CENNI STORICI
Cenni storici (dal sito ufficiale del Comune di Candela).
«...è probabile che quando i Longobardi fondarono il Ducato di Benevento (570-571), una loro banda avesse invaso il nuovo borghetto e, allettata dalla posizione strategica e dalla fertilità dei campi, vi si fosse stabilita ed avesse fatto erigere una Chiesa dedicata a San Michele Arcangelo ed una rocca. (È noto, infatti, che i Longobardi dell’Arcangelo erano devotissimi e che per loro opera, nel periodo furono erette molte chiese e monasteri a lui dedicate). La rocca che questi costruirono in Candela, sul punto più alto del paese e nel rione ora denominato "Cittadella", divenne successivamente un castello, ovvero un paesello circondato da mura e difeso da una rocca.
Così come si evince da un documento dell’archivio della SS. Trinità di Cava dei Tirreni nel gennaio del 1066, il castello di Candela era posseduto dal normanno Guglielmo o Guidelmo, conte di Principato e fratello minore di Guglielmo Braccio di ferro che a difesa dello stesso aveva nominato viceconte un certo Ansererio. In detto documento si attesta l’oblazione della chiesa che l’Ansererio fece per la sua anima e dei parenti suoi, all’abate del Monastero di S. Maria di Pescolo. Vi si legge infatti: «in eodem loco [Candela] a foras muras praedicti castelli, vetustam, dirutum, vocabulum Sancti Michaelis Arcangeli».
Se dunque questa chiesa, dedicata all’Arcangelo, era fuori le mura del castello, antica e rovinata tanto che il viceconte Ansererio prima di farne oblazione l’aveva fatta riedificare e consacrare («conciavi illam, deoque opitulante ad culmen perducta aedificare et consacrare feci de mea substantia»), deve certamente ritenersi che la stessa dovette servire non per uso degli abitanti del castello, ma di una popolazione che da tempo antico si era stabilita sulla collina.
Nell’aprile del 1107, questa stessa chiesa fu donata da Roberto il Guiscardo e con il consenso del vescovo di Ascoli Satriano, al monastero di Cava dei Tirreni con potestà di potervi tenere nel mese di maggio un mercato con esenzione di plateatico che era un tributo dovuto al principe per il transito per le piazze e le vie pubbliche. Tale circostanza afferma l’importanza del paese che evidentemente da piccolo borgo era divenuto oramai una fiorente cittadina commerciale in cui conveniva gente di paesi vicini. Con l’avvento di Federico II e quindi della dinastia sveva, il paese ed i suoi tenimenti divennero dominio regio sino al 1268 quando Carlo I d’Angiò, decretando la morte dell’ultimo svevo, Manfredi, aveva di fatto instaurato il dominio della sua famiglia sull’intero regno di Napoli. Da allora e sino al secolo scorso, il dominio su Candela si è succeduto tra le famiglie più nobili dei tempi alle quali veniva concessa dal regnante di turno.
Ecco, cronologicamente le famiglie che hanno posseduto Candela: la famiglia Santacroce (Filippo, Giovanni, Princivallo e Mazziotto o Matteotto), quella dei Petrafesa, quella dei Lagonessa Caracciolo, quella degli Zurlo, quella dei Caracciolo Del Sole (Sergianni o Giovanni I, Troiano, Giovanni II, Troiano II e Giovanni III), quella di Filiberto d’Orange.
L’ultima famiglia feudataria di Candela è stata la famiglia genovese dei Doria. Infatti, nel 1531, alla morte di Filiberto d’Orange, Carlo V, concesse al grande ammiraglio Andrea Doria, per i servizi avuti, il principato di Melfi ed il tenimento di Candela. Quest’ultimo periodo è senz’altro quello più importante della storia del paese. Sotto i quasi 277 anni che i Doria possedettero Candela, la cittadina andò man mano crescendo fino a divenire vero punto di riferimento della zona. In tale periodo, infatti, a testimonianza della sua crescita, furono costruite la Chiesa Madre, la chiesa della Concezione ed un ospedale civile, annesso a quest’ultima ed il bellissimo palazzo Doria.
Moltissime erano, infatti, le botteghe artigiane e ricercatissimo era il suo grano, che esperte mani contadine coltivavano nei fertili campi. Notevole era anche la pastorizia. Qui affluivano le greggi della Transumanza dopo aver percorso il tratturo grande Pescasseroli-Candela e dopo aver pagato il tributo alla Dogana delle pecore di Foggia» [...].
«Costruito nel periodo normanno-svevo, il castello è stato più volte distrutto e ricostruito. Posto all'apice della Cittadella, domina dall'alto tutto il paese. L'attuale edificio è una ricostruzione degli anni trenta ed occupa solo in parte il sito dell'antica rocca. Il Perifano (Storia Statistica di Candela 1843-1844) descrive ciò che rimaneva del castello verso la metà dell'Ottocento e dice: «ogni attento osservatore può riconoscere facilmente le mura esterne, già occupate da nuove case: i bastioni, un pezzo della cortina, le torri, la soglia della maggior porta, su la quale poggiavasi il ponte levatoio».
Inoltre aggiunge: «i cittadini hanno avuto pensiero di conservare alle diverse strade che mettono capo alla cittadella i nomi di quei siti alle cui vicinanze s'imprese a costruire le abitazioni. Così àvvi la strada "Porta Nuova", che dirigesi alla Porta Minore del castello; altra detta "Cisterna", per la conserva antica delle acque, del "Portone" per la maggior porta che è vicina; della "Torretta" (per la presenza dei resti di una piccola torre), del fosso, del "Forno vecchio", del Centrone, della "Cittadella" in fine».
Terremoti, guerre e saccheggi, purtroppo hanno cancellato tutto, però nella toponomastica è ben evidente l'area occupata dall'antica rocca. Il castello così come si presenta oggi è un edificio di aspetto gradevole, caratterizzato da merli e torretta. Appartenuto alla famiglia Iambrenghi fino al 1982, ha ospitato prima una stazione metereologica, poi la "Locanda Castello". Attualmente è chiuso al pubblico e non è visitabile».
Bibliografia e Sitografia
https://www.comune.candela.fg.it/
Articoli di approfondimento
CITTÀ
PROVINCIA
REGIONE
EPOCA
XII sec.
STATO DI CONSERVAZIONE
Rudere
AUTORE DELLE AGGIUNTE / CORREZIONI
SITO UFFICIALE
IMMAGINI