Trofarello (castello Vagnone)

CENNI STORICI
Le prime notizie di un semplice fortilizio risalgono al IX sec., secondo le memorie manoscritte (1769) di mons. Giacinto Amedeo Vagnone, vescovo di Alba, il quale precisava che il Castello fu fondato insieme alla Chiesa ove fu sepolto fin dal IX sec. uno dei Vagnone. La tradizione fa invece risalire al X sec. l’erezione di una roccaforte posta in posizione dominante sul colle che sovrasta l’odierno abitato di Trofarello, la cosiddetta “Cimavilla”, che costituì il primo nucleo dell’abitato. Considerata però la particolare conformazione e ubicazione del sito, non è da escludere che la roccaforte del IX o del X sec. fosse stata edificata su una preesistenza verosimilmente romana o ne fosse comunque la conseguenza, come affermano alcuni autori e analogamente a quanto si verificò per il Castello di Revigliasco e il Castelvecchio di Testona. Il Castello di Trofarello, risparmiato dall’imperatore Federico il Barbarossa e dal nipote Federico II, che lo riconfermarono ai Signori di Trofarello, seguì le vicende del tempo nella lotta fra Signorie e Vescovi, tra Chieri, Asti, Testona, Monferrato e Torino. Il possesso dell’edificio e delle sue dipendenze e terre è quindi accreditato ai Vagnone in diversi documenti del 1228. Nel 1233 questo Castello e la conseguente giurisdizione furono temporaneamente sottoposti al controllo, anche militare, del Comune di Testona- Moncalieri, prima di essere alienati al Comune di Chieri dai suoi stessi signori nel 1256. Chieri era allora in forte espansione e i Vagnone vendettero a tale potente comunità anche le loro parti di Celle, per poi riceverle unitamente a Trofarello nuovamente in feudo. Sin dal 1209, peraltro, Uberto Vagnone e Ruggero de’ Trofarello erano credendari di Testona e nel 1221 risultavano appartenere al consortile dei domini di Trofarello, insieme con Giordano e Oberto detto “Advocatus”, in quanto detentore dell’avvocatura della Chiesa di San Pietro di Celle. La città di Chieri rinnovò in ogni caso molte volte l’infeudazione dei succitati beni e terre ai Vagnone, che erano e rimasero suoi vassalli, e ancora nel 1514, quando vari membri della casata ricevettero l’investitura del feudo, dichiararono "esser suoliti per luoro porzioni prender l’investitura dalla città di Chieri". La nobile famiglia Vagnone, che tra il ‘300 e il ‘400 andava estendendo la sua signoria su molte località circonvicine, raggiunse allora il suo momento di maggior floridezza. Frattanto, il Castello di Trofarello assumeva una conformazione idonea ad assolvere alla sua funzione di controllo del territorio, rappresentativa e agricola propria del tempo, mentre l’abitato trofarellese si ingrandiva fuori cinta verso valle, a partire dal fortilizio, in direzione del tracciato viario Asti-Moncalieri, basilare nodo di comunicazione e passaggio pressoché obbligato. Il Castello nacque infatti e si ampliò nel quadro di un’economia chiusa, in cui le roccheforti sorgevano in punti strategici del territorio, come nuclei emergenti militarmente ed economicamente. Se pure sia complesso individuare con precisione quale fosse la conformazione del Castello tra XV e XVI sec., l’esame delle permanenze e delle fonti iconografiche (mappe del territorio, quasi sempre redatte per altro scopo), supportata dalle fonti d’archivio, permette di affermare che esisteva già allora una torre, riconducibile all’attuale, ubicata in prossimità di un voluminoso corpo principale di almeno due piani e di planimetria irregolare. Tale torre era in parte inglobata in fabbricati più bassi, secondo una disposizione planimetrica frutto di varie successive aggregazioni di corpi edilizi eterogenei. Interessante appare a tal proposito analizzare la mappa chierese del 1457 e quella moncalierese di circa un secolo dopo, dal cui confronto emerge che nei cento anni che separano le due raffigurazioni il borgo di Trofarello si era ingrandito, pur restando rinserrato nella cerchia di mura accanto al Castello, provvisto di torre, e alla Chiesa parrocchiale. Inoltre, nella seconda raffigurazione, il Castello pare avere assunto un aspetto più “urbano”, meno legato a funzioni difensive, e che si sia ampliato verso ovest. Anche le merlature sono scomparse. Mentre invariata resta la fitta e disordinata aggregazione