AMENDOLEA (ruderi del castello normanno)

CENNI STORICI
«Molti fanno risalire questo Borgo al periodo Normanno (sotto Riccardo di Amendolea), altri al periodo Bizantino, come potrebbero provare le monete rinvenute sul luogo e alcune chiesette bizantine situate nei pressi del fortilizio. Il castello si articola su una rupe, a 358 metri sul livello del mare e a 8 Km dalla costa ionica, dominando la valle dell’Amendolea che costituiva in epoca storica il confine tra Locri e Reggio Calabria. Per la complessa orografia del luogo, era difficilmente raggiungibile e il carattere difensivo del sito era esaltato dalla presenza della sottostante fiumara di Amendolea, le cui acque, soprattutto nella brutta stagione, erano particolarmente impetuose. Nel castello, di dimensioni enormi, sono riconoscibili ancora vari ambienti, due cisterne per la raccolta delle acque piovane, una cappella, vi è un’abside con tracce di affreschi. Il rudere si presenta con un muro di cinta che delimita uno spazio di ingresso di forma parallelepipeda da cui si accede ad una zona residenziale; di questa rimane una sala rettangolare il cui pavimento è oggi occupato da erba e rocce. Sul muro che guarda verso est resistono ancora tre grandi finestre vicino alle quali erano collocate delle nicchie che ospitavano le sentinelle. Da qui, le guardie potevano avvistare i nemici molto prima che arrivassero sino in cima al castello ed avevano così il tempo di avvertire la popolazione. Intorno a questa enorme aula svettano alcune torri, una delle quali presenta una curiosa particolarità: ha l'ingresso non al pianterreno, bensì al primo piano, e vi si accedeva tramite un ponte levatoio. Tale meccanismo fu ideato per evitare le incursioni nella torre da parte dei nemici. Il castello è a pianta irregolare con robusti muraglioni merlati che seguono il ciglio delle scarpate. Le mura, di pietrame intercalato con cocci di coppi, hanno un andamento curvilineo nella zona Nord-Est; la parte Sud presenta una torre quadrangolare, mentre a Sud-Est il muro presenta una finestra ad arco che delimitava una sala, oggi crollata. Il castello era merlato e la sua importanza si percepisce dalle dimensioni dei luoghi e da un enorme caminetto nella terza torre. I muri del castello sono stati realizzati con una pasta di zolfo e ferro bolliti, minerali presenti nelle rocce su cui l'edificio sorge. Il loro vantaggio è che, più il tempo passa, più rimangono compatti, anche se il terremoto del 1783 e quello del 1908, in aggiunta agli assalti dei nemici, hanno provocato ampie feriti alla struttura fortificata (spicca una una torre chiaramente spaccata). Il borgo di Amendolea, che occupa un ridotto pianoro posto immediatamente a meridione del castello, fu invece abbandonato nel 1953 a seguito di un’alluvione e anch’esso appare oggi allo stato di rudere. Nonostante ciò spiccano tra le case i muri perimetrali della chiesa protopapale, che sino al 1965 era ancora agibile e coperta. Malgrado le passate trasformazioni e l’attuale stato di degrado, il borgo conserva ancora, nell’impianto urbanistico, evidenti segni della fase medievale. Sono infatti ben visibili ampie porzioni del recinto murario di età angioina, soprattutto nella parte sud-orientale dell’abitato. Un primo atto ufficiale della sua esistenza lo ritroviamo in epoca normanna, in un diploma greco del 1086 dove è ricordato il fatto che gli arconti Roberto di Fibrao, Ruggero di Lizio ed altri mandati dal Conte Ruggiero dovettero sanare alla buona una lite insorta tra Guglielmo e Riccardo di Amigdalia, circa i confini dei tenimenti di Bova e “Amigdalia”, stabilendo che il territorio posto a destra del torrente Amendolea doveva essere affidato a Guglielmo, figlio di un compagno d’armi di Roberto e Ruggero d’Altavilla: Framundo. Dall'analisi delle mura, mostranti un vero e proprio martellamento, si ha conferma che il castello fu coinvolto nel XIII secolo nell'opera di abbattimento dei castelli ordinata da Federico II del Sacro Romano Impero nel 1230. In fasi successive, nel 1270, ritroviamo menzionato un certo Guglielmo di Amendolea. Nel 1310 e nel 1311 compare nei Regesti Vaticani per la Calabria il nome di “Petrus prothopapa et Nicolaus de Amegdalia”, entrambi tributari della “decima” da dare alla Chiesa. Alla fine del 1300 Carlo di Durazzo impose al proprietario il restauro. Per tutto il periodo medioevale il castello conservava una posizione strategica eminente governato da Raimondo de Bauzio, da Antonello dell'Amendolea e da Berengario Naldà de Cardona. Nel 1495 le terre di Amendolea e di San Lorenzo passarono nelle mani di Bernardino Abenavolo. Nel 1624, infine, il Duca di Bagnara Francesco Ruffo acquistò le terre di Amendolea e il castello. Tale privilegio durò fino al 1806 quando fini l’età feudale. Vengono ricordati per i numerosi fatti d'arme che si verificarono durante il '600, tre baglivi della famiglia Ruffo (A. Rebuffo, F. Polistena, G. Sangallo). I Baglivi erano dei fiduciari che amministravano il feudo per conto della famiglia feudataria. Essi si comportavano come veri signori commettendo a volte gravi abusi dato che la famiglia feudataria esigeva solo un'entrata annua, erano circondati da sgherri (bravi) specialmente albanesi ma a volte anche saraceni con i quali mantenevano il controllo del territorio. Al castello si accede tramite una lunga scalinata che parte dalla vicina strada asfaltata, costruita di recente dal Corpo Forestale, che dalla valle si porta alla quota superiore da dove prosegue per Bova. Ultimamente sono stati eseguiti dei lavori per la messa in sicurezza del maniero e per renderlo visitabile».
Bibliografia e Sitografia
http://castelliere.blogspot.it/2012/07/il-castello-di-venerdi-20-luglio.html
Articoli di approfondimento

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XV sec.

STATO DI CONSERVAZIONE

Rudere

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