Potenza (torre Guevara)

CENNI STORICI

Nella città in cui aveva deportato i Saraceni ribelli della Sicilia (poi destinati a diventare suoi fedeli) Federico II di Svevia costruì un castello-residenza. Nel 1269 Carlo I d'Angiò vi fece erigere, con la soprintendenza dell'architetto militare francese Pierre d'Angicourt, la cinta muraria lunga circa 900 metri. Nel 1456 un terremoto danneggiò gravemente il complesso già tuttavia in stato di abbandono. Nel '700 il palazzo di Federico fu quasi abbattuto per utilizzarne il materiale di risulta. Nell'Ottocento iniziarono i primi restauri.

La Torre è oggi un edificio spoglio, ma il suo passato vanta gloriosi natali e fin dal principio le sue vicende seguirono molto da vicino quelle della classe politica del capoluogo lucano. Essa era la torre d’avvistamento, o maschio, di un bel castello di cui oggi solo in pochi si ricordano. Tale costruzione fu edificata intorno all’anno Mille dai Longobardi e questo dato è stato ottenuto confrontando i materiali da costruzione della Torre stessa con quelli utilizzati per la costruzione di altre strutture coeve; si tratta di una tipologia di pietra ricavata in prossimità del letto del fiume Basento. Secondo alcuni il castello venne edificato sui ruderi di un precedente complesso fortificato, forse una struttura di detenzione. La prima testimonianza scritta riguardante la Torre è quella dello storico Rivello, che così riferisce: "Si narra che l’antica dimora dei conti sia stata una volta l'antico castello con la sua altissima merlata ed inaccessibile torre, segnacolo di potenza e di minaccia sia per gli abitanti della città, che per i nemici, la quale fatta logora e screpolata dal lavorio dei secoli e dalla forza dei terremoti venne più volte mozzata dal piccone del fabbro, nella stessa guisa che la forza del progresso e la folgore della rivoluzione distrussero il dominio feudale degli antichi signori". Nel tredicesimo secolo, e più precisamente dopo la rovinosa sconfitta di Corradino di Svevia a Tagliacozzo nel 1268, i nobili potentini che lo avevano appoggiato, furono uccisi, accecati o imprigionati dentro il castello. L’amministrazione della città e dei suoi dintorni passò in quell’occasione a un feudatario scelto da Carlo d’Angiò e più tardi, nel 1301 al nobile Ugo di Sanseverino. Con l’avvento degli Aragonesi il cambiamento politico portò i suoi frutti anche a Potenza e l’amministrazione del feudo passò dalla famiglia degli Artendolo a Don Indico de Guevara. Ad egli succedettero Don Antonio, secondo conte di Potenza e don Giovanni, terzo conte di Potenza. Durante la dominazione spagnola si registrarono due eventi di rilievo: le guerre contro Carlo VIII e Luigi XII; guerre a parte, i reggenti degli Aragonesi fu caratterizzata da un periodo di buona amministrazione generale, tanto che la Torre viene ancora oggi ricordata come Torre Guevara proprio perché l’amministrazione di questa casata non fu invisa al popolo. Il sesto conte della città, Don Alfonso, maritò sua figlia Beatrice ad Enrico di Loffredo, marchese di S.Agata e di Trevico, e così la città, che costituiva la dote nuziale, passò ai Loffredo che già vi erano stati signori in epoca Normanna. Dopo la concessione della contea di Potenza ad Innico di Guevara, i feudatari presero dimora fissa nel palazzo della contea, abbandonando il castello, il quale non venne più curato dai suoi padroni. Fu così che venne ceduto nel 1626 ai Cappuccini, che decisero di utilizzarlo come convento e poi come ospizio per i pellegrini che da Napoli decidevano di percorrere la Basilicata attraverso i santuari più famosi e poi giungere e Bari e a Brindisi per dirigersi in Terra Santa. Successivamente, il Conte Carlo Loffredo, figlio di Beatrice de Guevara, lasciò ai Cappuccini una considerevole somma di denaro per permettere loro di fondare nel Castello una chiesa ed un monastero. Nel 1810 il re delle Due Sicilie Gioacchino Murat decise di rinnovare il complesso istituendovi l'Ospedale San Carlo. Con tale funzione il castello venne ampliato nel 1927, ma già alla fine degli anni ’50 del nostro secolo, tutto il complesso fu abbattuto per costruire l'Istituto Tecnico Commerciale Leonardo da Vinci. A testimonianza dei tempi andati oggi resta solo la Torre, che ha resistito a circa mille anni di storia e ai rovinosi terremoti del 1273, del 1694, del 1857 e del 23 novembre 1980.

