CENNI STORICI
Nella zona remota della storia, dove il tempo si misura a millenni e a secoli, c'è un piccolo posto per Montagnana e il suo territorio. La presenza dell'uomo risale in questi luoghi a dieci millenni avanti Cristo, fu terra degli antichi Veneti allevatori di cavalli ai quali i Romani concessero lo jus latinum nell'89 a.c.
Dal 602 al 774, sotto il dominio longobardo fu istituita la "Sculdascia", istituto poco e male conosciuto; forse si trattava di un ente militare, giuridico e amministrativo, retto dallo sculdascio, ma sottoposto ai duchi o ai gastaldi, o alla stessa corte regia. Dai Longobardi il territorio passò ai Carolingi che avevano allargato il ducato del Friuli aggiungendovi i territori di Treviso, Vicenza, Verona e Monselice. Nell'anno 818 Ludovico il Pio, unico superstite dei figli di Carlomagno, istituisce i comitati, cioè le contee rette dai conti e le marche rette dai marchesi. Uno di questi comitati fu Monselice che comprendeva anche la sculdascia di Montagnana. Prima della metà del X secolo la sculdascia o Scodosia entra in possesso del potente marchese Almerico II, che, oltre ai possedimenti in toscana, ne aveva altri nel settentrione e nella Vangadizza, ove eresse (anni 954/955) con la moglie Franca una badia (Badia Polesine), con donazioni cospicue comprendenti case e corti site a Urbana, Merlara, Perarolo, Casale e Altaura.
Nel 961 gli successe un lontano cugino, il marchese Ugo - "il gran barone", «il cui nome e il cui pregio» sono ricordati da Dante (Paradiso, XVI, 128) - figlio di Uberto governatore della Marca di Toscana, di Spoleto e di Camerino. Era sostenitore degli imperatori Ottoni e come tale dell'impero. Morto a Pistoia nel 1001, Ugo fu sepolto nella Badia di Firenze dove, quasi cinque secoli dopo, ebbe un monumento sepolcrale, opera di Mino da Fiesole. È ricordato come consigliere di imperatori e papi, potentissimo nell'Italia centrale e settentrionale, saggio amministratore e riformatore. Con suo atto del 996 egli fa donazione, probabilmente temporanea e simbolica (come allora in uso), alla Badia di Vangadizza delle sue corti di Merlara e di Montagnana.
Nel 1001, alla morte di Ugo di Toscana, la sculdascia montagnanese passa alla casata degli Obertenghi, ramo dei marchesi di Toscana il cui capostipite fu Oberto I, conte palatino. Nel secolo XII dal castrum si sviluppa il comune e accanto al potere dei marchesi, avanza e si afferma il potere di Padova che sfocia nel 1209 in un'aspra guerra contro di essi.
Ezzelino
«La facella che fece alla contrada grande assalto » (Dante, Paradiso, canto IX) sale alla ribalta della storia nostra come vicario imperiale nelle Venezie e nella Lombardia, come capo dei Ghibellini contro i Guelfi, come difensore dell'impero contro Chiesa e Comuni, di Verona contro Padova e Marchesi.
In conseguenza delle rovinose discordie di cui abbiamo fatto cenno, era inevitabile che Ezzelino III da Romano intervenisse nelle vicende del nostro territorio con l'autorità e il peso della sua arte consumata di politico senza scrupoli. Già nel 1236 spadroneggiava in Padova, si impadroniva di Este con grandi distruzioni: ma in Montagnana "populosa", «opulento e fortissimo municipio» (Mussato) trovava una incredibile resistenza (anno 1239), tanto che poté salvarsi a stento con la fuga, dopo aver lanciato l'invettiva «tempo verrà che i vivi invidieranno i morti».