delle costruzioni che compongono il borgo, caratteristica del Medioevo e protrattasi anche nella prima parte dell’era moderna. Il nucleo principale antico del Castello, situato a sud-ovest della torre e disposto con andamento irregolare da est verso nord-ovest, tuttora esistente e conformato come un corpo compatto inglobante un piccolo cortile, è plausibilmente identificabile nella costruzione in primo piano raffigurata nella stampa ottocentesca che ha per soggetto il Castello, pur con la doverosa approssimazione che il caso impone. Peraltro, la struttura angolare, posta a contrafforte poligonale, che nella stampa appare in primo piano, addossata allo spigolo nord-est del fabbricato, è compatibile con la conformazione attuale del corpo antico ancora esistente e, al pari dell’assetto dell’originario corpo nord-ovest, di cui diremo più avanti, giustifica anche la denominazione della strada posta a nord del Castello, un tempo detta via della Torretta. Riguardo poi agli eventi significativi che coinvolsero il Castello, va segnalato che da esso partirono diversi Cavalieri Gerosolimitani della famiglia Vagnone, nella quale se ne possono contare infatti almeno nove tra il 1407 (con Ludovico, ammiraglio di Rodi) e il 1560 (con Lorenzo). Il Castello di Trofarello appartenne, tra gli altri, a Giacomo Filippo Vagnone, Signore di Castelvecchio, Cavoretto e Trofarello, maggiordomo ducale, umanista e poeta, che a partire dal 1483 aveva trasformato il Castelvecchio di Testona da fortezza turrita e murata a dimora di delizie ricca di reminiscenze classiche e di “venerandae antiquitatis” d’epoca feudale e cavalleresca. Filippo Vagnone morì nel 1499 e, per espressa volontà testamentaria, tutti i suoi averi presenti nel territorio di Trofarello passarono agli “agnati”, mentre l’unica figlia, Carlota, ereditò il Castelvecchio di Testona e il luogo di Cavoretto, con tutti i beni mobili e immobili annessi. Procedendo attraverso i secoli, un’indicazione sulla struttura secentesca del Castello di Trofarello è fornita dalla bella mappa redatta nel 1604 da Carlo Cognengo di Castellamonte, su commissione del Comune di Moncalieri, per dirimere un’annosa controversia sui confini con Trofarello. Come documenta lo stralcio allegato, il nucleo castellato di Trofarello è rappresentato attorniato da viali alberati, con molta precisione e realismo, secondo una visione assonometrica. A levante c’è la Chiesa dei SS. Quirico e Giulitta, conformata a tre navate, col campanile posizionato a ridosso della navata sinistra. A sud della Chiesa compaiono bassi fabbricati, inglobati nel robusto terrapieno di protezione. Il Castello si presenta con massicci corpi continui strutturati a “C” intorno alla torre centrale, mentre due altri corpi o dipendenze si dipartono a sud, verso la valle, da cui le separa un alto dislivello, rinforzato da strutture murarie. Appena a valle, circondato da bassi fabbricati, c’è un altro fortilizio, che alcuni studiosi hanno identificato col Castello di Belforte, indicato però dalle fonti d’archivio come ubicato “presso Trufarello” e non all’interno dell’abitato. Nel XVII sec. avvennero importanti cambiamenti riguardanti il regime delle proprietà Vagnone, che coinvolsero anche il nostro castello. L’11 dicembre 1642 i Vagnone divisero infatti il consortile (dal latino consortium, «partecipazione alla stessa sorte») di Trofarello e Celle in due famiglie ed agnazioni, rispettivamente di 9 e 15 soldi delle giurisdizioni, lasciando indiviso il patronato sulla Chiesa dei SS. Quirico e Giulitta. Il consortile era un’associazione per la tutela dei beni e degli interessi di chi lo istituiva; quello di Trofarello era di natura familiare e si era formato nel XII sec., da una parte, per la sempre maggiore pressione politica a opera dei nascenti comuni, dall’altra per l’eccessivo spezzettamento dei beni investiti. Da questo momento in poi, i documenti relativi ai beni dei Vagnone riportano di frequente indicazioni inerenti a un’appartenenza comune o, appunto, in regime di consortile, la cui consistenza globale era di 24 soldi.
Bibliografia e Sitografia
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IX sec.

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Restaurato

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