CENNI STORICI
Verso la fine del XIII secolo nel Casale di Cicciano si stabilirono con una loro domus i Cavalieri dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme. L’insediamento diventò Commenda e Commenda Magistrale nel secolo successivo. Nacque, così, il Castrum - il Castello o Casa-fortezza - residenza ufficiale dei Cavalieri, costruito nella località chiamata Lo Ponte. Il termine Castrum deve essere inteso non come castello in senso stretto quanto piuttosto come uno spazio chiuso dotato di una forma di difesa. Infatti, il nostro Castro era uno spazio ben delimitato: un quadrilatero protetto da una cinta muraria e circondato da un fossato. Quando fu appianato, il fossato aveva una larghezza di circa otto metri. Se consideriamo l’intero perimetro del complesso (circa trecentotrenta metri), ricaviamo una superficie di oltre duemilacinquecento metri quadrati. Girolamo Branciforti, commendatore dal 1642 al 1686, pensò bene di sfruttare questa considerevole estensione facendovi piantare numerosi alberi da frutta. Parallelamente al fossato, c’era una strada pubblica. Fossato e strada, poi, isolavano materialmente il Castro dalle abitazioni private che lo circondavano. Al Castello si accedeva da una sola porta grande, la ianua magna, posta sul lato sud e dopo aver superato un ponte levatoio. Lo spazio interno si presentava come un piccolo villaggio. Oltre al palazzo del Commendatore, vi erano la Chiesa di San Pietro Apostolo, il carcere civile e quello penale, un pozzo d’acqua sorgiva, un cortile grande e uno piccolo, diversi locali di deposito e di servizio, un discreto numero di abitazioni private. La porta di accesso al Castro era difesa da un rivellino, una seconda costruzione in posizione avanzata rispetto al perimetro delle mura. Il rivellino occupava buona parte dell’attuale piazza Mazzini. Non ne conosciamo la forma. L’impianto poteva essere semicircolare, quadrato, rettangolare, pentagonale se non addirittura triangolare. I primi inventari dei beni della Commenda si limitano a riportare che il Castro aveva un rivellino davanti e non aggiungono altro. È solo con l’inventario dei beni del 1646 che abbiamo qualche particolare in più. In questo secolo, però, sembra che il rivellino abbia perso la sua originaria natura di opera difensiva e sia stato trasformato in un piccolo, ben curato giardino che rendeva veramente delizie a chi vi entrava.
Negli anni successivi, il rivellino fu ulteriormente ingrandito e abbellito con aiuole fiorite e la costruzione di tre padiglioni. Aveva tre porte d’accesso con archi di due grottoni, uno piantato tutto di lauri regi e l’altro di alberi di agrumi, circondati a loro volta da fontane. Per farlo meglio godere al di fuori, fu aperto, poi, un portone a rastello con un lungo viale prospettico, delimitato a sua volta da pilastri e statue. Nel 1646, nella piazza antistante al Castro e a ridosso del rivellino, dal commendatore Branciforti venne fatta costruire una cisterna pubblica che veniva riempita con l’acqua del fiume di Avella. Agli inizi del Cinquecento, il palazzo della Commenda era costituito dal palazzo vero e proprio e da una torre posta accanto alla porta d’accesso al Castello. Il palazzo si sviluppava al piano terra e al piano superiore: la torre aveva un piano in più e la sua sommità era raggiungibile attraverso una scala esterna. Al piano terra vi erano i locali di servizio. Al piano superiore vi erano due sale pubbliche e le camere private. Si entrava direttamente in quella che era chiamata la sala magna con la cimineria ovvero il salone di rappresentanza o delle feste. Seguiva l’altra sala pubblica detta la sala penta o la sala pintata, più piccola rispetto alla precedente. Con il Branciforti tutto il complesso fu alquanto modificato con l’aggiunta di diversi altri locali sia per abitazioni che per servizi, compreso un cellaro capace di contenere quattrocento botti circa. Fu coperta la porta d’ingresso con un porticato a volte e su di esso furono costruite una seconda sala grande ed una camera.
Bibliografia e Sitografia
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