CENNI STORICI
«L’abitato medievale di Ypsicrò, analogamente a quelli circostanti (Crucoli, Melissa, Terravecchia), compare a seguito dell’arretramento dei centri abitati dalla costa, dopo l’abbandono del tratto della via romana che, seguendo il mare, dalla stazione di Paternum giungeva presso l’antico tempio di Apollo Aleo (2). Esso si segnala, per la prima volta, agli inizi del secolo XII, quando il primitivo elemento urbano, identificato dal “castellum quod dicitur Psichro”, si evidenzia in un’area soggetta alla giurisdizione del vescovo di Ebriaticum (Umbriatico), nelle vicinanze della “ecclesiam S. Andreae Apostoli” e del luogo che, nel passato, era stato occupato dal castrum di Licia/Licie ormai in abbandono. L’atto dal quale risulta la presenza di questi elementi che, agli inizi del periodo Normanno, componevano il panorama dei principali insediamenti nell’attuale territorio cirotano, si riferisce ad una donazione di terre fatta da Riccardo Senescalco, figlio del conte Drogone e nipote di Roberto il Guiscardo, in merito alla quale si rileva la presenza in quest’area, dei cavalieri dell’ordine di S. Giovanni di Gerusalemme. A loro deve essere ricondotta l’erezione della chiesa di S. Giovanni, che è ricordata come la primitiva matrice di Cirò, e che rappresenta l’elemento chiave, attorno al quale coagulerà la nuova organizzazione urbana generata dall’età feudale. Tale organizzazione appare consolidata con l’apparire del castrum di Ypsigro (1276)/Ypsicrò (1326)/Ypcigro (1444) che era caratterizzato da un circuito murario regolare ed ellittico circostante la chiesa di S. Giovanni, dal quale si snodavano le strade che collegavano l’abitato medievale ai principali centri vicini (Crucoli, Alichia, S.Venera). La sua importanza risulta sottolineata dal fatto che bisognava necessariamente attraversarlo percorrendo la via che permetteva di raggiungere la costa, dove, in prossimità di un importante incrocio stradale, sorgevano l’abitato di Lutrivio ed il Palazzo Alitio. Qui, dove passava la via regia, i funzionari regi erano deputati a garantire i diritti della corona, esigendo il passo da quanti vi transitavano. A questa rocca, nel tempo, si andranno aggregando altri nuclei che si formeranno fuori dalle porte lungo gli assi stradali principali. Tra questi la Judeca che si organizza in corrispondenza della strada che collegava la città di Cirò a quella di Crucoli. L’insediamento degli Ebrei determinerà lo spostamento dell’accesso originario, la deviazione dell’asse stradale pertinente e l’erezione di una nuova porta, che permarrà nelle cinte murarie successive. Quest’assetto caratterizzerà la città anche in seguito, quando, specie dopo la Guerra del Vespro, essa evolverà velocemente, mentre si assisterà ad un progressivo regresso di tutta la dorsale interna. Ciò accrescerà l’importanza di Cirò che, dagli inizi del Trecento , diventerà la sede di fatto del vescovo umbriaticense. Tale importanza appare confermata alla metà del sec. XV, quando, al tempo della discesa di re Alfonso in Calabria, quest’ultimo “Entrato nelle terre del Marchesato, per la prima terra assaltò lo Zirò, il quale non fece resistenza, ...”. L’otto novembre 1444 la città si arrendeva al sovrano che concedeva privilegi ed esenzioni. In questa fase essa doveva ancora mantenere il suo assetto medievale che, ad ogni modo, sul finire del secolo fu interessato da importanti modifiche, necessarie a adeguare le difese in ragione della minaccia incombente dei Turchi. Nel 1489 Alfonso, duca di Calabria e Antonio Marchesi di Settingiano, ispezionarono le fortificazioni della Calabria. Provenienti da Belcastro, il 12 marzo giunsero a Le Castella e nello stesso giorno ripartirono per Crotone, visitando in seguito Cirò e Cariati. A seguito di questa visita, le difese cirotane furono dotate di strutture adeguate ai tempi, come testimoniano le torri superstiti del castello, che trovano riscontro con quelle che caratterizzano la cinta difensiva di Cariati, mentre i resti di un’altra torre riferibile a questo periodo, si evidenziano alla base del bastione del castello verso la Piazza Mabilia. Al tempo di Andrea Carrafa - la prima metà del Cinquecento - analogamente ai casi d’altri possessi feudali del conte, le mura della città di Cirò furono riorganizzate sulla base dei nuovi principi della difesa bastionata. La realizzazione di queste nuove opere comportò anche un riassetto dell’organizzazione cittadina, attraverso l’accorpamento dei suoi diversi elementi (castrum, castello, judeca, borghi) che, riuniti attraverso l’erezione di un’unica cortina difensiva, determineranno il consolidamento di una nuova forma urbana, più articolata rispetto alla precedente e che, successivamente, sarà interpretata come un richiamo alle antiche origini della città. Si trattava di una fortificazione continua che, ancora alla metà del sec. XIX, cingeva quasi tutto l’abitato, mentre attualmente si conserva in diversi tratti. In questa fase la città si caratterizzava per la presenza di quattro porte e di un “portello”, mentre nuovi “spontoni” munivano tutto il perimetro che, da quest’ultimo accesso di soccorso, si collegava al castello, fino a comprendere la “Timpa di Capoano”, dove sorgerà la chiesa di S. Cataldo vescovo. Queste nuove difese non impediranno il saccheggio della città da parte dei Turchi nel settembre del 1594, anche se essa saprà riprendersi rapidamente dimostrando una notevole vitalità. ...».
Bibliografia e Sitografia
http://www.archiviostoricocrotone.it/urb_soc/stor_urb_cir%C3%B2.htm (a cura di Pino Rende)
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