CENNI STORICI
Nominato per la prima volta come “locus qui dicitur Rotundus” in un privilegio dell’imperatore e re di Sicilia Enrico VI di Svevia a favore del monastero monopolitano di Santo Stefano del 1195, risultava coltivato a vigneto ed uliveto e dotato di un nucleo rurale intorno alla preesistente cappella di S. Giorgio (1050), ubicata sulla sommità di un colle. I primi abitanti di Locorotondo furono dunque gli abitanti di un feudo abbaziale. L’esistenza nel 1195 di una chiesetta rurale dedicata a San Giorgio induce a pensare che il luogo fosse stato un insediamento sotto l’influenza dei bizantini in Italia meridionale, cessata nella seconda metà del secolo XI con l’arrivo dei Normanni. La primitiva chiesa di San Giorgio era ubicata sul suolo dove in seguito furono costruite le chiese di San Giorgio Martire. Nella prima metà del XIII secolo Locorotondo è ancora una grancia di Santo Stefano, ossia una modesta unità rurale guidata dai frati benedettini e da un priore o rettore che amministrava coloni e servi della gleba. Accanto alla chiesetta ci dovevano essere alcuni fabbricati con funzioni differenziate (magazzini, forno, mulino, palmento, trappeto, corti per gli animali e l’abitazione dei monaci). Divenne casale nella seconda metà del XIII secolo. Nel 1318 Locorotondo passò sotto i cavalieri Gerosolimitani, che si insediarono nel monastero benedettino di Santo Stefano di Monopoli, a causa di insanabili contrasti interni fra i frati benedettini, già agli inizi del XIV secolo. Nel 1421 il feudo passò a Maria d’Enghien e poi al figlio Giovanni Antonio Del Balzo Orsini, quindi ad Anghilberto del Balzo, conte di Ugento fino al 1486. Risalente al XV secolo è la chiesa della Greca, con rifacimento del XVI secolo commissionato dal barone Ottaviano Loffredo. Dal 1493 al 1527 fu retta dai Carafa e successivamente da due distinti baroni: Giovanni Gaspare Loffredo e Ferdinando Figueroa. Nel “Summario di Vaguer” del 1530, censimento dei beni confiscati ai baroni ribelli, è chiamato “Castello”. Il suo coinvolgimento nella rivolta determinò un forte calo demografico, mentre il territorio viene descritto come molto fertile, anche se di limitata estensione. Nel 1566 l'Università di Locorotondo acquistò dalla regia corte un vasto territorio ampliandosi di circa cinque volte e raggiungendo l'attuale estensione del territorio comunale. La riunificazione del feudo si compì nel 1592 ad opera del barone Giovanni Giacomo Borrassa, che acquistò le due parti dalla Regia Corte. In ragione dei debiti accumulati, gli eredi del Barone Borrassa alienarono il feudo che nel 1645 venne venduta a Francesco I Caracciolo, duca di Martina Franca. Il dominio dei Caracciolo, caratterizzato dopo il 1704 dalla violazione dei diritti civili dei cittadini e delle Prammatiche che ne tutelavano l'uso dei territori e delle risorse, si estinse nel 1806 con l'abolizione della feudalità. Risalgono al XVI secolo le prime notizie sulla cinta muraria, definita da un perimetro circolare con dodici torri, ancora visibili nel 1827, ma di cui oggi sono riconoscibili esigue tracce. Le odierne via Veneto e via Nardelli, congiungendo Porta Napoli con Porta nuova, segnano rispettivamente l'emiciclo settentrionale e meridionale dell'antico tracciato murario. Nel XVIII secolo sull'anello a ridosso delle mura, si concentrò lo sviluppo edilizio a saturazione dell'area urbana. La cinta muraria aveva due porte: Porta Napoli o Grande, demolita nella prima metà dell'Ottocento e trasferita in allineamento alle costruzioni prospicienti l'attuale corso XX settembre; Porta Piccola o Nuova. Da Porta Grande partiva la strada maggiore che la collegava a Porta piccola, dividendo al cinta urbana in due parti. Porta piccola ha conservato la sua collocazione originaria. In asse con Porta Napoli nel XVII fu eretto un obelisco, poi abbattuto nel XIX secolo. Il castello, originariamente collocato nell'area compresa tra via del Mercato, via Montanaro, piazza Vittorio Emanuele e piazza Dante è citato per la prima volta nel 1502. Demolito nel 1848, al suo posto venne eretta la chiesa dell'Addolorata (1855). La chiesa madre, dedicata a San Giorgio Martire, fu ricostruita tra il 1790 e il 1825 in forme neoclassiche, sul sito della chiesa risalente al 1579 ed inglobante la originaria cappella rurale del 1050, dedicata sempre a S. Giorgio. Del XVI secolo è la chiesa di S. Maria di Loreto, ubicata nell'isolato del castello, fu demolita nel 1824. Del XVII secolo sono le chiese di S. Nicola (1660), la chiesa di Santa Maria del Soccorso (1632), la chiesa dello Spirito Santo (1638) e di S. Anna dei Renna (fine ‘600). L'ospizio dei Pellegrini in via Madonna della Catena, legato al complesso ipogeico della Madonna della Catena (cappella-grotta seicentesca), sulla quale fu costruita l'ottocentesca chiesa dei SS. Medici, e la chiesa di S. Pietro d'Alcantara, poi distrutta nell'Ottocento. Neoclassica (XIX secolo) è la chiesa dell'Addolorata e la chiesa di S. Rocco, ricostruita nell'Ottocento sul sito di un impianto risalente alla seconda metà del Cinquecento. Ricordiamo inoltre Palazzo Morelli, eretto nel XVII secolo dalla famiglia Morelli e il settecentesco Palazzo Comunale, completato con la torre municipale tra il 1870 e il 1878, con l'originario orologio del campanile della cattedrale. Attualmente l'edificio è adibito a biblioteca civica.
Bibliografia e Sitografia
https://catalogo.beniculturali.it/detail/ArchitecturalOrLandscapeHeritage/1600365458
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