Mello (castello di Domofole o della Regina)

CENNI STORICI

«La prima menzione del castello si trova nel poema epico De bello et excidio civitatis Comensis (ed è del 1125; il testo ci informa che il reggitore era Giordano Vicedomini). Questi proveniva da una famiglia di origine comasca legata al«La prima menzione del castello si trova nel poema epico De bello et excidio civitatis Comensis (ed è del 1125; il testo ci informa che il reggitore era Giordano Vicedomini). Questi proveniva da una famiglia di origine comasca legata all’imperatore, ma anche al vescovo di Como. I Vicedomini furono i protagonisti dello scenario politico ed economico della bassa Valtellina. Nel poema epico citato un anonimo poeta, nel descrivere la guerra decennale che oppose tra il 1118 e il 1127 i Milanesi e i Comaschi, ci presenta donna Galliziai, moglie di Giordano Vicedomini, che, partita da Como con alcuni cittadini comaschi, risale il lago per raggiungere il marito e i figli al castello di Domofole. Il gruppo, guidato dalla stessa Galizia, si lascia alle spalle le località pericolose dell’Isola Comacina e di Bellagio, alleate ai nemici Milanesi, poi, dopo una breve sosta a Gravedona, raggiunge prima Olonio e infine il castello di Domofole. La guerra è in una fase avversa per i comaschi: Como è assediata dai Milanesi ormai da molti giorni. Siccome i viveri scarseggiano, l’esercito comasco si organizza per inviare dei giovani valorosi a Gravedona. Lì potranno incontrare i cittadini comaschi residenti in Valtellina che li approvvigioneranno grazie ai fitti e ai censi riscossi sotto forma di prodotti della terra: segale, panìco, vino e formaggio. In questo poema viene anche messa in luce la prosperità della terra valtellinese e il vivace paesaggio agrario: allevamento, boschi e castagneti, cereali e viticoltura. Tuttavia, il castello di Domofole ebbe funzione prevalente di residenza signorile fortificata dei Vicedomini, strettamente legata all’abitato di Consiglio (Concilium) di Mello. E, ancora nel tardo medioevo e nella prima età moderna, Domofole figura come dimora di notai Vicedomini, come appare in alcune date topiche di documenti notarili rogati proprio all’interno del castello. Con l’avvento della dominazione grigione, a partire dal 1512, si registra in Valtellina una modifica delle costruzioni fortificate: vennero mozzate le torri, facendo così perdere la funzione militare e di controllo del territorio. Fu questa una precisa politica voluta dal nuovo governo, tesa ad eliminare qualsiasi possibile focolaio di ribellione e a “riconvertire” il territorio in chiave non offensiva. Il castello di Domofole, come molti altri, subì attacchi, forse nel 1524. Di certo alla fine del secolo era ridotto a un rudere, come confermato dagli Atti della visita pastorale del vescovo Ninguarda.

Risalita la montagna di Domofole e giunti presso il castello, soffermiamoci ad osservare le vestigia. L’attenzione ricade subito sulla grande torre centrale in pietra locale, la parte dell’edificio meglio conservata. La torre si presenta come costruzione a pianta quadrata, alta circa dieci metri (essendo stata mozzata), probabilmente in antico divisa in tre piani con assito ligneo. Ha la porta d’ingresso al primo piano e nessuna apertura nella parte inferiore, come era usuale (la breccia che si apre a livello del calpestato fu aperta in epoca imprecisabile, quando il castello aveva ormai perso le sue funzioni militari). Per accedere alla torre era pertanto necessario l’uso di una scala retrattile. Sono ben visibili anche i resti delle mura, che in alcuni punti si ergono ancora imponenti: erano un elemento difensivo fondamentale del castello. Nel nord Italia, nel corso del XI secolo, i castelli dovevano essere difesi anche da fossati e circondati da siepi e palizzate: queste caratteristiche dovettero essere presenti anche a Domofole. Tuttavia, il principale elemento difensivo di questo castello era la sua stessa collocazione geografica: a strapiombo sul vallone di San Giovanni. All’interno delle mura, si leggono i resti dell’antica chiesa di Santa Maria Maddalena, che è cronologicamente riferibile agli stessi secoli centrali del medioevo, così come la torre. Alla chiesa, che conserva parzialmente l’abside e una parete della navata, si accedeva scendendo alcuni gradini rispetto al pianoro della torre. Invece il seicentesco edificio della chiesa nuova, intitolato alla medesima santa, si trova nello spazio antistante la torre. È una chiesa a navata unica, dove sono presenti soltanto alcuni lacerti dell’affresco che fungeva da pala all’altare: raffigura santa Maria Maddalena ai piedi della croce. Il castello è provvisto anche di alcuni sotterranei, forse utilizzati come magazzini per le derrate alimentari. Il castello è stato restaurato nel 2005 con i fondi della Legge Valtellina n° 102/90, sotto la guida della Soprintendenza archeologica, nella persona del direttore archeologo dott.ssa Valeria Mariotti. ...».

Bibliografia e Sitografia

http://www.adfontes.it/biblioteca/scaffale/cek/domofole.html

Articoli di approfondimento

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XI sec.

STATO DI CONSERVAZIONE

Discreto

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