CENNI STORICI
Situata tra i fiumi Lirone e Po, l'isola di Polirone possedeva un insediamento civile già in epoca romana. Qui, nell'anno 1070, il nonno della contessa Matilde di Canossa, Tedaldo, fece costruire il monastero. Al tempo esisteva già una chiesa, sulla quale confluivano le poche decine di abitanti della zona, ma fu la realizzazione del monastero a dare impulso alla crescita demografica del posto. Nel 1077 la contessa Matilde fece dono dell'abbazia a Gregorio VII, il quale la volle unire al monastero di Cluny (Borgogna). In tal modo l'abate del cenobio francese poteva nominare il responsabile di quello di Polirone. L'effetto immediato fu l'aumento delle attività di miniatura e l'edificazione di chiese e chiostri un tutta la zona. Non a caso San Benedetto Po veniva allora indicata come la “Cluny dell'Italia settentrionale”, assurgendo a riferimento per la riforma della chiesa. Guido Gonzaga, prima abate commendatario e successivamente a capo della prepositura, fece entrare l'abbazia nella neonata congregazione di Santa Giustina da Padova. Correva il 1420. L'operazione consentì al monastero di rinnovarsi architettonicamente, fino ad assumere la forma che ancor oggi si vede. Sempre nel corso del quindicesimo secolo i monaci daranno avvio ad una serie di riforme, tra cui quella agraria, e metteranno in atto opere di bonifica del territorio. Obbligheranno i coloni a consegnare loro un terzo del raccolto annuale. A partire dal 1510, l’imposizione provocò, forti tensioni fra i religiosi e gli agricoltori. All'inizio del sedicesimo secolo, la località creatasi intorno al monastero costituisce un attivissimo centro di cultura frequentato da intellettuali, teologi e filosofi di prima grandezza. È in questi anni che Gregorio Cortese commissiona al Correggio un'opera per la mensa dei monaci. A Giulio Romano affida invece il restauro e l'ingrandimento della chiesa della basilica. Decorazioni di stile classico, a tratti grottesche, vanno a dare nuova forma all'abbazia. È questo il momento di massimo splendore del luogo. Qui convergeranno Martin Lutero, il Palladio, Torquato Tasso e Giorgio Vasari. Nel 1609 il Po rompe gli argini e devasta il territorio. Analoga distruzione si ripeterà nel 1629, questa volta per mano degli eserciti stranieri che invadono San Benedetto e le aree limitrofe. Era il tempo in cui le truppe imperiali andavano alla conquista del ducato di Mantova, scegliendo come base strategica il monastero soggiornandovi per circa due anni. Lasciarono successivamente il posto ai Francesi. La loro presenza accentuò l'opera di impoverimento del luogo. Nel 1630, nel pieno dell'epidemia di peste, tentando di fermare la crisi economica, i monaci decisero di vendere il corpo della contessa Matilde di Canossa e di parte della ricca biblioteca. Una lieve ripresa ebbe luogo dal diciottesimo secolo, allorché il monastero venne controllato da Francesi ed Austriaci. Fu in particolare l'opera di due figure storiche del tempo a dare nuovo slancio alla zona: Maria Teresa andò incontro alle richieste dei coloni mettendo fine alle lotte fra monaci ed agricoltori, mentre l'abate Mauro Mauri, nel tentativo di contrastare il rischio di soppressione dell'abbazia, promosse importanti interventi tra il 1790 ed il 1796. Da ricordare la sistemazione di archivio e biblioteca e l'arricchimento della pinacoteca. Nel marzo 1797 arrivarono a San Benedetto Po le truppe di Napoleone Bonaparte che soppressero il monastero. Quasi tutto il patrimonio artistico in esso contenuto fu disperso. Si salvò quello custodito nella chiesa dell'abbazia ed i manoscritti oggi conservati alla biblioteca di Mantova.
Bibliografia e Sitografia
Articoli di approfondimento
CITTÀ
PROVINCIA
REGIONE
EPOCA
XI sec.
STATO DI CONSERVAZIONE
Buono
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