CROTONE (castello di Carlo V)

CENNI STORICI

«Della rocca fortificata che costituiva l'antica acropoli crotoniate, non si ha notizia fino all'840 d.C., quando in occasione di una scorreria delle orde musulmane che avevano conquistato Taranto e occupato S. Severina, queste, cintala d'assedio, tentarono più volte ed invano di espugnarla. In questo periodo non era ancora avvenuta la corruzione del nome da Crotone a Cotrone per metatesi della "erre". Quasi un secolo dopo, nel 931, i Saraceni faticosamente conquistano la città e ricostruiscono le sue mura mantenendo una flotta nel suo porto. Infatti il porto ci Crotone era un comodo rifugio e la posizione della città politicamente e strategicamente importante perché costituiva una porta di accesso alle terre italiane per le armate orientali. Nel secolo XI, i Normanni riescono a conquistare la città e nel 1140 il Castello di Crotone risulta essere tra i 75 castelli allora esistenti nel Registro delle terre dei vassalli di Ruggero II. Federico II di Svevia, fortifica il sistema dei reali castelli e cura il castello e il porto di Crotone sempre in virtù della particolare posizione strategia della città. Gli Angioini succedutisi agli Svevi, provvedono alla difesa militare della Calabria, mediante i reali castelli, che erano affidati ai castellani. Carlo d'Angiò ordina a vari feudatari tra 1270 e il 1271 a riparare le torri del castello che chiama: Mamunela, Barbacana, Triangula, Thesauro, Turricella e Turris "Ante Hostium". Nel 1284, sempre Carlo d'Angiò diede la castellania di Crotone a Pietro Ruffo, e nel 1296, durante la guerra dei Vespri tra Angioini ed Aragonesi, l'ammiraglio Ruggero di Lauria invano cercò di conquistare la città. I Ruffo signori di Crotone col titolo di Marchese, da cui deriva il nome di Marchesato, che ancora si conserva, detennero la città fino al 1444, quando assieme a Catanzaro passò da Nicolò Ruffo a sua figlia Enrichetta che aveva sposato contro il volere del re, Antonio Centelles di Ventimiglia, che per aver guidato la rivolta dei baroni, morì in carcere e le sue terre confiscate. La leggenda dice che Enrichetta, marchesana di Crotone, morisse per il dolore in una sua terra detta poi, per questo motivo Crepacuore. Alfonso d'Aragona che aveva riconquistata a stento la città, resosi conto dell'importanza strategica del sito, sia come punto di offesa che di difesa, diede particolare concessioni ai cittadini, per favorire le loro attività mercantili e resa la città demaniale. Nel 1456, concesse che la città potesse impiegare le imposte arretrate per la riparazione delle mura del castello. Nel 1497, quando entra in città il gran capitano Consalvo da Cordova, a sostegno degli spagnoli contro i francesi, le fortificazioni erano in uno stato deplorevole. Alla fine del 400 due delle torri antiche vengono inglobate in torrioni cilindrici, iniziano così i lavori di riparazioni delle regie fabriche delle mura e del castello, che continuano per oltre un secolo e a cui è destinata la gabella della seta, che colpisce molto Cosenza e i suoi casali. In periodo viceregnale,m le fortificazioni subiscono cambiamenti radicali per adeguarle alle nuove teorie sull'arte fortificatoria, che veniva formandosi per far fronte alla diffusione delle nuove armi da fuoco e in specie dell'artiglieria, anche nel regno di Napoli per la conoscenza delle opere di Francesco di Giorgio Martini. Ingegnere militari come Antonello da Trani, Juan Sarmientos, il padovano Giovanni Maria Buzzacarino, il barone leccese Gian Giacomo D'Acaja, Ambrogio Attendolo, si susseguono nella direzione delle imponenti opere di fortificazioni. Il Castello da un impianto pentagonale con cinque torri ai vertici di derivazione fridericiana, viene ridotto in forma quadrata prevedendo l'inserimento delle torri circolari in quattro bastioni a scarpa risegati. Parte dell'antico castello fu rinchiuso nel nuovo a pianta quadrangolare e soprattutto ne fu modificato l'aspetto mediante l'inserimento di tre torrioni angolari in bastioni pentagonali risegati e speronati, uniti ai due torrioni cilindrici da megalitiche muraglie a cortina cordonate. La scarsezza dei materiali edilizi impose il riuso dei grandiosi resti della città greca, delle vecchie mura e degli avanzi di case dirute Il progetto viene realizzato parzialmente con la realizzazione dei bastioni S. Giacomo e S. Caterina. Nel 1743, il castello fu ancora vinto da Carlo IV di Borbone, che conquistò il Regno di Napoli agli Imperiali austriaci. Nel 1799, la città, capeggiata dai suoi nobili si dimostrò favorevole alla proclamazione della repubblica partenopea, ma riconquistata in breve dal Cardinale Ruffo, furono fucilati sul castello i civici magistrati: Francesco Antonio Lucifero, Giuseppe Suriano, Bartolo Villaroja Col perfezionamento delle armi da guerra il castello perde la sua importanza strategico-militare e nel corso del secolo XIX venne parzialmente smantellato nella parte superiore, anche a seguito di danni subiti per i frequenti terremoti. Infatti il terremoto del 1832 provocò il crollo della chiesa di S. Dionigi che era nel castello e della scala che conduceva alla Torre Marchesana; nel 1873 rovinò la cortina di ponente e la Torre marchesana rimase gravemente lesionata, tanto che si decise la sua demolizione e quella delle murature che formavano la parte superiore della cortina sud e gli alloggiamenti; nel 1895 furono eseguite alcune demolizioni sulla spianata superiore del bastione S. Maria. Perduta la sua funzione strategica, il castello passò dall'Amministrazione militare al Demanio dello Stato, eccetto alcuni locali usati come caserma di fanteria. Durante la prima guerra mondiale vi furono istallate alcune batterie costiere. Nel 1960 il Genio Civile ha ricostruito la cortina sud, e nel 1980 la Soprintendenza per i beni A.A.A. e S. ha curato il restauro della Torre Aiutante».

Bibliografia e Sitografia

http://www.comune.crotone.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/315

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VIII sec.

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