CENNI STORICI
Lendinara era sicuramente abitato già al tempo dei Romani. Lo attestano numerose lapidi, monete ed urne cinerarie ritrovate sul territorio. Il nome della cittadina polesana deriverebbe dai celti, dai germani o dai veneti. “Lendenaria” compare come toponimo per la prima volta nell'anno 944 in un documento a firma del pontefice di Adria Marino II. Secondo altre notizie invece, nell'870 fu Uberto Cattaneo da Verona a giungere qui. I feudatari Cattaneo, conosciuti anche come i “Lendinara”, possedevano svariati territori, tra cui i feudi di Caldiero, Villafranca di Verona, Zevio ed Angiari. Per circa quattrocento anni Lendinara fu legata ai Cattaneo assurgendo ad un feudo staccato da quelli polesani, che appartenevano agli Estensi od ai vescovi.
Nell'undicesimo secolo Lendinara, secondo il cronista del tempo Muratori, era “illustre Castello, arricchito di molte fabbriche e torri, colta popolazione”. Il castello sorgeva a sinistra dell'Adige, poi qui chiamato “Adigetto”, e difeso sugli altri tre lati dalle mura entro le quali esistevano l'abitato, il palazzo signorile e il tribunale (“Casa dove si rendeva giustizia”). All'esterno della fortificazione sorgevano la chiesa di Santa Sofia e, oltre l'Adige, la chiesa ed il convento di San Biagio.
Fu intorno a questi edifici religiosi che si formarono le strade e le abitazioni, conferendo a Lendinara uno sviluppo veloce e consistente. Un podestà risiedeva qui già dall'anno 1225. La dissoluzione dei Cattaneo avvenne per vari motivi: il passaggio delle proprietà da Nicolò e Alberico, torturati da Ezzelino da Romano, ai Sambonifacio nel 1247; il trasferimento di quote di Azzo Cattaneo al genero Badoero Badoer nel 1268; il passaggio di quote feudali della giurisdizione agli Estensi e al Comune di Padova. Nel 1294 Padova ottenne Lendinara ed altre terre lungo l’Adige. Da allora i padovani inviarono propri podestà a Lendinara, tra cui il letterato Albertino Mussato. I Cattaneo, nonostante avessero ceduto la giurisdizione, conservano ancora importanti diritti feudali, avendone investitura dagli stessi Estensi e dai vescovi di Adria.
Dopo la momentanea conquista di Francesco da Carrara nel 1390, Alberto d'Este eresse nuove difese e spianò le mura, che erano diventate inutili in quanto gli eserciti erano ormai dotati di artiglieria. Lendinara fu quindi circondata da una fossa d'acqua molto profonda e difesa nell'interno da terrapieni, bastioni e da una fittissima palizzata. Quest'opera racchiuse nel castello anche la parte di San Biagio, oltre l'Adigetto. Fu lì che venne eretta la rocca. Si suppone che l'accesso al castello avvenisse attraverso le tre porte turrite (una quarta non aveva accessi) che si fronteggiavano attraverso il fiume. Due di esse si ergevano presso l'attuale piazza comunale e le altre due alle “Porte di sopra”. A fianco della torre senza porta fu costruito un portello guardante al canale, tutt'oggi esistente e detto Arco del Castel Trivellin. Al centro del paese sorse invece il palazzo Estense, protetto da una torre. Al tramonto le porte venivano sprangate mentre tra le due torri, a monte e a valle di Lendinara, dove scorreva la fossa, l'Adigetto veniva sbarrato con catene per impedire il passaggio e per obbligare le barche in transito, o dirette al mercato, a pagare il dazio.
Lendinara fu ceduta nel 1395 a Venezia. I signori di Ferrara la riebbero nel 1438. Numerose famiglie nobili, cacciate da Verona, Firenze e Bergamo, trovarono qui un lungo periodo di serenità. Sotto la guida illuminata dei Signori Nicolò, Lionello, Borso ed Ercole d’Este, Lendinara fu attraversata anche dalla corrente dell'umanesimo e visse il periodo più felice della sua storia. Il rinascimento trova qui testimonianza nelle figure del pittore Sebastiano Filippi e degli intarsiatori di legno Canozi.
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XIV sec.
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