CENNI STORICI
Posto nel mezzo di una vallata a sud-est di San Severino sulla sinistra del torrente Cesolone, questa fortificazione dall'inusuale positura doveva rivestire notevole valenza strategica se è là da circa mille anni. La vicinanza del torrente e di un mulino forse ne acuiva l'importanza. Quasi in equidistanza fra gli antichi comuni di San Severino Marche (10 Km), Tolentino (4 Km), Serrapetrona (6 Km), fu da questi aspramente conteso, tanto da essere distrutto e ricostruito più volte. Il toponimo è da taluni fatto risalire all'epoca romana, Carpinianum. L'esame di ciò che resta del castello rileva anzitutto una insolita positura, quasi in contrasto con gli usuali canoni che prediligevano siti naturalmente predisposti alla difesa. E non sembra averlo questo castello vallivo, fiancheggiato da colline, che si affida per di più ad una assai modesta altura. Evidentemente la torre che colà fu eretta (perché questa è la più antica e tuttora più eminente costruzione) svolgeva compiti di controllo ed avvistamento tali da decretarne non solo il mantenimento nel corso dei secoli, ma richiedere anche radicali lavori di aggiornamento alle mutate esigenze belliche, resisi necessari al compiuto affermarsi delle armi da fuoco. Castello sanseverinese già dal XIII secolo, è oggetto di ripetute distruzioni ed infine di robusti adeguamenti e rafforzamenti nel 1471 ad opera di Pier Martino Cenci, console di San Severino. Ed il primo aggiornamento lo deve aver subito proprio la quadrata torre maestra fasciata da un basamento con evidenti scopi anti-bombarda, che non si è limitato a cingere il mastio. Infatti l'architetto ha realizzato una sorte di anomalo puntone con cui imbragare la torre in esame nei lati SE e SW e con lo spigolo orientato a NE, proprio verso la strada che superiormente fiancheggia il castello, quasi a dover deviare colpi di bombarda sparati da quella posizione. Estremamente interessante era il sistema di accesso a questa minuscola rocca, che era quindi composta dal puntone-braga (inaccessibile mediante scale permanenti) e dalla torre maestra. Si accedeva infatti ad essa per mezzo di scale e passerelle in legno poggianti su travi che venivano alloggiate in apposite buche pontaie tuttora esistenti. Issando una scala mobile poggiante sul terreno, la torre di comando rimaneva isolata. Se particolari ragioni di sicurezza o di emergenza suggerivano di evitare qualsiasi facile possibilità di scalata, le passerelle che cingevano parte del puntone basamentale venivano rimosse o rapidamente distrutte e la torre era completamente isolata, pronta alla difesa ad oltranza. Giunti al piano di calpestio della massa basamentale (battagliera), per entrare nella torre vera e propria si doveva comunque superare un ulteriore dislivello di alcuni metri. Tanto la braga a puntone che la torre erano probabilmente provvisti di apparato a sporgere al tempo dell'aggiornamento quattrocentesco, quindi di parapetto merlato e piombatoi. Nulla è però rimasto che ci possa testimoniare questo espediente architettonico che avrebbe permesso tanto la difesa piombante che quella ficcante. L'ipotesi restitutiva che proponiamo prevede tanto il descritto sistema d'ingresso che di difesa per il tramite di caditoie. è evidente (anche se non esasperata), la scarpatura della braga basamentale. La battagliera della braga serviva, oltreché per invigilare attorno e proteggere la porta del castello, anche per piazzare bombarde e artiglierie semi portatili con cui rintuzzare eventuali tiri demolitori sparati dal lato della strada. è da li, evidentemente, che si temevano più probabili attacchi. La torre si presenta cimata, forse di un terzo. Attualmente la sua altezza è di circa 25 metri. Difficile ipotizzarne l'originaria suddivisione, forse in 5 o 6 piani. Sta di fatto che due terzi dell'odierno manufatto (braga e torre) sono inaccessibili internamente. è evidente che la torre dovesse essere usufruita anche al di sotto del piano di calpestio delle camera di ingresso. Recente restauri hanno occluso ogni possibile accesso ai piani inferiori che, con tutta probabilità, dovevano condurre a vie sotterranee di fuga qualora, in caso di assedio, la torre non potesse più essere difesa o dovesse essere rifornita. Ma il castello disponeva di una cinta muraria, di torri e di una porta di ingresso.
Bibliografia e Sitografia
Articoli di approfondimento
CITTÀ
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EPOCA
XIII sec.
STATO DI CONSERVAZIONE
Rudere
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