Ciciliano (castello Theodoli)

CENNI STORICI

«Pur essendo impossibile stabilire se l’odierno fortilizio di Ciciliano abbia avuto in eredità qualche struttura muraria di una più antica roccaforte difensiva, è fuori dubbio che esso ha mantenuto nei secoli, posto com’è in posizione di assoluto predominio sull’incontro delle tre valli (Giovenzano, Empolitana, Fiumicino) tra i monti Ruffi, Tiburtini e Prenestini, un’importanza davvero strategica. In epoca medioevale esso non doveva essere più una roccaforte, strenuamente mantenuta tra i vasti possedimenti in proprietà dell’Abbazia sublacense di Santa Scolastica, che probabilmente lo ricostruì dopo le devastazioni saracene del IX secolo. Le vicende storiche che si succedono dal XII al XVI secolo vedono i passaggi di proprietà di Ciciliano e del suo Castello alla Santa Sede e da questa di nuovo all’Abbazia di Subiaco e quindi, a più riprese, alla famiglia Colonna dalla fine del XIV secolo alla seconda metà del XVI, brevemente al nipote di Alessandro VI Giovanni Borgia, poi di nuovo ai Colonna che lo vendettero per debiti al principe Domenico Massimo (1563), il quale un decennio dopo (1576) lo cedette per 20.000 scudi romani a monsignor Gerolamo Theodoli, vescovo di Cadice. Ai discendenti diretti di quest’ultimo ancora appartiene. Da questo quadro è possibile ipotizzare che dovette spettare ai Colonna il merito di aver per primi provveduto ad una sistemazione architettonica a scopo difensivo del fortilizio, adottando una tipologia, quella del corpo quadrato centrale e dei quattro bastioni angolari, che nel corso del XV secolo si andava diffondendo un po’ dappertutto. L’unica torre cilindrica, aggiunta per ultima, sembrerebbe indicare poi senz’altro un avanzamento del gusto, dato il lasso di tempo non certo breve in cui venne condotta la costruzione. Notevoli modifiche e aggiunte funzionali si ebbero nel XVIII secolo con l’architetto Gerolamo Theodoli, a cominciare dalle due rampe di accesso ad esedra che raccordano il castello al borgo sottostante, per continuare con il rinforzo delle fondamenta e il restauro delle quattro torri con merlatura guelfa. L’edificio mantenne comunque una funzione eminentemente difensiva. È probabile, infatti, che i locali sotterranei adibiti a carcere risalgano ad un periodo precedente, forse già alla fine del XVI secolo quando Theodolo Theodoli, con l’approvazione di uno statuto (1579), tra i più avanzati per l’epoca, regolamentò anche l’amministrazione della giustizia. La struttura muraria è in pietrame mal squadrato con inserti in mattoni; al centro della costruzione si apre una corte rettangolare completamente chiusa, attorno alla quale si affacciano le stanze nobiliari, in numero cospicuo; questa pianta a “U”, abbastanza precoce, anticipa soluzioni utilizzate in seguito per i palazzi residenziali. Sono presenti anche due piccoli giardini pensili circondati dai camminamenti di ronda. I restauri condotti a partire dal 1913, ad opera di un altro architetto di casa Theodoli, Francesco Maria, riguardarono, inoltre, la sistemazione interna degli ambienti e la ridefinizione strutturale della balaustra, delle rampe d’accesso e del coronamento».

Bibliografia e Sitografia

https://castelliere.blogspot.com/2013/09/il-castello-di-sabato-21-settembre.html

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