CENNI STORICI
«Palazzo Farnese si trova nel cuore della città, subito dopo il Ponte del Duomo che conduce a Piazza S. Lorenzo. L’origine del palazzo è legata alla famiglia dei Tignosi mentre il nome alla potente famiglia Farnese, che se ne impossessò in occasione degli stretti rapporti intercorsi tra questa e Viterbo, quando nel 1431 Ranuccio Farnese venne incaricato di difendere la città dagli attacchi di Fortebraccio e Giacomo Di Vico. La tradizione, non suffragata in realtà da documenti attendibili, vuole che qui sia nato Alessandro, prima potente cardinale poi asceso al soglio pontificio con il nome di Paolo III, ricordato in molte fonti come “cittadino viterbese”, che probabilmente vi abitò con Giulia, bella ed influente sorella. I Farnese abbandonarono il palazzo durante il pontificato di Paolo III e nel 1561 l’edificio passò nelle mani di Ludovico Chigi che fece elevare un muro ed una sorta di tramezzo sulla facciata rivolta su via San Lorenzo. Per le caratteristiche architettoniche del portone d’ingresso e del cortile interno, la fondazione di Palazzo Farnese può essere collocata cronologicamente nella seconda metà del XIII secolo caratterizzata dalla presenza del profferlo, tipica scala d’accesso, assai frequente nell’edilizia civile del quartiere San Pellegrino. La facciata mostra la contrapposizione tra lo stile gotico delle bifore del primo livello e quello romanico del secondo, caratterizzato da finestre con arco a tutto sesto finemente traforate che manifestano un tardo richiamo all’architettura duecentesca. L’abbassamento del davanzale di queste ultime alterò l’originaria articolazione della facciata mentre le bifore, sottoposte anch’esse ad una serie di manomissioni, vennero ripristinate nel loro aspetto originale nel 1925. La balaustra della facciata, sorretta da un’alta colonna in legno, presenta forme piuttosto originali rispetto al gusto architettonico viterbese, dove le balconate sono esclusivamente in peperino, con arcate in muratura. Curiosità. Dal ponte, di fronte al palazzo, è visibile l’unica superstite delle quindici torri che svettavano sul colle del Duomo, la Torre di Messer Braimando, influente cittadino viterbese del XIII secolo. Essendo la torre, alla fine del Quattrocento, in pessime condizioni, i proprietari chiesero ai magistrati l’autorizzazione di abbatterla perché pericolante. Rosato di Matteo e Galeotto Gatti si opposero fermamente a tal punto che il primo volle specificare nelle Riforme che a nessuno sarebbe stato lecito demolire “quelle torri ove sembrano racchiuse la forza e la nobiltà di Viterbo”».
Bibliografia e Sitografia
http://www.provincia.vt.it/turismo/SchedeDett.asp?Id=52
Articoli di approfondimento
CITTÀ
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REGIONE
EPOCA
XVI sec.
STATO DI CONSERVAZIONE
Buono
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