CENNI STORICI
Non si conosce l'esatto periodo dell'edificazione di questa torre, ma si sa che verso la metà del 400 venne riadattata a fortezza, con finalità puramente militari, da Tristano Sforza; infatti in quel periodo la costruzione era nota come Torre di Tristano. Nel 1484 passò in mano alla dinastia dei Pallavicino, da cui prese l'attuale nome, in seguito al matrimonio tra Galeazzo Pallavicino ed Elisabetta, figlia di Tristano Sforza e di Beatrice d'Este. Il loro nome, pare, derivi da Pelavicini (deruba i vicini). Si dice infatti che i Pelavicini, poi Pallavicini, si chiamassero con quel soprannome perché erano facili ad impadronirsi dei beni altrui. Galeazzo Pallavicino dei marchesi di Busseto fu un abilissimo guerriero: venne nominato cavaliere nel 1478 ed eletto consigliere ducale nel 1483 da Gian Galeazzo Maria Sforza per essersi distinto in molte battaglie. Combatté con gli Sforza contro i francesi e poi con i francesi contro gli Sforza. Morì nel 1520 senza vedere il ritorno degli Sforza a Milano. I discendenti fecero costruire anche due oratori: uno fu fondato dal figlio Adalberto nel 1568 e fu dedicato a S. Lucia, l'altro, ultimato nel 1638, dal nipote Alessandro Galeazzo che lo dedicò alla Vergine di Loreto e lo dotò di un legato per i bisogni del culto. La linea maschile della dinastia terminò verso il 1850 con Giuseppe, il quale non ebbe discendenti: l'intero patrimonio passò così alla sorella che aveva sposato Gerolamo Barbò. Dai Pallavicino ebbero origine anche le famiglie degli Estensi, degli Obizzo, dei Massa e dei Malaspina. La torre, realizzata interamente in mattoni, è munita sui quattro lati di beccatelli sporgenti e piombatoi che ne garantivano la difesa dall'alto. La merlatura è stata inglobata dal sopralzo realizzato in epoca rinascimentale. Una passerella, originale nella sua struttura, mette in comunicazione l'antica torre di difesa con lo splendido palazzo residenziale fatto costruire nel 1550 da Adalberto Pallavicino. Il fronte principale della costruzione è caratterizzato da un portico sorretto da archi sopra i quali spiccano, scolpiti nella pietra, stemmi nobiliari, mentre sotto i portici sono affrescati quelli delle famiglie che si succedettero nel possesso della costruzione. Tutte le finestre e le porte d'accesso portano la scritta "AD.MA.PA" (Adalberto Marchese Pallavicino) a ricordo perenne del nome dell'edificatore. I locali situati nella parte originaria della roccaforte non vantano decorazioni di alcun genere mentre nelle sale del sopralzo i soffitti sono intagliati. All'interno del palazzo, al piano terreno, c'è un grande salone con la volta tutta affrescata con motivi mitologici. Al primo piano vi è invece una sala con un camino adornato con sculture di pregevole fattura. Le altre sale sono completamente affrescate e i soffitti in legno intarsiato sono di grande effetto. Alcune opere risalgono all'inizio del 1500, altre alla fine del 1700. Si tramanda che truci vicende siano avvenute tra queste mura e anche se la fantasia popolare, con il passare del tempo, ha aggiunto molto, certamente non ha costruito dal nulla. Al termine della scala che porta ai sotterranei si apriva un profondo pozzo sul fondo e sulle pareti del quale erano infisse delle lame taglienti rivolte verso l'alto. Lì dentro si poteva facilmente cadere semplicemente ponendo i piedi al di fuori di un tracciato prestabilito; un passo incauto poteva infatti rompere l'equilibrio del coperchio della botola che ruotava sopra un perno centrale. L'apertura di questo pozzo è stata chiusa soltanto durante l'ultimo conflitto mondiale.
Bibliografia e Sitografia
https://castelliere.blogspot.com/2014/06/il-castello-di-giovedi-19-giugno.html
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