Acerra (mura urbane)

CENNI STORICI

Alla luce della documentazione esistente è molto difficile dedurre a quale periodo si possa far risalire la distruzione della eventuale fortificazione della città antica e quanto sia sopravvissuto di essa nei secoli successivi. La costruzione della murazione medievale è da mettere in rapporto alla costruzione del castello ed alla definizione di Acerra come contea e sede vescovile, cioè l’impianto fortificato delle mura di cui ancora si conservano evidenti tracce risale al periodo normanno ed il suo impianto ricalca, con molta probabilità, l’andamento di alcuni isolati della città antica. Fedele agli Angioini, la città difesa da Santo Parente, capitano di Attendolo Sforza, resistette strenuamente all’assedio di Alfonso d’Aragona. Fu nuovamente assediata da Ferrante durante la congiura dei baroni. Notizie importanti relative ai luoghi della città ed alle mura si possono dedurre anche dall’inventario fatto redigere da Pirro del Balzo nel 1481 e rinnovato da Federico d’Aragona nel 1494. Dall’analisi di una cartografia risalente al XV secolo e di recente pubblicazione, la città di Acerra appare “... dominata dalla mole del castello e circondata da mura e torri che definiscono una maglia quadrata regolare, ancora oggi riconoscibile. Le mura si estendono per un lungo tratto fino al corso del fiume, sulle cui sponde è segnalata una struttura fortificata con ponte e torri, indicata con il toponimo Lo Carmine, posta a difesa del ponte di attraversamento del Clanio”. L’organizzazione civile e sociale di Acerra rispecchiava quella fisica, pertanto la città era divisa dagli assi principali che collegavano le porte, in quattro parti distinte che tuttavia potevano identificarsi in solo due quartieri, quello del Castello e quello del Vescovado. Acerra fu conquistata dalle truppe francesi durante la discesa del Lautrec. Le notizie storiche, relative al periodo moderno, riguardanti le trasformazioni dell’impianto urbano, sono abbastanza scarne e scarsi sono anche i riferimenti alla cinta muraria che ne racchiudeva il nucleo originario. Con il periodo vicereale comincia una fase di decadenza per tutto il territorio che vide coinvolta anche Acerra, tanto che in una descrizione di Leandro Alberti del 1525 viene definita come “una mala abitata villa più che una città”. Le condizioni della città peggiorarono ulteriormente per effetto dell’eruzione del 1631, che oltre a provocare danni fisici contribuì al progressivo impoverimento del territorio; la città subì altre perdite umane durante la peste che la colpì negli anni successivi; questo periodo poco favorevole culminò con i disordini susseguenti alla rivolta di Masaniello. Da un documento del 1662 si evincono ancora notizie sulla città, sulle fortificazioni e sulla organizzazione urbana.

Nel corso del XVII secolo gli interventi operati nella città non portarono a cambiamenti significativi se in una descrizione del 1772 viene così riportato: “Quanto più antichi siano li principii d’una vasta città, altrettanto aguzza il dente il vorace tempo per annientarla all’aspetto de Posteri, come può osservarsi in questa dell’Acerra, tanto impicciolita, che a pena vi riceve 219 fuochi con case infrante o smezzate. Una sol torre memorabile vi spicca, … ”. In una veduta del XVIII secolo si nota complessivamente che la città è ancora completamente racchiusa nelle mura ed emergono nel tessuto edilizio compatto solamente i complessi religiosi importanti con i rispettivi campanili che rappresentano le vere emergenze urbane. Specifiche osservazioni possono essere condotte sulle caratteristiche della murazione urbana rappresentata con notevole precisione evidenziando torri e porte. L’impianto urbano mantenne la sua forma regolare, subendo uno sviluppo relativo in prossimità delle porte di accesso e delle principali strade di collegamento che in esse arrivavano. La cinta muraria non subì significativi cambiamenti, fatta eccezione per le varie distruzioni e modifiche operate per far posto alle abitazioni private, che sempre più vi si addossavano sia dall’interno che dall’esterno. Anche se con questi cambiamenti, la murazione fu mantenuta fino all’eversione della feudalità; solo dopo il periodo napoleonico cominciò il rinnovo urbano e si intensificò lo sviluppo lungo gli assi principali di comunicazione con il territorio. Le porte erano ancora visibili e risultavano collocate in prossimità degli assi principali di accesso, ortogonali tra loro. Esse prendevano il nome delle città verso cui si dirigevano le strade in uscita. A nord si apriva la porta Capuana o del castello, a sud la porta Pompeiana o porta del Vescovado, ad est la porta Beneventana o della SS. Annunziata, ad ovest la porta Napoletana o porta di San Pietro. Le quattro porte, di cui le prime due furono distrutte nel 1830 e le altre due nel 1843, si aprivano sul fossato di circumvallazione che era scavalcato da quattro ponti in corrispondenza delle porte, prima che ne venisse decretata la colmata nel 1836. Lo sviluppo urbano intensificatosi a partire dal secondo dopoguerra ha prodotto un sostanziale stravolgimento del tessuto antico e medievale, soprattutto quando si è intervenuti con sostituzioni edilizie eseguite con le tecniche contemporanee e con l’uso del cemento armato. Tali interventi hanno portato ad una progressiva perdita dell’identità del tessuto medievale compreso l’alterazione planimetrica di alcuni assi stradali ampliati in funzione della circolazione veicolare. Sostanzialmente il tessuto edilizio del centro storico e della città murata appare oggi molto compromesso e fatiscente ed andrebbe salvaguardato e recuperato attraverso una approfondita analisi morfologica, tipologica ed architettonica con la quale evidenziare anche le superstiti memorie ed i manufatti ancora esistenti della cinta muraria medievale.

