Castel Cicala (fraz. di Nola, resti del castello di Cicala)

CENNI STORICI

Il castello di Cicala sorge a m 229 slm ed è raggiungibile per una strada carrabile di circa tre chilometri, che parte dall’incrocio dell’ospedale di Nola e sale sulla collina omonima. La fortificazione occupa un’area di mq 42.000 circa, con una perimetrazione di forma circolare che si sviluppa per m 750 circa e racchiude la sommità della collina. L’analisi storico-architettonica dei resti della fortificazione presenta diverse problematiche che rendono la lettura del sito e della struttura difensiva abbastanza complessa. Diverse fonti, non confermate da testimonianze documentarie, danno la collina di Cicala già frequentata in epoca pre-romana e romana; frequentazione intensificatasi in epoca alto-medievale, probabilmente in seguito agli eventi bellici verificatisi nella zona che portarono alla decadenza della città di Nola. Problematiche sono anche le notizie tratte dai primi documenti d’archivio che riguardano Cicala. La Chronica Monasterii Casinensis, nel riportare notizie sulla scorreria degli Ungari, che devastarono l’area nolana, non fa esplicito riferimento al castello di Cicala, mentre la Cartula Vicariationis dell’Abbazia di Montevergine, riguardante Giovanni vescovo di Nola che cede un terreno a Garamo e Solegrimo abitanti a Castelcicala, ha avuto sempre interpretazioni controverse, fino a quella del Tropeano che sposta la data del documento dal 948 al 1068. Lo spostamento di tale data lascia il sito di Castelcicala privo di fonti per il periodo longobardo. L’assenza di documenti fa ipotizzare che l’edificazione del castello sia avvenuta a seguito della conquista normanna. Tale ipotesi viene ulteriormente confermata dall’analisi delle strutture architettoniche in vista, dalle quali non si evince nessuna preesistenza del periodo longobardo, ma una certa omogeneità dei caratteri insediativi e delle caratteristiche architettoniche tipiche delle fortificazioni normanne. Le vicende del castello di Cicala durante il periodo normanno sono testimoniate da documenti d’archivio che, oltre a fornire notizie sull’organizzazione sociale, militare e religiosa del vasto territorio della contea, ci informano sul nome dei feudatari che vi esercitarono il potere: Aimo de Argentia, Guglielmo de Cigala, Gualterius de Molinis.

Fra il 1130 e il 1140 durante i numerosi scontri tra i normanni guidati da Ruggero e Roberto, principe di Capua, ed i Napoletani alleati con il papa, il castello di Cicala divenne una delle basi operative per tenere sotto assedio Napoli. A testimonianza della sua importanza strategica nell’organizzazione del regno normanno, Cicala fu sede del Catapano. Nel periodo svevo, conseguentemente alla politica accentratrice dell’imperatore Federico II, le contee normanne persero d’importanza. Esse furono progressivamente soppresse, tranne quelle di Manoppello, Chieti, Caserta e Acerra; quest’ultima, concessa a Tommaso I d’Aquino, comprendeva anche il territorio di Cicala. Altre notizie sul castello di Cicala ci vengono dal Mandatum de reparatione castrorum imperialium, elenco dei castelli imperiali da restaurare nelle provincie di Terraferma, nel quale si indica che il castello di Somma doveva essere riparato dagli abitanti del luogo, di Cicala, di Avella, di Rocchetta, di Acerra, di Ottaviano, di Palma e di Arienzo. I continui conflitti con l’imperatore portarono il pontefice Urbano IV a chiedere l’intervento di Carlo I d’Angiò, fratello del re di Francia Luigi IX. Dalla trattativa per l’investitura, documentata da una bolla datata 1263, si fa cenno esplicitamente alle terre che sarebbero rimaste alla chiesa, tra le quali figura anche Cicala. Gli Angioini, dopo la conquista del regno, confiscarono la maggior parte dei feudi sostituendo i baroni fedeli agli Svevi con i cavalieri del loro seguito. Anche Cicala subì la stessa sorte, entrando a far parte della vasta contea affidata a uno dei maggiori cavalieri del seguito di Carlo: Guido di Monfort. Questi, dopo le tragiche vicende di Viterbo nel 1271, fu privato della contea che riottenne nel 1274, dopo la assoluzione ed il perdono del re. Sotto la dominazione angioina cominciò un lento e progressivo declino di Cicala, poiché si andava riprendendo e consolidando il ruolo di Nola, dove si cominciarono a concentrare tutte le funzioni amministrative e militari della contea. La città, a partire da tale periodo, è interessata da un forte sviluppo economico- edilizio: si riedificano le mura urbane, si costruisce l’arce o castello di città, si erigono molte chiese sui resti della città antica. Tali trasformazioni conferirono all’assetto urbano un aspetto completamente diverso da quello del periodo classico ed altomedievale.

