Castelnovo del Friuli (castello)

CENNI STORICI

«Il territorio di Castelnovo era abitato almeno mille anni prima di Cristo, come testimoniano reperti archeologici ritrovati in questi ultimi anni. Parlando di reperti che testimoniano l'attività dell'uomo in queste zone è interessante il ritrovamento di alcuni cocci ceramici decorati, risalenti al XV-XVII secolo, ritrovati in loc. Cruz (di Castelnovo) ove era ubicata una fornace. I cocci sono stati restaurati ed esposti in mostra permanente dal nome "Scodelle", presso "Villa Sulis" sita in località Costa, 17 di Castelnovo del Friuli. L'etimologia del toponimo Castelnovo "Castrum Novum" è legata alla storia del Castello eretto nell'anno 920, allo scopo di difesa contro le sempre più minacciose invasioni degli Ungari. Fu detto "novum" perché posteriore di molti secoli ad altri antichissimi castelli del Friuli. Questo castello appartenne inizialmente ai signori di Castelnovo; passò poi nelle mani di molte famiglie nobili, fino a quando la Repubblica di Venezia, che l'ottenne a spese del Patriarca d'Aquileia, lo concesse ad Antonio e poi a Gerolamo Savorgnan. va detto che, particolarmente scellerato fu l'esercizio del potere da parte di questi ultimi, che regnarono per quasi tre secoli, e sottoposero il popolo ad ogni sorta di angherie ed ingiustizie. I dati riferiti alla popolazione, tratti da un documento ufficiale datato 6 settembre 1784, parlano di 1.600 abitanti nelle allora sei contrade di Castelnovo (Oltrerugo, Mondel, Riviera, Vidunza, Celante e Paludea) di cui 500 condannati ad emigrare e 659 costretti a questuare in condizioni di estrema povertà. La famiglia dei Savorgnan si estinse nel 1856. Questo evento segnò l'inizio di una vita più libera per le popolazioni locali che per la prima volta nella storia si trovarono a vivere senza un dominatore. Estinta la famiglia, anche per il castello iniziò un inesorabile decadimento fino a quando si ridusse in rovina. Con l'andare del tempo il castello perse la sua importanza - anche militare - e andò in rovina, tanto che, nel 1881, fu utilizzato come "cava di pietra" per l'ampliamento della vicina chiesa di San Nicolò. Va ricordato, particolarmente nefasto, l'anno 1348, nel corso del quale prima un terremoto (avvenuto il 25 gennaio e considerato il più intenso e distruttivo di tutti i tempi) e poi la peste, fecero danni immani e vittime non quantificabili. Del castello oggi è visibile la torre, adibita a campanile, assieme ad alcuni resti dell'antica costruzione. Si tratta di un luogo simbolico per il paese, testimonianza di antichi scenari, e di suggestive atmosfere. Importante dal punto di vista storico è anche Colle Monaco (Loc. Celante). Su questo colle, che domina la vallata del torrente Cosa, si trovava una chiesetta cinquecentesca rasa al suolo dal terremoto del 1976 ed ora ricostruita. Di questa chiesa si conservano una statua di pietra del santo titolare (datata 1514) firmata dal Pilacorte e due altari lignei della scuola tolmezzina, ora custoditi nella chiesa parrocchiale di San Carlo a Paludea. La presenza di resti di fortificazioni fa supporre che in epoca tardo-antica Colle Monaco fosse un luogo di vedetta e di controllo della Val Cosa. In seguito vi si stabilì un monaco eremita; questo spiega, forse, l'origine del nome».

Bibliografia e Sitografia

http://www.provalcosa.it/it/territorio.html

Articoli di approfondimento

PROVINCIA

EPOCA

XIII sec.

STATO DI CONSERVAZIONE

Discreto

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