CENNI STORICI
Carenti le notizie sulle origini del castello. Solo una lettera inviata da Gubbio, nel gennaio 1240, dall'imperatore svevo Federico II al giustiziere di Capitanata, Riccardo di Montefuscolo, ci parla di lavori di copertura da eseguire in relazione al «castro quod apud Sanctam Mariam de Monte». Successivamente l’edificio ha assunto i ruoli di prigione e di residenza ducale. Passato attraverso varie dominazioni e proprietà di diversi signori, per lungo tempo, dopo ripetuti saccheggi e spoliazioni, è stato rifugio di pastori e di ladroni (specialmente nel secolo XVIII). Acquistato come rudere dallo Stato italiano nel 1876 per 25.000 lire, da allora è stato sottoposto a continui restauri; i più recenti ne hanno recuperato l’antico splendore.
Interpretato di volta in volta come castello di caccia, osservatorio astronomico, tempio laico costruito dal sole, modello in scala della piramide di Cheope, contenitore di enigmi e misteriosi segreti (addirittura il Graal!), e via immaginando, negli ultimi decenni ha conosciuto numerosi quanto discutibili saggi magico-esoterici. Inutile ribadire che, letto sulla base di una rigorosa metodologia storica, il castello rivela la sua natura di maniero medievale, ricco di simboli (la rappresentazione in pietra della corona ottagonale degli Svevi ne è il più evidente) e di funzioni, certamente fascinoso, ma pur sempre un castello.
L'unico documento di età federiciana pervenuto è un mandato del 29 gennaio 1240 con cui l’imperatore, da Gubbio, ordinava a Riccardo da Montefuscolo, giustiziere di Capitanata, di acquistare calce, pietre e quant’altro necessario per la costruzione del castello sito presso la chiesa di S. Maria del Monte (ormai distrutta) e di procedere con sollecitudine riguardo ai lavori.
Nonostante l’incerta interpretazione del termine latino actractum, usato da Federico II nel documento e riferibile sia a lavori di fondazione che ad un lastrico di copertura, gran parte della critica tende a ritenere che nel 1240 i lavori fossero a buon punto, almeno in relazione alla struttura architettonica, tenuto conto del fatto che non fu presumibilmente brevissimo il tempo necessario a realizzare una struttura tanto particolare e che la raffinatezza del repertorio decorativo doveva legarsi alla forte personalità del committente, morto già nel 1250.
Caduti gli svevi, Carlo d’Angiò, subentrato agli Hohenstaufen nel Regno di Sicilia, utilizzò proprio questo castello per tenervi prigionieri i nipoti di Federico II dopo la morte di Manfredi, figlio illegittimo dell’Imperatore, morto nel 1266 combattendo appunto contro gli angioini.
Passato quindi agli aragonesi ed agli spagnoli, il castello, poi annesso al ducato di Andria, dal 1552 appartenne ai Carafa, duchi di Andria e Ruvo.
Poco utilizzato se non per i periodi estivi, Castel del Monte fu preda di un progressivo abbandono per la perifericità della sua posizione.
In stato di estremo degrado, nel 1876 fu acquistato dallo Stato Italiano che avviò una lunga serie di complessi interventi di conservazione e restauro, conclusi alla metà degli anni ottanta del ‘900. Gestito dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici ed il Paesaggio delle Province di Bari e Foggia, è da tempo il monumento più visitato della Puglia.
Il numero otto e la forma ottagonale rappresentano gli elementi caratterizzanti di Castel del Monte che rappresenta un ganglio essenziale della rete castellare sveva.
Costruito direttamente su un banco roccioso, in alcuni punti ben visibile, il castello si presenta come un ottagono sui cui spigoli si innestano otto torri di uguale forma, in cui si aprono sottili feritoie, mentre le cortine murarie intermedie presentano al piano inferiore otto monofore a tutto sesto ed al primo sette bifore ed una sola trifora, rivolta verso Andria, nella parete a Nord.