Lustro maggiore alla città ed alle sue istituzioni venne dalla famiglia Orsini, in seguito al matrimonio di Romano con Anastasia, discendente dei Monfort. Alle vicende della famiglia Orsini, che nel periodo aragonese fu una delle più potenti del Regno di Napoli, furono legate le sorti della contea per circa due secoli, durante i quali, attraverso varie concessioni, riuscì ad infeudarsi un territorio enorme, che andava dall’Agro Nolano alla Valle del Sarno. Il dominio di un territorio così vasto, le cambiate esigenze strategiche, nonché le diverse tecniche militari, determinarono un progressivo abbandono di Cicala, che venne utilizzato soprattutto come luogo di diporto della famiglia Orsini e veniva tenuto da un castellano. Dopo la guerra tra Francesi e Spagnoli, la contea di Nola fu smembrata e venduta a diversi feudatari; nel 1534 Cicala fu concessa da Carlo V a Dionigi Bellotto, il quale, a sua volta, la rivendette ad Antonio Maramonte. Dal 1546, anno in cui la principessa Mombell, sostenendo di esserne proprietaria, vendette il feudo a Luigi Dentice, la documentazione dei passaggi di proprietà diventa più complessa: si trovano titolari del feudo Raimondo Orsini, Laura Albertini nel 1563, la quale per 2.320 ducati lo cedette al suocero Pompeo Albertini, che a sua volta nel 1573 lo vendette a Marzia, moglie di Angelo Albertini. Nel 1586 il feudo giunse ad Annibale Loffredo che fu costretto a cederlo per 5.520 ducati. Nell’arco del XVII secolo con alterne vicende amministrative, che ne limitarono il territorio, il feudo di Cicala venne venduto a diversi signori tra i quali degno di nota è Ladislao re di Polonia (1640). Nel 1725 esso passò alla famiglia Ruffo di Bagnara, dalla quale si formò il ramo dei Castelcicala, che tenne la terra e vi abitò probabilmente fino all’unità d’Italia, come si evince dalle lapidi custodite nell’attuale chiesa di Santa Lucia. Ulteriormente trasformate ed adattate nel corso degli ultimi decenni, le strutture principali del castello, oggi, sono proprietà dei padri cappuccini di Nola e vi è collocata la sede del Parco Letterario “Giordano Bruno”. Le fortificazioni della collina di Cicala sono organizzate in tre cinte murarie pressoché circolari e concentriche. La prima cinta muraria, posta sulla sommità della collina, racchiude il nucleo principale del castello; la seconda, chiamata dagli abitanti del luogo “di San Paolino“, ingloba le altre strutture del castello dislocate soprattutto a sud e ad est. La terza include le pendici della collina e parte dell’attuale abitato di Cicala situato ad est e nord-est.

Bibliografia e Sitografia

http://www.saperincampania.it/giornale-il-castello-di-cicala-nola

Articoli di approfondimento

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XI sec.

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