CENNI STORICI
«Dal Chronicon Volturnense abbiamo notizia della fondazione del castello di Colli nell'anno 962 da parte dell'abate Paoloche congedeva in affitto ventinovennale (atto livellare) le terre poste nell'agro di Colli allora denominate "Ad Sanctum Angelum". Contemporaneamente a Colli, l'abate fondava i nuclei di Fornelli (Vandra) e di Valleporcina (Vadu Transpandinu), anch'essi abitati dalle tribù longobarde del VI secolo. Ai coloni veniva ordinato di costruire un castello con case dove poter comodamente risiedere ed esercitare le attività agricole e pastorali nei contermini di esso. I coloni erano tenuti a pagare al monastero un censuo annuo di un moggio di grano ed uno di orzo per ogni casa ivi costruita, una "tractoria" di vino per ogni vigna piantata e un maiale su undici ivi nutrito. All'organizzazione sociale della comunità castellana di Colli, venne affiancata anche quella "spirituale" attraverso l'erezione della "Ecclesia" all'interno del castello con a capo un "Allo presbiter", primo parroco della serie arcipretale di Colli. Un documento del Chronicon Volturnense dell'anno 981 ricorda la presenza della chiesa eretta all'interno del castello di Colli come pure l'esistenza di mulini, pascoli, boschi, vigne e sorgenti di acque e numerosi torrenti dove si praticava la pesca. Per le peculiarità dell'agro Collese e per i numerosi prodotti agricoli che da esso si traevano, nell'anno 988 l'abate Roffredo di San Vincenzo dedusse nuove colonie nel castello di Colli che nel relativo atto di locazione veniva esplicitamente ricordato di essere già stato edificato. A pochi anni dalla fondazione del castello, la primitiva comunità collese dovette affrontare le ostilità che i titolari laici delle conteee limitrofe arrecavano continuamente ai castelli edificati dagli abati volturnensi, in seguito alla riorganizzazione del patrimonio fondiario della Terra Sancti Vincentii.
Il Chronicon Volturnense ci informa che nell'anno 981 il conte Landolfo Greco di Isernia si impossessò illegalmente del castello di Colli e della sua "Ecclesia", intesa qui come parrocchia. La stessa violenza il conte la estendeva contemporaneamente sui castelli e sulle chiese di Fornelli e di Valleporcina, località che con il territorio collese formavano una continuità territoriale sulla linea di confinazione che divideva i possedimenti monastici di San Vincenzo da quelli della contea di Isernia. A causa di questa vicinanza territoriale, Landolfo Greco asseriva che i tre castelli erano ubicati all'interno della sua contea per cui gli riuscì facila sottrarli al monastero di San Vincenzo che gli aveva ereditati dalle donazioni principesche dei Duchi longobardi di Benevento. Solo l'intervento dell'imperatore Ottone II, dietro le proteste dell'abate Giovanni III, valse a risolvere la vertenza tra i due titolari che si concluse a favore dell'abate Giovanni, Landolfo Greco, da parte sua, giurava non solo di restituire i castelli che aveva usurpato, impegnava, mediante una promessa scritta, a non molestare più in avvenire i legittimi proprietari. Dopo queste vicende non tardarono a ripetersi atti di usurpazione. Le ostilità più disastrose furono apportate ai castelli volturnensi dai Borrello, provenienti dalle vicine terre d'Abruzzo e qualificati dal Chronicon Volturnense come "sacrilegos tyrannos". Questi si impossessarono del castello di Colli intorno all'anno 1050, tuttavia l'intervento del papa Nicola II convinse i Borrello a restituire i castelli usurpati al monastero volturnense. Con l'avvento della dominazione angioina il castello di Colli passò ad essere amministrato da alcuni "milites" i quali erano tenuti a pagare un censuo annuo alla badia di San Vincenzo. A questi periodi di lotte si aggiunsero anche calamità naturali. Un violento terremoto avvenuto nell'anno 1349 e la peste dell'anno successivo distrusse e resedisabitato il castello di Colli e le terre fino ad allora abitate di Valleporcina e di San Paolo. ...».
