Arena (resti del castello normanno)

CENNI STORICI

«Il castello di Arena, costruito da Ruggero a difesa di Mileto, in luogo strategico e inespugnabile, è posto su un possente sperone di roccia a metà strada fra Monteleone e Stilo, a difesa del passo Berra, che, aprendo un varco fra le montagne delle Serre meridionali, metteva in collegamento i due mari. Il pensiero di Ruggero era quello di difendere la capitale da un improvviso attacco alle spalle proveniente da quella costa orientale dove il vecchio Impero d’Oriente, con le sue importanti posizioni, poteva ostacolare la penetrazione normanna in questa parte della Calabria Ultra. Per assolvere a questo importante compito fu insediato quale primo conte d’Arena un figlio naturale del Normanno, anch’egli di nome Ruggero, più spesso indicato con il cognome della madre, ossia Ruggero Conclubet. I discendenti di quest’ultimo per ben 600 anni continueranno a dominare in Arena, vivendo in prima persona i più importanti eventi storici: dalla transizione normanno-sveva all’avvento degli Angioini, dalla congiura dei baroni alla rivoluzione di Tommaso Campanella. Testimone di questi importi fatti di storia fu il castello, che, già ricostruito in seguito al terremoto del 1753, non sopportò la violenta forza devastatrice del sisma del 1783, lo stesso che rase al suolo Mileto. Gli imponenti e maestosi ruderi che orgogliosamente resistono al passaggio del tempo rimangono il più utile strumento per ricostruire i quasi 1000 anni di storia di una delle più importanti strutture difensive della nostra provincia, nonché il solo di chiara e certa origine normanna. Dell’età di Ruggero il castello conserva l’impostazione architettonica propria di tutti i castelli normanni. Il corpo di fabbrica ricalca un quadrilatero perfettamente adattato alla natura del luogo, con mura perimetrali robuste e possenti. L’accesso al castello e permesso dalla sola facciata orientale mentre le altre tre sono circondate da dirupi imprendibili e vertiginosi. Agli angoli del quadrilatero sorgono quattro torri parzialmente conservate e di epoche diverse, a causa dei vari adattamenti tecnico - difensivi effettuati sul castello. Precisamente, il castello presenta due torri angioine a base circolare dalla parte orientale, mentre gli altri due vertici presentano due torri a base quadrata d’epoca aragonese. Come è possibile osservare pochi ruderi conservano un’antologia di storia difensiva e di architettura militare, capaci di testimoniare diversi modi di fare guerra e diversi modi di difendersi. Presto la pesante costruzione normanna venne alleggerita, e la modifica principale fu fatta alle torri: le torri quadrangolari, piene e robuste con scarpa liscia, vennero sostituite da torri alte, leggere a base circolare con scarpa scanalata. Quest’ultimo accorgimento aumentava la difesa piombante, praticata dalla merlatura, aumentandone la gittata e garantendo effetti devastanti sui nemici.

Le due torri a base scanalata conservate in Arena sono un “unicum” dell’ingegno militare francese, forse unici esempi in Calabria di questo originale modo di costruzione. Infatti, va precisato che generalmente le torri angioine avevano una scarpa circolare liscia e non scanalata, benché uguali esempi della stessa tecnica costruttiva debbano essere ricercati in Campania. Queste modifiche dell’iniziale struttura normanna non furono estese alle torri occidentali che guardano verso Monteleone, per due ragioni: in primo luogo il pericolo continuava a provenire da oriente, in secondo luogo il castello risultava inespugnabile dagli altri tre lati. Col tempo però le cose mutarono: particolarmente in epoca aragonese età caratterizzata dall’introduzione delle armi da fuoco. Le nuove armi avevano sulle alte e delicate strutture angioine effetti devastanti, rendendone quasi impossibile la difesa. In tali situazioni ritornavano utili le vecchie torri normanne disposte sulla facciata occidentale, anche perché in quest’epoca il pericolo non proveniva più da oriente, ma il territorio da controllare era quello sottostante il castello. Le torri occidentali furono ribassate ed opportunamente modificate per assorbire i colpi dell’artiglieria nemica e i pesanti rinculi delle bocche da fuoco in esse ospitate. Il castello non assolse solo un ruolo difensivo, ma era anche il luogo in cui si amministrava la giustizia, dove il marchese aveva la sua dimora e dove si svolgevano le attività economiche più importanti. Ad esempio, sono ancora visibili i sotterranei dove erano ospitate le carceri; e, nella gola sottostante in cui scorre il Petrace, sono stati recentemente recuperati dall’abbandono, i resti del frantoio e del mulini su cui il marchese vantava, come su tutte le altre macchine ad acqua del feudo, i suoi numerosi “iura proibendi”. Occorre, poi, un riferimento ai resti dell’acquedotto normanno, che con le sue condotte garantiva acqua corrente alle numerose fontane del castello. Il castello con tutte le sue numerose pertinenze formava una struttura funzionale alle diverse esigenze: non solo del suo signore ma dell’intero feudo, svolgendo soprattutto un ruolo di rappresentanza per l’intera corte. A tal fine erano adibiti i due piani alti della costruzione, in cui oltre agli alloggi e alle stanze di servizio, numerosi erano i saloni riccamente arredati per il fasto del feudatario. Di tutto ciò nulla ci è pervenuto, se non la memoria conservata nei polverosi tomi dell’archivio marchesale ormai testimoni indiretti di un grande passato».

Bibliografia e Sitografia

http://www.omceovv.it/storia_normanni/normanni/faga.htm (a cura di Rocco Faga)

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