Del tracciato delle mura e dei suoi resti architettonici si possono recuperare solo alcune tracce all’interno del tessuto edilizio attuale. I segni maggiormente visibili sono rappresentati da altimuri in tufo giallo costituiti da conci di grosse dimensioni, cm 30x50, mediamente, che fanno da sfondo alla maggior parte dei cortili dei palazzi e delle abitazioni costruite sul fossato e che si sono addossate, a partire prevalentemente dal XIX secolo, alla fortificazione medievale. Dall’andamento delle mura, che si sviluppano per un perimetro di m 1.620 circa e racchiudono un’area di mq 161.000 circa, si può delineare con soddisfacente precisione la configurazione planimetrica, attraverso la cartografia catastale che conserva nelle suddivisioni particellari molti dei segni del tracciato murario. Partendo dal castello, la murazione, dopo aver superata la porta Castello, anche denominata porta Capuana, ubicata tra la fine della attuale via Castello ed il fossato, proseguiva parallelamente alla via Conte di Acerra, posta all’esterno, ed alla via della Maddalena, posta all’interno, determinandone la mezzeria dell’isolato che presenta chiaramente tipologie insediative diverse tra la parte interna, prevalentemente a corte, e la parte esterna, prevalentemente in linea. Alla fine della via Conte di Acerra la murazione gira ad angolo retto e prosegue verso sud, dove all’interno dei cortili dei palazzi che si affacciano su via Cavour si conservano i resti più consistenti della murazione, fino ad arrivare nei pressi della chiesa di San Pietro, dove era ubicata la porta omonima, conosciuta anche col nome di porta Napoletana. Passata la strada, il muro correva sul ciglio di via Solferino fino all’angolo con vico Lauro per poi proseguire ortogonalmente verso est fino alla porta del Duomo, conosciuta anche come porta Nolana. Da questo punto il tracciato proseguiva fino all’angolo di via Lauro per poi girare ancora ortogonalmente verso nord fino ad incontrare la porta dell’Annunziata o Beneventana, posta al termine di via Annunziata. Dopo la porta, la murazione seguiva il vicolo Pasquale Grazioso, sempre correndo lungo il fronte dell’isolato giungeva fino all’angolo con via Gaetano Caporale; da questo punto la murazione tornava sempre ad angolo retto e sul bordo dell’isolato fino al fossato del castello. I tratti della murazione, che corrispondono ai limiti degli isolati e dei palazzi che li costituiscono, sono quasi andati tutti persi ed il loro andamento è deducibile solo attraverso la cartografia storica e catastale e la disposizione delle tipologie edilizie che nel corso dei secoli sono state proprio condizionate dalla struttura difensiva.

Bibliografia e Sitografia

http://www.saperincampania.it/le-mura-urbane-di-acerra

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