschi sanguinoso mucchio», e fu proprio a seguito di questa sconfitta che Giovanni d'Eppè si ritirò sul colle di Predappio e vi fece costruire il castello sulla sommità di una roccia. Da qui deriverebbe anche il nome stesso di Predappio, da "prè" (in dialetto romagnolo pietra) d'Appia.

La successiva storia del castello si identifica con le lotte feduali ed in particolare fra le famiglie dei Calboli e degli Ordelaffi di Forlì, tanto che nel 1289 risulta sotto il dominio dei Calboli del partito Guelfo, ma pochi anni dopo sono i Ghibellini Ordelaffi a controllarla.

Riconquistata al controllo della chiesa nel 1359 dal cardinale Albornoz, nel 1371 fu così descritta dal Cardinal Anglico nella Descriptio romandiole: «Castrum Petre Apli si trova in un fossato al di sopra di un sasso fortissimo, è confinante con le Caminate, rocca d'Elmici e di San Casciano» (secondo una leggenda usuale per queste rocche, tramandata di padre in figlio ma non supportata da ritrovamenti, il castello era collegato tramite gallerie sotterranee con le vicine rocche).

Donata da Francesco de Calboli a Firenze nel 1382 e in questa epoca eretta a comune, la ritroviamo nel 1434 nuovamente in possesso degli Ordelaffi che apportano pesanti modifiche alla struttura originaria onde metterla in grado di far fronte ai nuovi cirteri bellici. Di fatto però la rocca non fu mai direttamente al centro delle lotte, ma seguì le sorti dei castelli limitrofi nelle lotte delle famiglie che combattevano per il predominio dei territori del Forlivese e della Romagna.

Tornata in possesso dello stato della Chiesa nel 1504, sembra per il tradimento del castellano, vi restò, a parte il breve dominio Napoleonico, fino all'unità d'Italia.

Giunti all'abitato si attraversa la pittoresca piazza Cavour sulla quale si affacciano due chiese, attraversata la "portaccia" si accede al borgo fortificato. Una ripida strada acciottolata via Umberto I in circa cento metri ci porta ai piedi dell'imponente muro esterno della rocca. Subito si nota un torrione circolare e sul muro in posizione elevata una antica porta oggi inaccessibile ed inutilizzata. Aggirato il torrione siamo alla piccola porta d'ingresso, un tempo quasi sicuramente sopravanzata da un ponte levatoio.

Tramite una lunga e ripida scala (interamente rifatta) si accede all'interno del fortilizio uscendo in un piccolissimo giardinetto con balconcino panoramico rivolto verso valle.

Sul giardino si affaccia un locale recentemente ristrutturato ed utilizzato come centro degustazione dei vini prodotti dalle aziende locali. Dal giardinetto interno si può ben notare come il fortilizio sia interamente integrato con la roccia sottostante che in diversi punti si sostituisce alla costruzione. Siamo nella parte sommitale del castello; i locali sottostanti, privi di finestre come è facile rilevare anche osservando il castello dall'esterno, non sono né visibili né accessibili.

Si prosegue sempre all'esterno percorrendo una serie di scalette in legno e superando un triplice terrazzamento fino a giungere, nei pressi del primo torrione, al camminamento di ronda messo in sicurezza con una moderna cancellata in ferro.

Il coronamento della cinta muraria e dei torrioni risulta piano, si nota la totale assenza di merlatura, anche se in antichi disegni il castello era riprodotto con merlatura ghibellina (a coda di rondine). Proseguendo sul camminamento si giunge al secondo torrione sul quale è stato ricavato un terrazzo panoramico dal quale si domina piazza Cavour.

Al centro del castello si nota la parte apicale dell'imponente masso di puddinga sul quale poggia l'intera struttura, circondato da alti cipressi.

La pianta del castello, pur se irregolare, può considerarsi quadrilatera, con il lato rivolto verso monte terminato alle due estremità da due torrioni dal diametro di circa 7 metri.

 

Bibliografia e Sitografia

appenninoromagnolo.it

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CITTÀ

REGIONE

EPOCA

XIII sec.

STATO DI CONSERVAZIONE

Buono

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