La cronaca di Paride da Cerca (una copia quattrocentesca è conservata nell’Archivio municipale) ci porta al 1242: «In quelo ano adi 25 marzo uno fogo grande si brusò el castelo de Montagnana, e messer Rigo da Egna podestà di Verona e messer Icerin da Roman con li Veronese si entrò in Montagnana, e si la refé, e refazandola i ge fé uno ziron de la tera seu rocha». Ezzelino dunque aveva mantenuto fede alle sue minacce, e dopo la distruzione volle lasciare un segno del suo dominio costruendo un nuovo castello, quello di S. Zeno: ziron significa torre circondata da mura, cioè l'attuale che più tardi venne sopraelevata. Ezzelino tenne la fortezza, così conquistata e rafforzata, per vari anni, ma nel 1257 profughi Vicentini associati ai Montagnanesi «uornini di consiglio e bellicosi» si portarono a Villanova di San Bonifacio dove si scontrarono con Ezzelino e 400 suoi teutoni, costringendoli alla fuga. La schiera dei Montagnanesi combatté in modo tanto avveduto da infliggere agli avversari una perdita di 50 uomini (Cronaca di Rolandino). Ezzelino, visto che le cose non gli erano favorevoli nelle Venezie, tentò sorte migliore in Lombardia, ma a Cassano d'Adda venne definitivamente sconfitto: qui trovò la morte per ferite (1259).
Carraresi e Scaligeri
Il secolo XIII è per Montagnana il secolo di Ezzelino da una parte, e della lotta tra Carraresi e Scaligeri dall'altra, le due potenti famiglie che improntano di sé la storia di Padova e Verona anche nel secolo successivo. Dietro di loro si muovono Venezia e Milano, in un conflitto che si estende dalle Venezie alla Lombardia, dalla Romagna alla Toscana. Padova, per fronteggiare la spinta degli Scaligeri e assicurarsi il confine dell'Adige, eresse nel 1292 la rocca di Castelbaldo e concentrò armi e armati a Montagnana (1311) per tentare l'invasione del territorio veronese. Nel 1312 viene respinto un attacco di Cane, e nell'anno successivo le truppe padovane giungono fin quasi sotto Verona, tanto che si conclude una tregua. Ma ecco che nel 1317 Padova punta su Vicenza trovando però aspra resistenza da parte delle truppe di Cane, che addirittura, sullo slancio, arriva ad occcupare la "doviziosa" Montagnana.
Jacopo il Vecchio di Carrara, dal 1318 nuovo Signore e Capitano del Popolo, è costretto ad avviare trattative di pace con Cane, riconoscendogli la "custodia" militare su Montagnana, Castelbaldo, Este, Monselice. Nel 1319 (evidentemente per il buon uso di quella "custodia") Cane si impossessa addirittura di Padova.
Di fronte a tale pericolo, nel 1331 si raccoglie a Castelbaldo una lega di città e signorie contro gli Scaligeri e ad essa aderiscono anche i Visconti di Milano. Nel 1337 la lega si rinnova a Venezia e fornisce aiuti a Marsilio Carrarese per il recupero di Padova e Montagnana. Questi manda a Montagnana il capitano Rolando de Rossi con l'incarico di intraprendere rappresaglie nel veronese e nel vicentino, ma Mastino della Scala non si lascia sorprendere e tenta di conquistare la fortezza di Montagnana con truppe al comando del famoso Guidoriccio da Fogliano. La sorte gli è però avversa perché quest'ultimo battuto, viene fatto prigioniero sotto le mura. Col 3 di agosto Mastino della Scala perde tutti i siti padovani. La pace sembra finalmente raggiunta nel 1343 tra Ubertino e Mastino con un accordo siglato nella città: essa dà luogo a grandi festeggiamenti e a un matrimonio tra i loro figli.
Il nome del grande principe Marsilio da Carrara resta legato a ingenti opere in tutto il suo dominio: viene rìattato il canale Montagnana-Este-Monselice-Padova e dà principio alla erezione della nuova cinta murata, l'attuale. Montagnana è ancora al centro della storia di questo periodo, quando nel 1354 vede costituirsi tra le sue mura una nuova lega contro i Visconti, qui rinnovata nel 1362 da Francesco il Vecchio e Niccolò da Ferrara contro Barnabò Visconti "inquietissimo e diverso". Ma torna ad affacciarsi la rivalità tra Padova e Verona che manda all'aria ogni progetto di fronte comune contro i Visconti che sempre piú minacciano le Venezie e attendono l'occasione propizia per occuparle. Nel 1385-87 avviene l'irreparabile: Antonio della Scala compie stragi e saccheggi nel territorio di Montagnana, però il valore di Francesco Novello da Carrara gli impedisce la conquista della fortezza, lo sconfigge a Castagnaro e si spinge sotto Verona.
