Padova (torrione della Gatta o di Codalunga)

CENNI STORICI

Detto anche bastione di Codalunga (Coalonga), dall'omonimo quartiere della città medievale, acquisì il nome con cui è oggi meglio conosciuto durante l'assedio di Padova Gatta ad opera dell'esercito dell'imperatore Massimiliano nel 1509, nel corso della guerra della Lega di Cambrai contro Venezia, quando i difensori appesero in cima a un'asta un drappo che avrebbe dovuto raffigurare il leone di San Marco, ma che, malriuscito, venne beffardamente additato da tutti come una gatta. Tale drappo venne rubato una notte da un soldato spagnolo, che ricevette da Massimiliano un dono di cento scudi e la possibilità per i suoi connazionali di tentare per primi l'attacco (il 26 settembre): cosa ambita, vista la ricompensa di 10.000 scudi d'oro promessa dal cardinale Ippolito d'Este, per conto del Papa, alla nazione che per prima si fosse impadronita del bastione. Opera del maestro dell'arsenale Nicolò Pasqualigo, e realizzato in gran fretta nell'estate che precedette l'assedio, inizialmente il bastione (con un diametro di 50 m) si innestava su una cortina costituita da un terrapieno compreso fra due palizzate, rinforzato da un'ulteriore palizzata interna mediana. Di fronte si trovava un fosso riempito dall'acqua delle risorgive che si manifestavano appena scavato un metro in profondità, impedendo così agli assedianti lo scavo di gallerie. Contro il bastione furono orientati sei grossi mortai e un grande cannone a lunga gittata; gli furono sparati contro circa 1500 proiettili nella sola giornata del 26 settembre 1509, che lo demolirono quasi completamente. I difensori, tutti cittadini padovani, erano comandati dal capitano Citolo da Perugia e dal suo aiutante Bernardino da Parma. Il 26 settembre gli spagnoli sferrarono l'assalto e riuscirono a occupare la fortificazione; tuttavia Citolo aveva costruito al centro della piazza d'armi del bastione una polveriera e l'aveva riempita di esplosivo, così da poterla far saltare in caso di pericolo, proprio come fece in questo frangente. Migliaia di nemici saltarono in aria e una sortita dei padovani mise in fuga i restanti assedianti.

I giorni 28 e 29 settembre le truppe imperiali attaccarono nuovamente in massa, con l'ausilio dei contingenti che fino ad allora avevano badato ad accerchiare la città, sperando che i difensori non potessero più sfruttare il bastione ormai gravemente danneggiato. I padovani invece resistettero e inflissero pesanti perdite al nemico, riuscendo a distruggere anche gli ultimi grandi mortai rimasti. Fallì anche il tentativo di Massimiliano di deviare il Bacchiglione a Limena: i suoi uomini furono fatti prigionieri e gli ufficiali impiccati sul bastione della Gatta. È importante chiarire che il bastione della Gatta che oggi vediamo, così come il resto della muraglia veneziana, non è quello che fu direttamente coinvolto nell'assedio del 1509, bensì la sua ricostruzione degli anni immediatamente seguenti. L'attuale bastione sorse leggermente più a sud rispetto alla posizione iniziale e a tale scopo si dovette abbattere la chiesa della Trinità, interna alla porta medievale di Codalunga. Iniziata nel 1510, l'opera si concluse nel 1514 secondo il disegno di Bartolomeo d'Alviano. Solo nel 1523, terminati i lavori di ampliamento, vennero affisse le armi del podestà Leonardo Emo e del capitano Francesco Donato. Il torrione ha un diametro di 54 m e le cannoniere sono oggi sepolte dal riempimento della fossa; sono ancora visibili le due «gatte» inserite nella cortina, di cui una con scudo e leone e l'altra con un topo tra le zampe. Originariamente tali sculture non erano visibili da vicino come oggi, poiché il bastione era circondato da un ampio e profondo fossato che fu interrato a metà Ottocento per la realizzazione dell'attuale viale. La maggior parte della struttura del bastione è quindi oggi sepolta.

Bibliografia e Sitografia

http://www.muradipadova.it/lic/le-mura-rinascimentali/i-bastioni/bastione-della-gatta.html

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XIII sec.

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