DURAZZANO (castello ducale)

CENNI STORICI

«Su di un poggio, a guardia di Durazzano (era chiamato nel 1300 Oraczanum, forse da "ora" luogo di confine e da un antico presidio. Sorse sulle rovine dell’antica Orbitanum che i romani chiamavano così dal fatto che quel luogo era tutto circondato da colline di varia altezza, ora ricolme di lussureggiante vegetazione), in provincia di Benevento, si erge maestoso un vetusto castello feudale che nelle sue imponenti mura quadriturrite, in dimensioni ridotte, richiama la mole del Maschio Angioino di Napoli. La sua costruzione pare risalga al XII secolo. Secondo altri invece il Castello sorse nei bollori del feudalesimo e fu costruito da Carlo III di Durazzo, re di Napoli, detto il Piccolo, nel secolo XIV, quando, dopo aver tolto il Regno di Napoli alla regina Giovanna I d’Angiò, nel 1831, e che fece imprigionare e deportare nel castello di Muro Lucano, ove morì, se ne dicharò erede. Da questo fatto Alessandro Dumas figlio, trasse il suo romanzo sulla regina Giovanna, dove è anche descritto, nei suoi particolari il castello di Durazzano.

Il castello è a forma quadrangolare. Misura circa quaranta metri per lato, ad ogni angolo del quale si eleva una torre a forma circolare della medesima altezza delle mura delle cortine. Sulle torri si possono ancora rilevare tracce dell’originale merlatura che ne decorava la sommità. La severa mole è circondata da ampio e profondo fossato dove, un tempo, circolava l’acqua che dalla sorgente "Condotti", site alle pendici del monte Burrano, giungeva al castello e serviva sia per uso degli abitanti, sia per alimentare il fossato. Ciò rendeva più difficile l’assalto al castello. I quattro lati e le quattro torri erano munite di saiettere a doppia apertura in modo che dall’interno era possibile esercitare l’offesa in tutte le direzioni. La facciata principale, ora deturpata da orribili finestre, è rivolta a Nord e dominava un tempo l’abitato che allora si estendeva ai piedi del monte Longano. Si accedeva al castello mediante un ponte levatoio, ora sostituito con quello in muratura, che attraversava il fossato. Sul portone della porta d’ingresso si conserva ancora lo stemma, probabilmente di casa Durazzo, scolpito su un marmo a forma di succo e raffigurante un leone poggiato sulle zampe posteriori, mentre quelle superiori e la coda sono in atteggiamento di sfida. Sulla testa è posta una corona ducale e sul davanti una sbarra orizzontale e tre verticali a forma di "E" capovolta. All’altezza delle zampe anteriori del leone c’è una mezzaluna. Attraverso il portico si perviene al cortile interno che è rettangolare. Sotto le torri vi sono ampi sotterranei che furono adibiti un tempo a prigione e a depositi, ed ora sono completamente interrati. Il pianterreno era adibito a scuderia ed alloggi per il presidio. Il primo piano aveva molte sale decorate da artistiche pitture ed affreschi, e un maestoso salone nel lato occidentale dell’edificio, ora ridotto a più vani adibiti ad usi svariati. Sicché nessuna traccia rimane delle ricche opere d’arte che conteneva, all’infuori di qualche frammento logoro e scolorito. Il grande riceveva luce da quattro balconi, forse originali, che si notano tuttora nel lato orientale.

Il castello appartenne a vari principi e nel 1268 ospitò re Carlo d’Angiò, il quale vi soggiornò più volte durante le lotte con la casa Sveva. Nel 1409, da Ladislao d’Angiò di Durazzo, re di Napoli, il castello fu venduto a Giovanni Cicinello, dal quale passò a Baldassarre Della Ratta, conte di Caserta e di Alessano, il quale arricchì il castello di molte opere d’arte e fece costruire l’acquedotto della contrada Condotti. Nel 1429 il feudo venne attribuito a Giovanni Della Ratta, fratello di Baldassarre, al quale nel 1449 re Alfonso concedeva altri privilegi. Nel 1841 re Ferdinando d’Aragona concedeva il feudo ad Antonio Della Ratta, mentre nel 1494 Re Alfonso confermava tale concessione. Il periodo di signoria di Antonio Della Ratta è caratterizzato da aspre lotte sostenute con il fudatario del vicino tenimento di Sant’Agata de’Goti, tanto che in una di quelle cruenti zuffe, lo stesso Antonio fu preso dagli armigeri dell’altro feudatario e fu rinchiuso quale ostaggio, nel castello di Sant’Agata de’Goti. ... Dopo il dominio feudale di quest’ultimo [Antonio Gargano], il feudo di Durazzano, attraverso un altro periodo di alterne vicende, divenne nel 1749, Terra Regia ed il castello venne adibito a sede di Governatore. L’antico ed austero maniero che ebbe tanti feudatari; ospitò principi, re e regine, fu dall’erario venduto a privati, i quali inconsci della sua importanza storica ed archeologica eseguirono sul monumento una sistematica deturpazione. Due incendi ed il terremoto del Volture del 1930 completarono la distruzione del castello, per cui un lato fu molto danneggiato, mentre l’esterno si conserva ancora nelle sue linee originarie, richiamando sempre la severa e possente mole, l’ammirazione del visitatore».

Bibliografia e Sitografia

http://web.tiscalinet.it/prolocodurazzano/castello.htm

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XII sec.

STATO DI CONSERVAZIONE

Buono

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