Mizza (fraz. di Cavasso Nuovo, ruderi del castello)

CENNI STORICI

«...Già dal suo apparire, nei documenti storici, il castello di Mizza non si configura, a differenza di Caneva, Aviano e Maniago, come un’abitanza di più famiglie. Solo nel 1222 i di Polcenigo dividono a metà il castello attribuendolo ai due diversi rami famigliari. La stessa localizzazione sembra porre dubbi su una precedente struttura fortificata. ... Personalmente sono portato a collocare le motivazioni strategiche che giustificano l'insediamento di Mizza all’interno del clima di contrasto che, sul finire del XII secolo, vide i di Polcenigo e i trevisani contrapporsi al patriarca e al vescovo di Concordia. Anche per Degani la costruzione del castello va attribuita esclusivamente alla volontà dei giurisdicenti, ma le motivazioni restano non dette. Ci viene facile credere che il castello di Cavasso dovesse controllare la strada che transitava per la forcella dei rii Mizza e allo stesso tempo dovesse controllare a vista i castelli di Meduno, Toppo e Solimbergo, saldamente in mano al vescovo concordiese e ai suoi seguaci. Solo gli scavi archeologici potranno stabilire, attraverso l'analisi stratigrafica, le modalità di consolidamento dell'imprendibile fortezza, ma mi sembra di poter avanzare l'ipotesi che ci troviamo di fronte a una struttura più recente (quindi non il castellare del 1186) rispetto a Peressini e Mieli. La divisione del 1222 tra i due rami della famiglia di Polcenigo ci fornisce molte informazioni sulla consistenza del castello qualche decennio dopo la sua fondazione. Sappiamo, per esempio che c’erano due abitazioni signorili, una domum majorem e di conseguenza una minore.

All’interno del recinto fortificato c’erano diverse altre case (domibus), ma i documenti non chiariscono il loro carattere. Certo è che l’atto di divisione dei beni feudali di Varnerio e di Aldrigo dimostra che già nel secolo precedente si era previsto il consolidamento di Mizza, abbandonando le strutture di Mieli e di Colbirlon, che in questo importante atto non vengono nemmeno citate. In tal senso possiamo credere che i due luoghi forti fannesi fossero considerati come una sorte di patrimonio indivisibile e quindi non soggetti alla divisione stessa, ma funzionali a un obiettivo comune ai due rami della famiglia: lasciare ai villici la possibilità di rinforzare quei rifugi in occasione di guerre o incursioni. Per contro, le altre proprietà che rimanevano comuni ai due rami famigliari, ma funzionali agli stessi, come il brolo e il castagneto di Mizza, compaiono in modo esplicito nella divisione. Il ramo polcenighese più interessato territorialmente a Fanna aveva vantato anche alcuni diritti feudali all’interno dell’abitanza di Maniago. Si trattava certamente di una delle case-torri poste in aderenza al settore del castello riservato al patriarca. Un dipinto cinquecentesco ricorda il carattere di quelle residenze e possiamo immaginare che la torre di Mizza, nella quale fece testamento Tommasina di Polcenigo, non fosse molto diversa70. Torri di difesa e torri d’abitazione facevano parte del patrimonio difensivo di Mizza, patrimonio che fu ulteriormente rafforzato nel 1386, a seguito di alcuni non meglio precisati danni. Già a partire dal XV secolo le funzioni residenziali del castello vennero meno e le residenze signorili subirono una deriva verso il piano. Il castello si trasformò in una sorta di deposito semiabbandonato e cominciò a degradare. Solo all'esterno, l'attività dei contadini garantiva l'originario e ordinato paesaggio al quale non siamo più abituati».

Bibliografia e Sitografia

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