Al pianterreno, lungo l’asse Est-Ovest, si aprono due portali; quello principale, in breccia corallina, è affiancato da due paraste scanalate con capitelli a crochet, a sostegno di un architrave e di un timpano spezzato di gusto classico, mentre della coppia di leoni posta in alto, di chiara eco romanica, si conserva solo il destro.
Il cortile ottagonale interno, come tutto l’edificio, è caratterizzato dal contrasto cromatico derivante dall’utilizzo di breccia corallina, pietra calcarea e marmi; un tempo erano presenti anche antiche sculture di cui restano solo la lastra raffigurante il Corteo dei cavalieri ed un Frammento di figura antropomorfa.
Tutte le sedici sale (otto per ciascun piano), a pianta trapezoidale, presentano nella campata centrale quadrata, coperta da crociera costolonata, chiavi di volta, diverse fra loro, decorate da elementi antropomorfi, zoomorfi e fitomorfi.
Tre scale a chiocciola, inserite in altrettante torri, collegano i due piani del castello; nelle altre torri sono stati ubicati i bagni e alcune cisterne per la raccolta delle acque piovane
Grandissimo interesse riveste il corredo scultoreo che, sebbene fortemente depauperato, fornisce una significativa testimonianza dell’originario apparato decorativo, un tempo caratterizzato anche dall’ampia gamma cromatica dei vari materiali impiegati, dalle tessere musive alle piastrelle maiolicate, alle paste vitree.
Particolarmente pregevoli le mensole antropomorfe ei sei telamoni, visibili in due delle torri scalari, ed un frammento del mosaico pavimentale nell’VIII Sala a piano terra.
Uno degli argomenti più discussi dagli studiosi a proposito di Castel del Monte riguarda la sua destinazione d’uso.
Sebbene privo degli elementi propri dell’architettura militare medievale, come fossato o caditoie, il castello era comunque in grado di svolgere una funzione difensiva all’interno del complesso sistema castellare realizzato da Federico II nell’ambito della riorganizzazione del Regno di Sicilia.
Castel del Monte, infatti, pur nell’ unicità della sua configurazione planimetrica e formale e nella raffinatezza del repertorio decorativo, appare maglia essenziale nel collegamento visivo e tattico tra i nuclei difensivi della costa (Castelli di Barletta, Trani, Bisceglie e torri di avvistamento) e quelli dell'interno (Castelli di Canosa, del Garagnone di Gravina, di Melfi e Lagopesole).
È tuttavia altrettanto evidente che l’edificio sia stato concepito anche per assolvere un ruolo rappresentativo e simbolico del potere imperiale, così sentito da Federico II in tutte le sue scelte politiche, giuridiche, artistiche.
La grande visibilità del castello ne faceva una vera e propria corona di pietra, capace di stupire ed insieme incutere timore e rispetto sia ai sudditi che ai nemici, evidenziando la potenza del suo committente.
Di fatto la forma ottagonale, carica di significati simbolici perché era quella della Cappella Palatina di Aquisgrana, luogo dell’incoronazione degli imperatori, della città santa di Gerusalemme, il numero otto, la coesistenza di elementi architettonici e decorativi attinti ad ambienti culturali profondamente diversi (classico, romanico, arabo, gotico) eppure armonicamente fusi, fanno davvero di Castel del Monte un edificio pressoché unico al pari di Federico II, figura carismatica per la poliedricità dei suoi interessi culturali
to di volta in volta come castello di caccia, osservatorio astronomico, tempio laico costruito dal sole, modello in scala della piramide di Cheope, contenitore di enigmi e misteriosi segreti (addirittura il Graal!), e via immaginando, negli ultimi decenni ha conosciuto numerosi quanto discutibili saggi magico-esoterici. Inutile ribadire che, letto sulla base di una rigorosa metodologia storica, il castello rivela la sua natura di maniero medievale, ricco di simboli (la rappresentazione in pietra della corona ottagonale degli Svevi ne è il più evidente) e di funzioni, certamente fascinoso, ma pur sempre un castello.
Bibliografia e Sitografia
http://www.sitiunescoadriatico.org/index.php?pg=1349
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