CENNI STORICI
Nel 1582 dal tipografo Aldo Manuzio di Venezia giunse ai sindaci e decurioni (consiglieri) di Molfetta la richiesta di una pianta topografica e notizie sulle origini della città. Per tale committenza fu conferito l'incarico al patrizio Matteo Giuseppe Marinelli, già noto per altri studi in materia cartografica. Tuttavia la relazione, già pronta, non giunse mai al destinatario. Per un fortuito ritrovamento del manoscritto topografico rinvenuto presso l'archivio dell'avvocato tranese, Lorenzo Festa Campanile, lo storico barese Francesco Lombardi volle scrivere una sua versione nel 1703 dal titolo 'Notizie Istoriche della città e Vescovi di Molfetta'. L'opera costituisce la fonte più attendibile ai fini della ricostruzione storico-filologica del regesto relativo alla costituzione della città del nord-barese. La città sorge sulla penisola nota sin dall'alto medioevo come Isola di Sant'Andrea, così chiamata per via della presenza di una chiesa medievale dedicata all'apostolo. In origine si trattava di un vero e proprio appezzamento di terra insulare, staccato dall'area continentale, mediante un canale, successivamente insabbiatosi, il cui tracciato coincide con l'attuale Corso Dante, già via Borgo. Nell'Apulia Peucezia, a sud di Trani, indicata col toponimo Turrenum, è posta Molfetta, nota con il nome Respa, a poca distanza da Giovinazzo, denominata Natiolum. Risalendo dal fiume Ofanto la successione delle città segue, partendo da nord verso sud, Aufidus, Bardulos, Turrenum, Respa, Natiolum e Barium. L'etimologia di Respa è interpretata dagli storici locali in un duplice modo: res-publica o res-pax, ossi patria pacifica. Nei Registri della Cancelleria Vaticana, alla voce cronotassi episcopale della diocesi di Molfetta, è citato il vescovo della città come 'Episcopus Chahelfetanus'. Tale toponimo è interpretato dalla critica locale come il risultato dell'unione di Ceres, ossia la dea romana Cerere, protettrice delle messi, e fetum, ad indicare la fertilità dell'agro. Il senso etimologico è riferibile alle peculiarità ambientali. Identità di significato sono riscontrabili nei nomi delle città di Melfi in Basilicata, e Amalfi sul Tirreno. La comunanza semantica tra Molfetta, Melfi e Amalfi è supportata anche dagli avvenimenti storici: a partire dal VI secolo d.C. tra le città si attestano scambi commerciali e familiari nonché, in modo particolare tra i due centri marittimi, alleanze nei traffici via mare con l'Impero Romano d'Oriente, talora in concorrenza, talora in alleanza, con la Repubblica marciana. Decaduta la Repubblica di Amalfi, Molfetta pattuì un'alleanza con la neo-fondata Repubblica di Ragusa e, in confederazione, con la città di Sebenico. Tutti i nomi di queste realtà urbane si riscontrano nella toponomastica del centro antico: l'Istrada Majora, ora Via Piazza, era la 'via de'Romani'. La medesima arteria stradale fu successivamente denominata 'via degl'Amalfitani': lungo questa strada insiste ancora oggi la chiesa dedicata all'apostolo sant'Andrea, celebre protettore di Amalfi, città che ne custodisce la cassa reliquiaria, la cui traslatio avvenne nel 1208. L'ulteriore traccia viaria che testimonia i rapporti con le altre città marinare è costituita da 'via de'Ragusei', che insiste nel quartiere abitato da un nucleo di dalmati, la cui devozione petrina si osservava nella chiesa di San Pietro, ancora esistente, seppur restaurata in toto nel XVIII secolo. Anche i Maltesi avevano una via propria detta 'de'Cavalieri' con il loro edificio di culto dedicato a San Nicola, titolazione che ricorda la preesistente colonia greca. L'antico tracciato greco-romano, costituito da architetture templari, è stato sovrapposto, secondo una prassi consolidata in epoca paleocristiana, da edifici di culto cristiani: il templum Cereris, situato dove oggi sorge via Piazza n.5, viene trasformato nella chiesa di San Salvatore, della quale permane solo in nome della strada adiacente la piazza. Sul tempietto dedicato al divo Nettuno, non casualmente nell'area più vicina al mare, sarebbe sorta la chiesa di Sancta Maria Episcopii, dove a partire dal basso medioevo ebbe luogo la fabbrica del Duomo di San Corrado di Baviera, patrono della città e della diocesi. Il quartiere detto 'Camere Nuove' era costituito da cavità rupestri, scavate nel terreno carsico, che lambivano l'intero litorale di Sant' Andrea: queste erano adibite a cappelle votive dedicate ai santi martiri e a cimiteri comunitari. Da questa duplice funzione deriverebbe il toponimo di via 'Catecombe'. Tra i primi santi venerati negli anfratti caveosi si annoverano Lucia, Basilide, Erasmo e Basilio. Tuttora se ne scoprono testimonianze presso i privati proprietari dei sovrastanti complessi palatini. Nella città antica si riscontrano due piccole gravine, delle quali una insiste presso via Catecombe, all'altezza di via Domenico Picca, già via della Piscina Comune, l'altra a breve distanza dall'attuale Piazza Vittorio Emanuele, già Piscina Nuova. Le due cavità costituivano due voragini che, chiuse nel fondo da una volta, assolvevano alla funzione di cisterna per il convoglio e la raccolta delle acque piovane. All'abate Pacichelli si deve la rappresentazione topografica, disegnata secondo il consolidato schema della prospettiva ad uccello, di Molfetta nel suo status quo afferente al 1703. Dalla cartografia pacichelliana si riscontra la civitas ancora costretta all'interno delle mura, che lambivano il promontorio insulare di Sant'Andrea. Ad ovest insiste un'insenatura minore, in cui sporge la testa del promontorio, dove è collocato il duomo corradiano. Si registra il primo nucleo urbano non ancora invaso dalle case, come lo sarà nel corso dell'Ottocento. E' possibile riscontrare anche il canale di mare che staccava l'isola dalla terra ferma, la muraglia di cinta e, al centro, la Porta principale, ancora oggi conosciuta dal volgo come Porta della terra. Nella tradizione orale e nella cultura demoetnoantropologica di Molfetta gli abitanti del centro antico sono chiamati 'd'ind'alla terr', ossia abitatori nella terra, e quelli del suburbio 'de'for terr'. Il canale si è successivamente insabbiato: attualmente il tracciato canalino è occupata da Corso Dante, già via Borgo. All'interno della città intra muros insiste un sottoinsieme territoriale che costituisce una vera e propria, autonoma, cittadella episcopale: questo complesso è determinato dalla cattedrale corradiana - disabilitata come sede vescovile nel Settecento a seguito del trasferimento delle medesima funzione pastorale nella monumentale fabbrica gesuitica, extra muros -, dall'annesso palazzo residenziale del vescovo e dal primo seminario diocesano, che tra l'altro conferisce il toponimo alla cosiddetta 'Banchina Seminario', nell'Ottocento trasferitosi nel nuovo imponente edificio neoclassico, accanto alla moderna Cattedrale. L'isola di Sant'Andrea, intesa come l'originario nucleo intramuraneo di Molfetta, presenta una rara planimetria urbanistica a spinapesce.
Bibliografia e Sitografia
https://catalogo.beniculturali.it/detail/ArchitecturalOrLandscapeHeritage/1600365461
https://www.comune.molfetta.ba.it/vivere-il-comune/turismo/da-visitare/item/centro-antico
Articoli di approfondimento
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