BITONTO (torre di Caccavino)

CENNI STORICI

Percorrendo la strada vicinale “Megra”, antico tratturo apulo, giunti nei pressi della “pescara di Caccavino”, proseguendo a piedi in aperta campagna per una impervia ”antica”, si giunge all’inedita vetusta torre di “Caccavino”. Quest’ultima, individuata dopo varie perlustrazioni dallo scrivente unitamente agli amici dell’associazione “Terre degli ulivi” Antonio ed Anna Castellano, difficilmente raggiungibile, nascosta dai verdi e nodosi ulivi secolari, è giunta a noi pressoché intatta.

Caratteristica torre vedetta, dislocata a difesa del territorio bitontino, databile presumibilmente intorno al XII-XIII secolo, di pianta quadrangolare, alta circa 5 metri, a due piani, presenta un paramento murario costituito dai classici tozzi conci calcarei sbozzati a martelletto e posti in opera secondo la tradizionale tecnica delle “pietre a secco”. La facciata principale è caratterizzata da uno stretto e basso ingresso lunato, mentre sui rimanenti lati sono presenti piccole feritoie ad “arciere”, che derivano il nome dalle armi in funzione delle quali venivano realizzate, le quali oltre a svolgere una funzione difensiva, assicuravano al piano terra anche una sufficiente illuminazione interna.

Adiacente la torre, sul versante sinistro è presente una capiente cisterna coperta dalla classica vera con foro circolare. Internamente dotata di pavimentazione a “chianche”, voltata a botte, è caratterizzata dalla presenza di varie nicchie, un focolare privo di cappa, ed una botola tramite la quale, con l’ausilio di una scaletta in legno retrattile, si giungeva al piano superiore e che in caso di pericolo veniva issata precludendone l’accesso.

Presumibilmente tale struttura difensiva sorgeva al centro di un’antica viabilità rurale che congiungeva l’Università di Bitonto con il vicino insediamento di “Palombaio”. Infatti dall’alto di tale torre lo sguardo spazia libero sull’immensa distesa verde di ulivi penduli sino ad incrociare verso Palombaio le vicine torri di “Cazzettograsso” (scomparsa), “del Carmine”, “Callosa”, “Malnome”, e verso Bitonto le torri “Morea”, “di Pingello”, “del Lupomino”, ecc. Con esse in diretto contatto visivo, tramite segnali di fumo di giorno e fochi di notte, allertava le genti dei limitrofi casali dell’imminenti incursioni piratesche.

Il suo strano nome probabilmente deriverebbe dall’antica famiglia “Caccavo”, presente a Bitonto già nel periodo angioino con il notaio “Lodovicus Caccavo de Tramuto” forse in origine proprietaria della torre. Famiglia originaria della Campania (Napoli, Salerno e Pontecagnano Faiano), si trasferì successivamente in Basilicata (Barile) ed in Puglia (Foggia, Bitonto, Giovinazzo, Molfetta, Canosa). Nel 1508 è presente nella vicina città di Giovinazzo con Cassandra Margherita, figlia di Marco Antonio Caccavo, aromatario (Libri dei Battesimi della Parrocchia Cattedrale). Tale cognome deriva da soprannomi originati dal termine campano “caccavo” (pentolone), forse a richiamare l'uso di questi grossi pentoloni nei monasteri che distribuivano quotidianamente minestre per i poveri e quindi per classificare il capostipite come un mendicante, arricchitosi nel tempo. Infatti nell’arma dei “Caccavo” e presente un pentolone d’oro: “scudo d'azzurro, alla testa d'elefante nascente da una fascia di rosso e caricata di 3 stelle d'oro, accompagnata in punta da una caldaia d'oro, manicata dello stesso, afferrata da due leoni controrampanti pure d'oro e sostenuti da un monte di 3 cime di verde, caricato di 7 api al naturale”. Il ramo “Caccavino”, dovuto probabilmente ad errori di trascrizione, lo ritroviamo successivamente in Calabria (Cosenza) trasferitosi agli inizi del XVII secolo.

La torre, attualmente in ottime condizioni statiche, dovrebbe essere vincolata e salvaguardata, dotandola di apposito cartello identificativo-descrittivo, già da tempo presenti nei limitrofi comuni di Giovinazzo, Terlizzi, Palo del Colle, Modugno, Palese.

Bibliografia e Sitografia
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XVII sec.

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