 

 dei conti sia stata una volta l'antico castello con la sua altissima merlata ed inaccessibile torre, segnacolo di potenza e di minaccia sia per gli abitanti della città, che per i nemici, la quale fatta logora e screpolata dal lavorio dei secoli e dalla forza dei terremoti venne più volte mozzata dal piccone del fabbro, nella stessa guisa che la forza del progresso e la folgore della rivoluzione distrussero il dominio feudale degli antichi signori". Nel tredicesimo secolo, e più precisamente dopo la rovinosa sconfitta di Corradino di Svevia a Tagliacozzo nel 1268, i nobili potentini che lo avevano appoggiato, furono uccisi, accecati o imprigionati dentro il castello. L’amministrazione della città e dei suoi dintorni passò in quell’occasione a un feudatario scelto da Carlo d’Angiò e più tardi, nel 1301 al nobile Ugo di Sanseverino.

Con l’avvento degli Aragonesi il cambiamento politico portò i suoi frutti anche a Potenza e l’amministrazione del feudo passò dalla famiglia degli Artendolo a Don Indico de Guevara. Ad egli succedettero Don Antonio, secondo conte di Potenza e don Giovanni, terzo conte di Potenza. Durante la dominazione spagnola si registrarono due eventi di rilievo: le guerre contro Carlo VIII e Luigi XII; guerre a parte, i reggenti degli Aragonesi fu caratterizzata da un periodo di buona amministrazione generale, tanto che la Torre viene ancora oggi ricordata come Torre Guevara proprio perché l’amministrazione di questa casata non fu invisa al popolo. Il sesto conte della città, Don Alfonso, maritò sua figlia Beatrice ad Enrico di Loffredo, marchese di S.Agata e di Trevico, e così la città, che costituiva la dote nuziale, passò ai Loffredo che già vi erano stati signori in epoca Normanna. Dopo la concessione della contea di Potenza ad Innico di Guevara, i feudatari presero dimora fissa nel palazzo della contea, abbandonando il castello, il quale non venne più curato dai suoi padroni. Fu così che venne ceduto nel 1626 ai Cappuccini, che decisero di utilizzarlo come convento e poi come ospizio per i pellegrini che da Napoli decidevano di percorrere la Basilicata attraverso i santuari più famosi e poi giungere e Bari e a Brindisi per dirigersi in Terra Santa. Successivamente, il Conte Carlo Loffredo, figlio di Beatrice de Guevara, lasciò ai Cappuccini una considerevole somma di denaro per permettere loro di fondare nel Castello una chiesa ed un monastero. Nel 1810 il re delle Due Sicilie Gioacchino Murat decise di rinnovare il complesso istituendovi l'Ospedale San Carlo. Con tale funzione il castello venne ampliato nel 1927, ma già alla fine degli anni ’50 del nostro secolo, tutto il complesso fu abbattuto per costruire l'Istituto Tecnico Commerciale Leonardo da Vinci. A testimonianza dei tempi andati oggi resta solo la Torre, che ha resistito a circa mille anni di storia e ai rovinosi terremoti del 1273, del 1694, del 1857 e del 23 novembre 1980

Bibliografia e Sitografia

https://www.comune.potenza.it/?p=48990

Articoli di approfondimento

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XI sec.

STATO DI CONSERVAZIONE

Buono

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