CENNI STORICI
«Di Rionero abbiamo notizie sicure almeno dal 1039 quando, subito dopo la morte dell’imperatore Corrado, fu usurpata dai Borrello che in quell’occasione, come racconta la Cronaca del Monastero di S. Vincenzo, si dimostrarono di una ferocia che non si vedeva dal tempo dell’eccidio saraceno dell’881. … Durante il dominio normanno, fu data in feudo ad alcuni signori del luogo e alla metà del XII secolo a Oderisio de Rigo Nigro che lo tenne insieme ad una parte di Montenero, Fara e Civitavecchia che complessivamente valevano una rendita che lo obbligava a sostenere due militi nell’esercito. Oderisio teneva anche i feudi di Collalto e Castiglione che oggi sono frazioni poco abitate di Rionero, mentre Montalto apparteneva in quel tempo a Berardo figlio di Ottone. Dopo aver fatto parte delle terre di S. Vincenzo nulla si conosce dei primi feudatari non ecclesiastici. Dal XIV secolo fu concesso ai Carafa. Sicuramente già dal 1381 Andrea l’ebbe in possesso con altri paesi del circondario ed ai Carafa sono da attribuire le opere più significative fatte nel tempo. ... Rionero è un paese che sembra aver perso il disegno del suo impianto urbano per una serie di modificazioni che in qualche modo rendono difficile capire la logica delle sue trasformazioni. Il Castello evidentemente nasce da una esigenza strategica di controllare uno dei passi fondamentali tra la valle tirrenica del Volturno e quella contigua adriatica del Sangro. Ha un impianto piuttosto semplice che sembra generato da una originaria torre quadrata che aveva la funzione di mastio di protezione ad una modesta articolazione di ambienti attorno ad una piccola corte interna. Del mastio rimane la struttura originaria che ancora tiene nella sua parte interrata un cisterna che raccoglieva con un sistema di canalizzazioni tutte le acque meteoriche. I vari livelli sono ancora collegati da una pregevole, per quanto semplice, scala elicoidale tutta in pietra che molto probabilmente fu realizzata quando il maschio fu trasformato in una sorta di ingresso secondario con l’apertura di una porta a diretto contatto con lo spazio pubblico esterno. L’ingresso principale doveva coincidere con quella gradonata che ancora sopravvive sul lato orientale e che permetteva di raggiungere direttamente il livello superiore del complesso. Un grande ambiente parzialmente sotterraneo, con una volta a tutto sesto, permette di ipotizzare che al piano superiore si sviluppasse un salone che ebbe bisogno di un intervento di consolidamento mediante l’inserimento di due belle colonne che, essendo fin troppo raffinate per un ambiente sotterraneo, sembrano essere state prelevate da un altro luogo per essere utilizzate semplicemente come provvisorio sostegno della volta pericolante. Ormai tutto è crollato, ma le parti sopravvissute sono costituite da elementi che comunque dovrebbero sollecitare un intervento di restauro che permetta di recuperare il senso delle sua storia».
Bibliografia e Sitografia
https://myexperiencemolise.it/it-it/POI/i/53/Palazzo-Ducale
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