CENNI STORICI
Sul finire del Quattrocento, il castrum S. Stephani aveva acquistato quell'assetto topografico che, nel centro storico, è rimasto sostanzialmente immutato fino ai nostri giorni.
Le turbolenze che durante questo secolo si abbatterono sul Basso Lazio per gli spostamenti delle compagnie di ventura, la prevalente anarchia nelle cose temporali della Chiesa e lo sfaldamento della signoria dei conti di Ceccano costrinsero i comuni rurali della valle dell'Amaseno a prendere nelle proprie mani gli affari politici ed in particolare a provvedere alla difesa delle popolazioni restaurando le mura castellane e rafforzando le opere difensive, nonché ad armare la cittadinanza per far fronte alle eventualità.
Il perimetro delle mura è abbastanza riconoscibile a chi ne ricerchi le vestigia dietro i disfacimenti, le aggiunte ed i rifacimenti degli ultimi secoli. Il punto chiave della difesa fu e rimase a lungo la rocca ceccanense che occupava l'area del fabbricato conosciuto oggi come il Palazzo del marchese o Palazzo incantato. La rocca, o castello, aveva poi perduta la sua importanza con la costruzione difensiva della Porta, ed era stata abbandonata e lasciata rovinare; ma rimase in parte abitata, anche se fatiscente, fino al 1753 . Fu nella seconda metà del Settecento che Giacomo Jorio, di Marcantonio, uomo di certe pretese il quale fu per un breve periodo fattore aggiunto dei Colonna, acquistò la vecchia fabbrica e la trasformò in un bel palazzo nello stile di quel tempo, aprendone gl'ingressi dalla parte della montagna e proteggendone l'accesso con una casamatta dalla parte della chiesa di S. Sebastiano, dove nella pietra chiave dell'arco del portone è ancora visibile il blasone di questo signorotto con le sue iniziali ai lati di una colonna inghirlandata e la data 1787. Il palazzo era a due piani con gli ambienti di servizio al piano terra; la sua linea elegante venne deturpata da una sopraelevazione a blocchi di tufo fatta fare dalla famiglia Popolla che acquistò l'edificio all'inizio dell'Ottocento.
Il castello sorgeva sull'orlo dello sprofondo di Vallaréa in posizione molto forte, con l'entrata all'interno dell'abitato; dell'antica struttura rimane solo una mezza torre incastrata nell'edificio rifatto e che una volta faceva da perno a quella parte della cinta muraria che scendeva lungo la scarpata di Vallaréa.
Dalla torre di Vallaréa il muro esterno del castello arrivava vicino alla chiesa di S. Sebastiano — sorta come cappella della guarnigione — dove un'altra torre, scomparsa, ancorava il tratto di mura che si collegava con la Porta formando una massiccia opera di difesa, le cui disposizioni interne sono ancora reperibili nei passaggi, sottoportici, andirivieni e scalette dei casamenti lungo l'odierna via della Rocca; il profilo di queste costruzioni è individuabile tuttora nella linea dei tetti osservata da piazza Umberto. Non sono chiare le ragioni che indussero il popolo a designare come Palazzo del marchese o Palazzo incantato il rifatto castello ceccanese. In base ai documenti disponibili non risulta esservi mai stato alcuno in S. Stefano che portò il titolo di marchese, almeno che non vi abbia avuta residenza il marchese Ercolani quando era preposto alle finanze della Delegazione di Frosinone. ASF B/1132, 1816. Non da scartare l'ipotesi che l'appellativo abbia avuto origine nelle velleità nobiliari di Giacomo Jorio, o fors'anche da una eventuale residenza nel fabbricato verso la fine dell'Ottocento di un Giovanni Jorio soprannominato Marchese. L'appellativo «incantato» potrebbe essere derivato dalle varie apparizioni di spiriti che la tradizione popolare vi aveva localizzate. |
Bibliografia e Sitografia
http://www.villasantostefano.com/villass/palazzo_marchese/index.htm
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