«Dal Chronicon Volturnense abbiamo notizia della fondazione del castello di Colli nell'anno 962 da parte dell'abate Paoloche congedeva in affitto ventinovennale (atto livellare) le terre poste nell'agro di Colli allora denominate "Ad Sanctum Angelum". Contemporaneamente a Colli, l'abate fondava i nuclei di Fornelli (Vandra) e di Valleporcina (Vadu Transpandinu), anch'essi abitati dalle tribù longobarde del VI secolo. Ai coloni veniva ordinato di costruire un castello con case dove poter comodamente risiedere ed esercitare le attività agricole e pastorali nei contermini di esso. I coloni erano tenuti a pagare al monastero un censuo annuo di un moggio di grano ed uno di orzo per ogni casa ivi costruita, una "tractoria" di vino per ogni vigna piantata e un maiale su undici ivi nutrito. All'organizzazione sociale della comunità castellana di Colli, venne affiancata anche quella "spirituale" attraverso l'erezione della "Ecclesia" all'interno del castello con a capo un "Allo presbiter", primo parroco della serie arcipretale di Colli. Un documento del Chronicon Volturnense dell'anno 981 ricorda la presenza della chiesa eretta all'interno del castello di Colli come pure l'esistenza di mulini, pascoli, boschi, vigne e sorgenti di acque e numerosi torrenti dove si praticava la pesca. Per le peculiarità dell'agro Collese e per i numerosi prodotti agricoli che da esso si traevano, nell'anno 988 l'abate Roffredo di San Vincenzo dedusse nuove colonie nel castello di Colli che nel relativo atto di locazione veniva esplicitamente ricordato di essere già stato edificato. A pochi anni dalla fondazione del castello, la primitiva comunità collese dovette affrontare le ostilità che i titolari laici delle conteee limitrofe arrecavano continuamente ai castelli edificati dagli abati volturnensi, in seguito alla riorganizzazione del patrimonio fondiario della Terra Sancti Vincentii.
Il Chronicon Volturnense ci informa che nell'anno 981 il conte Landolfo Greco di Isernia si impossessò illegalmente del castello di Colli e della sua "Ecclesia", intesa qui come parrocchia. La stessa violenza il conte la estendeva contemporaneamente sui castelli e sulle chiese di Fornelli e di Valleporcina, località che con il territorio collese formavano una continuità territoriale sulla linea di confinazione che divideva i possedimenti monastici di San Vincenzo da quelli della contea di Isernia. A causa di questa vicinanza territoriale, Landolfo Greco asseriva che i tre castelli erano ubicati all'interno della sua contea per cui gli riuscì facila sottrarli al monastero di San Vincenzo che gli aveva ereditati dalle donazioni principesche dei Duchi longobardi di Benevento. Solo l'intervento dell'imperatore Ottone II, dietro le proteste dell'abate Giovanni III, valse a risolvere la vertenza tra i due titolari che si concluse a favore dell'abate Giovanni, Landolfo Greco, da parte sua, giurava non solo di restituire i castelli che aveva usurpato, impegnava, mediante una promessa scritta, a non molestare più in avvenire i legittimi proprietari. Dopo queste vicende non tardarono a ripetersi atti di usurpazione. Le ostilità più disastrose furono apportate ai castelli volturnensi dai Borrello, provenienti dalle vicine terre d'Abruzzo e qualificati dal Chronicon Volturnense come "sacrilegos tyrannos". Questi si impossessarono del castello di Colli intorno all'anno 1050, tuttavia l'intervento del papa Nicola II convinse i Borrello a restituire i castelli usurpati al monastero volturnense. Con l'avvento della dominazione angioina il castello di Colli passò ad essere amministrato da alcuni "milites" i quali erano tenuti a pagare un censuo annuo alla badia di San Vincenzo. A questi periodi di lotte si aggiunsero anche calamità naturali. Un violento terremoto avvenuto nell'anno 1349 e la peste dell'anno successivo distrusse e resedisabitato il castello di Colli e le terre fino ad allora abitate di Valleporcina e di San Paolo. ...».
Bibliografia e Sitografia
https://www.visitmolise.eu/scheda-localita/-/d/dms/1563289/colli-a-volturno
Articoli di approfondimento
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X sec.
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