Fallito un tentativo di mediazione da parte dell'imperatore, da trattarsi in Montagnana (1388), i Carraresi accettano la pericolosa alleanza con Gian Galeazzo Visconti, il falso "Conte di Virtù". Questi prima si annette Verona e Vicenza, poi abbandona i Carraresi al loro destino e si allea con Venezia. Francesco Novello, dopo aver ceduto Padova, trova buona accoglienza e breve ristoro a Montagnana e cerca salvezza nell'esilio, mentre Jacopo dal Verme occupa Este e Montagnana per conto dei Visconti. Gian Galeazzo concede Este in feudo al marchese Alberto da Ferrara, ma non la Scodosia (1389).
La controffensiva di Francesco Novello, però, non si fa attendere: nel 1390 riprende possesso di Padova e di Montagnana: di quest'ultimo successo gli vien data notizia da un contadino di Castelbaldo «per bontà della sua roncina», egli viene lietamente rinfrescato e «tratto da villano». Francesco Novello non perde tempo: torna a convocare una vasta lega di città contro i Visconti e ne viene eletto capo, fa affluire in Montagnana così grande quantità di mezzi bellici che il famoso condottiero John Hawkwood, l'Acuto, esclama: «Cosa grande ed ammirevole è il senno e il valore di quest'uomo». Per dar piú peso alla sua azione, Francesco Novello tiene nel 1397, in Padova, una mostra d'armi convocata da tutto il territorio: le cronache dei Gatari dicono che Montagnana e la Scodosia vi comparvero con contingenti di notevoli proporzioni, uno dei maggiori, cioè con 2370 «huomeni da confin» e 2080 «a cavallo».
Intanto si avvicina il compimento di tante accanite contese: nel 1402 muore Gian Galeazzo Visconti, e nello stesso anno Francesco Novello si accorda con Guglielmo della Scala per la riconquista di Verona a patto di riceverne aiuto nella riconquista di Vicenza. Jacopo dal Verme, al servizio dei Visconti, minaccia la fortezza di Montagnana «quia est terra multum ad damnificandum apta et est victualìbus munita»; dall'altra parte il signore padovano si vale dell'opera di Francesco Sforza e di Muzio Attendolo, e ammonisce il podestà Tomaso da Maritova, mandato a Montagnana, con incarichi speciali, di stare bene in guardia perché Facino Cane vorrebbe « dare una pellada suso el suo terreno ».
Si giunge all'epilogo: nel 1404 Francesco Novello accoglie in Montagnana Guglielmo della Scala «con milizie e molte carra di bombarde, ponti, picchi, manarozzi, arnesi per rompere muri, scale, mangani ed altre cose assai opportune». Il primo di aprile va a Verona, dove rimette Guglielmo al suo posto; poi, secondo i patti, va a prendersi Vicenza. Ma ecco che, con mossa imprevista, entra in campo Venezia che impone a Francesco di allontanarsi.
Si arriva a una dichiarazione di guerra: Francesco Novello allo stremo delle forze, abbandonato dai collegati, vede la fine della sua Signoria e della sua Casa. Egli stesso muore tragicamente nelle prigioni veneziane. Prima di cedere, Novello aveva liquidato molti suoi beni, e aveva venduto al Comune i "molini carraresi" e i relativi diritti d'acqua dal Fiumicello e dal Frassine. L'invasione veneziana dilaga per le terre padovane. In tale situazione Montagnana si affretta a pattuire una "dedizione" che viene concordata il 3 agosto 1405 (festa della Trasfigurazione, dipinta poi nella grande pala del Veronese in Duomo). Dodici giorni dopo (festa della Madonna Assunta, divenuta nel 1426 patrona della città) i veneziani entrano in Montagnana. Il podestà Tomaso da Mantova, fedele al suo signore, volle opporre resistenza nella rocca, ma ne fu scacciato e ucciso il 6 settembre.
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