Brindisi (castello di terra, seconda scheda)

CENNI STORICI
Viene anche denominato “castello grande” o “castello di terra”, per distinguerlo da quello aragonese (o di mare) presente sull’isola prospiciente la città. In ordine cronologico è il secondo dei quattro castelli fatti costruire a Brindisi, contiguo al più antico che era in parte visibile sino al XVII secolo. Nasce come residenza fortificata di Federico II e delle sue guarnigioni (soldati saraceni e cavalieri teutonici), non come difesa dai nemici esterni, bensì contro l’ostilità dei Brindisini rimasti affezionati ai Normanni, e che mal sopportavano gli Svevi, contro i quali frequentemente si ribellarono per gli eccessivi obblighi fiscali e le prepotenze cui erano assoggettati. Lo conferma inoltre lo schema utilizzato nella costruzione, poco attinente a quelli utilizzati negli altri castelli dell’imperatore, ovvero privo di elementi ornamentali. Per la sua costruzione, progettata nel 1226 ed iniziata l’anno successivo, vengono impiegati molti materiali provenienti dalle antiche mura e da altri monumenti in rovina presenti nella città, come un vicino anfiteatro romano e dei templi. Il castello è originariamente impostato su pianta trapezoidale, simile ai nuclei svevi dei castelli di Bari e Trani, nei quali è stata accertata la presenza di un impianto difensivo normanno, non confermata a Brindisi. Quattro torri molto alte vengono poste agli angoli della costruzione, che viene difesa su un lato dal mare e sugli altri tre lati da un profondo fossato. Questo primo nucleo è completato nel 1233. L’ampliamento degli Aragonesi Trascorsi oltre due secoli e cambiate le tecniche di guerra e di difesa, fu necessario per gli Aragonesi costruire e rafforzare le difese delle città portuali pugliesi. Inoltre la minaccia turca nell’Italia meridionale rendeva improrogabile la realizzazione di una migliore fortificazione anche per il castello federiciano, non più consono ad una difesa efficace, considerata anche la comparsa delle armi da fuoco. Nel 1488 il re di Napoli Ferdinando I (detto il Ferrante, figlio di Alfonso V d'Aragona) ordina l’ampliamento e la fortificazione del castello grande. Si fece costruire una nuova cinta muraria più bassa delle torri sveve e che inglobava interamente la parte a terra del precedente nucleo; l’antemurale era rinforzato da quattro baluardi (torri circolari a pianta tronco conica) che meglio rispondevano ai canoni di architettura militare dell’epoca. Il precedente fossato fu coperto da solide volte, ricavando così nuovi e vasti locali, capaci di ospitare e difendere, in caso di necessità, tutti gli abitanti della città. Questi locali sotterranei potevano prendere luce grazie a degli spiragli che davano sul nuovo e ampio fossato che fu fatto scavare davanti alla nuova cinta muraria; durante questi lavori fu trovata anche una fonte d’acqua potabile, utile a dissetare gli abitanti del castello in caso di un lungo assedio. Con queste opere il complesso divenne molto più flessibile, avendo la possibilità di una difesa avanzata indipendente in caso di cedimento dell’antemurale. Nel 1496, quanto la città fu consegnata alla repubblica di Venezia, in una relazione inviata dal governatore Priamo Contarini al Doge veneziano il castello viene descritto come "bello e fortissimo, che domina la città e gli altri castelli". Nel 1526 vi è un primo intervento di modifica sugli apprestamenti difensivi operato da Giovan Battista Pignatelli. Nell’agosto del 1528 la città subisce l’invasione di circa 16 mila soldati della Lega, costituita da francesi, inglesi, fiorentini veneziani, milanesi e da truppe del papa Clemente VII, inviate a combattere l’imperatore Carlo V. Per diversi giorni dal castello e dal nemico occupante vi è un aspro tiro incrociato di artiglieria, che produce l’abbattimento di molte abitazioni e delle difese della città. Due anni dopo il generale Ferdinando d’Alarçon, nell’ambito di una nuova e necessaria fortificazione della città, avvia la costruzione di mura e torrioni ed opere per il potenziamento dei castelli. In quello “di terra” vengono sopraelevati i parapetti, costruiti una piazza coperta per l’artiglieria, la Batteria di Levante e un baluardo per assicurare una difesa più efficace nei punti deboli rivelatesi nel precedente assedio. Modifiche ed impieghi successivi Il castello, ormai da tempo abbandonato dagli Spagnoli, subisce una ulteriore modifica per opera di Gioacchino Murat nel 1814, quando viene trasformato e utilizzato sino ai primi anni del ‘900 come “bagno penale”. Qui alloggiavano i galeotti impegnati nello scavo del porto. Nel 1879 nelle prigioni erano detenuti oltre 800 forzati. Il rumore sinistro delle catene trascinate dei condannati risuonava nel silenzio della città e impressionava l’immaginario di illustri visitatori che hanno riportato nei loro scritti la descrizione macabra di tale sensazione. Nel 1909 è la Marina Militare ad acquisirne il possesso, adibendo il castello come comando della stazione torpediniere e, l’anno successivo, anche come comando dei sommergibili, divenendo nel 1916 il più importante riferimento della flottiglia MAS. Durante la Grande Guerra Brindisi diviene teatro determinante per le operazioni navali italiane, in questo contesto il castello diviene una importantissima base navale che ospita grandi unità. Nel secondo conflitto mondiale, dal 10 settembre del 1943 all’11 febbraio del 1944, il castello diviene la residenza del re Vittorio Emanuele III, della regina Elena e il maresciallo Badoglio che, in fuga da Roma, sbarcano nel porto perché sicuri dell’assenza di truppe tedesche; qui si svolge l’attività amministrativa del governo e le funzioni di comando durante tutto il periodo in cui Brindisi è effimera Capitale d’Italia. Oggi è ancora utilizzato come comando di divisione della Marina Militare.
Bibliografia e Sitografia
http://www.brindisiweb.it/monumenti/castello_svevo.asp https://fondoambiente.it/luoghi/castello-svevo?ldc https://catalogo.beniculturali.it/detail/ArchitecturalOrLandscapeHeritage/1600314494
Articoli di approfondimento

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XIII sec.

STATO DI CONSERVAZIONE

Buono

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