CENNI STORICI
«Non si hanno molti elementi di conoscenza su Rocca Angitola, l'unica cosa certa è che da secoli, tra gli studiosi locali e non, si discute intorno alle sue origini e in particolar modo sul fatto che essa possa essere identificata con la mitica città di Crissa, antica repubblica greca. Tale confusione è dovuta al Barrio, che primo rivendica l’origine greca della città, e a tutta la storiografia calabrese a lui legata. Nel 1725 Ilario Tranquillo (1668-1743) - professore di teologia e primo canonico della chiesa collegiata di Pizzo - pubblica a Napoli la Istoria apologetica dell’antica Napizia, nella dedica a Tommaso Mannacio (1667-1639) scritta in forma epistolare e datata 31 gennaio 1725 fa discendere Rocca Angitola da Crissa, e afferma come Francavilla sia uno dei tanti paesi sorti a seguito delle distruzione della città ad opera dei saraceni nel X secolo. Crissa, che sarebbe stata distrutta dai Saraceni, nel 950 avrebbe dato origine a Rocca Angitola e ad altri casali che, in una reintegra (custodita nell’archivio del palazzo di Pizzo del Principe di Mileto scritta con licenza di Ferdinando d’Aragona Re di Napoli nell’anno 1474, quando conte di Mileto era Carlo Sanseverino) si leggeva che Rocca Angitola avrebbe avuto infatti sotto la sua giurisdizione diciotto casali: Braccio, Staradi, Pimene, Santo Sidro, Aporono, Chirofono, Macheradi, Casalenovo, Santo Nicola, Filogaso, Santo Stefano, Scanathorio, Pronia, Maroni, Capistrano, Carthopoli, Santo Foca e Clopani. I casali di Carthopoli, Santo Foca e Clopani diedero origne a Francavilla. Foca Accetta ha rintracciato e commentato (vedi il suo ultimo lavoro: Francavilla Angitola dalle sue origini al tempo presente 1916, Lamezia Terme 2006, pp. 99) un testo del primo Novecento attribuito a Scipione Mannacio Soderini (1849-1917), avvocato e sindaco di Francavilla dal 1877 al 1899, dove è rigettata la tesi classica che vuole che l’ubicazione di Rocca Angitola fosse quella dell’antica Crissa che viene collocata sul piano degli Scrisi, dove nei tempi passati si sono rinvenute "numerose vestigia di rovine". È ormai praticamente certo che una città di nome Crissa non sia mai esistita. Gli studiosi hanno segnalato negli ultimi tempi come l’esistenza della città magnogreca non sia altro che una inventio, il frutto di un’errata lettura delle fonti classiche e in particolare dell’ Alessandra (1067-1074) di Licofrone da parte degli autori della tradizione erudita a partire da Barrio. Giovanna De Sensi Sestito di recente, in un studio sul golfo lametino nell’antichità, ricorda come nel contesto geografico e storico fissato da Licofrone non vi sia alcun riferimento ad una città magnogreca. Il termine Crisa, da cui prende avvio l’equivoco, non si riferisce a un elemento identificativo del golfo di Lampetia o della campagna di Crotone sull’istmo, ma alla regione dei Delfi, per fare risaltare, in maniera poetica, il contrasto tra la meta desiderata, vale a dire la patria focidese, e i nuovi luoghi raggiunti dagli esuli greci.
È ormai certo che Rocca Niceforo (in onore del condottiero bizantino) sia stata la denominazione medievale e tardomedievale di quel kastron, di quella città che in epoca moderna verrà conosciuta come Rocca Angitola. Dai registri angioini risulta che gli abitanti nel 1276 erano 1228, una popolazione notevole per l’epoca. Nel 1532 vengono registrate 141 famiglie che passano a 263 nel 1545, a 275 nel 1651. Da questo momento comincia il declino. Nel 1669 la popolazione si è dimezzata, con 109 nuclei che risalgono a 156 nel 1732. I terremoti del XVII secolo (1638, 1659) distruggono sia la realtà che le immagini di una terra fertile e prosperosa. Gi nel 1720, la famosa fiera del mastro», menzionata dal Barrio, e che si effettuava l’8 settembre di ogni anno, in prossimità dell’abitato, era stata spostata sulla piana degli «Scrisi», in prossimità di fontane e acque correnti. Lo spopolamento di Rocca Angitola si consuma nel corso del XVIII secolo, ancora prima del terremoto del 1783, che ne avrebbe distrutto le case. L’aria malsana del fiume che scorreva alla base della collina fu la causa ultima insieme alle aggressioni che subiscono gli ultimi abitanti. Antonio Tripodi ha trovato importanti e significativi documenti, relativi alle annate 1762 e 1772, che raccontano la fuga e l’abbandono degli ultimi abitanti ancora prima del terremoto del 1783. La fuga delle ultime persone, alla fine della celebrazione di una messa da parte del parroco di Pizzo, quasi ad auspicare un possibile ritorno, non aveva comportato la distruzione di case e di chiese. E infatti soltanto dopo il terremoto del 1783 i pochi oggetti sacri vennero portati nei paesi vicini. Le tre campane della chiesa Crocifisso della Roccaparrocchiale furono sistemate sul campanile della chiesa parrocchiale di Maierato, dove una di esse è ancora in funzione. Uno splendido Crocifisso quattrocentesco, noto come il "Padre della Rocca" è custodito nella collegiata chiesa matrice di San Giorgio Martire di Pizzo. Rocca Angitola esiste come rudere su una collina rocciosa sulla riva sinistra del lago Angitola, nel territorio del comune di Maierato. E girando tra le rovine è possibile ammirare i resti della cinta muraria, del castello, di alcune chiese, del convento dei domenicani fondato nel 1540 e abolito nel 1652, e infine di alcune abitazioni civili».
Bibliografia e Sitografia
http://www.francavilla-angitola.com/Rocca_Angitola.htm
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