Castel Madama (castello di Empiglione)

CENNI STORICI

«...Per tutta l’epoca romana il luogo dove oggi sorge il borgo di Empiglione rimase un sobborgo rurale di Tivoli chiamato Massa Apollonia e debolmente popolato dove nella tarda antichità venne costruito un mulino sfruttando l’unico tratto del corso del torrente omonimo in cui il greto è stretto abbastanza da poter essere facilmente sbarrato. Intorno al mulino formò una piccola comunità rurale della quale nulla sappiamo. Probabilmente raso al suolo dagli arabi nel corso del IX secolo insieme con Tivoli, il borgo cambiò nome in Empiglione e venne rapidamente ripopolato tanto che risulta essere stato un fundus – terreno coltivato – nel 936, una massa nel 958, un casale – probabilmente una torre cinta da una palizzata – nel 967 ed infine un castellum nel 973. La nascita del primo nucleo della fortezza dipese probabilmente dall’endemico stato di guerra protrattosi per tutto il X secolo fra il vescovo di Tivoli – che allora esercitava anche il potere laico sulla città – ed il monastero di Subiaco, che possedette Empiglione a partire dal 939 e fino al 1125, di cui rappresentava il territorio più vicino al nemico. L’insicurezza sembra abbia spinto gli abitanti dei dintorni, che prima vivevano dispersi sul territorio, ad agglutinarsi in un unico centro abitato sorto nei pressi del mulino già esistente oltretutto ubicato in una contrada ricca d’acqua e vicina ai campi coltivati. Malgrado gli innegabili vantaggi del luogo, il castello ed il borgo che lo circondava per contro erano anche difficili da difendere in caso di attacchi militari da parte dei vicini tiburtini perché adagiati lungo il fianco morbido e privo di difese naturali di una insignificante collinetta. Poiché l’edificazione di una cinta muraria ben fortificata era un’impresa assai costosa a quei tempi, costruire i centri abitati in luoghi difesi almeno parzialmente da ostacoli naturali insormontabili rispondeva ad un’esigenza innanzitutto economica perché limitando la porzione del perimetro della fortificazione effettivamente esposta all’attacco nemico, che era l’unica a dover essere davvero invalicabile, si riducevano i costi di costruzione della struttura. Allo stesso tempo, una fortificazione protetta da difese naturali impossibili da superare era più semplice da sorvegliare per chi la occupava poiché in caso di attacco era prevedibile la provenienza degli assalitori e questo rendeva difficile riuscire ad occuparla sfruttando la sorpresa. Poiché poi il numero di soldati necessari a respingere un assalto nemico dipendeva dall’ampiezza della porzione del suo perimetro oggetto dell’attacco, un castello protetto dalla natura richiedeva un minor numero di soldati per essere difeso perché l’azione ostile doveva per forza concentrarsi sulla sua sola parte raggiungibile dall’esterno. In un’epoca turbolenta in cui la sicurezza era un requisito indispensabile per qualunque centro abitato, questa sua caratteristica finì col favorire il vicino borgo di Castel Sant’Angelo – oggi Castel Madama – fondato intorno al 1030 sulla cima della collina soprastante il fosso dell’Empiglione in un luogo difeso per tre lati su quattro da un dirupo e perciò facile da difendere anche se lontano dai campi coltivati.

Dopo essere conquistato e raso al suolo dai Tiburtini durante il pontificato di Onorio II probabilmente nel 1125, Empiglione rimase per il successivo secolo e mezzo un tenimentum agricolo dato in gestione alla famiglia Orsini ed assoggettato al comune di Tivoli. In un atto del 1275 Empiglione era descritto come un castellarium, termine che designava una struttura fortificata in stato di abbandono e per questo non utilizzabile come difesa militare, mentre all’inizio del secolo seguente è citato come un castellum in piena efficienza nuovamente abitato a partire dal 1279 e di proprietà della famiglia Orsini. Fra gli ultimi anni del XIII secolo ed i primi del XIV, il castello raggiunse la forma ancora attuale che è testimoniata da un atto del 1307. Il castello venne poi abbandonato probabilmente un secolo dopo, all’inizio del XV, poiché il generale progresso nel livello di sicurezza delle campagne e la vicinanza con Tivoli e Castel Madama lo rese inutile sul piano militare. Sopravvisse invece il piccolo borgo rurale sorto intorno al mulino e lungo il corso del torrente che, sebbene in parte abbandonato, si presenta ancora in discreto stato di conservazione.

Il reperto più interessante presente ad Empiglione è senza dubbio il suo castello. Aveva pianta rettangolare e misurava circa settanta metri per cinquanta, dimensioni di tutto rispetto per i tempi che lo rendevano molto più vasto di Saccomuro, Vallebona o di Castiglione di Cottanello e circa doppio per superficie rispetto a Rocchettine ed a Stazzano che di contro si sono conservati in condizioni assai migliori. Era fornito di una singola porta, ancora visibile malgrado sia in cattivo stato di conservazione, lungo il suo lato nord occidentale, l’unico che si sia conservato, curiosamente priva di contrafforti ed affacciata sul lato delle mura opposto a quello parallelo al corso del torrente Empiglione e rivolta quindi verso il fianco della valle. Della fortificazione medievale, oggi in rovina, di proprietà privata ed accessibile solo scavalcando una recinzione, restano pochi ruderi utilizzati da un contadino come depositi agricoli ed oltretutto sottoposti in epoca recente ad un pesante intervento di restauro effettuato aggiungendo solette e rinforzi in cemento armato alla struttura in pietra originale. Del manufatto originario sono ancora chiaramente distinguibili il mastio e le tre torri a pianta rettangolare che si ergevano lungo il lato occidentale del suo perimetro e la porzione del muro di cinta compresa fra questi. Nulla si è conservato, invece, del lato orientale. Sicuramente costruito in più fasi, come facilmente provato dall’alternarsi nelle mura di strati costruiti con differenti tecniche murarie, nel suo nucleo più antico – comprendente almeno il mastio e forse la porzione inferiore delle mura di cinta – il castello dovrebbe risalire al X secolo.

L’aspetto molto inconsueto è la tecnica di costruzione con cui è parzialmente realizzato che il Castello di Empiglione condivide con un piccolo numero di altre fortificazioni quali il Borghetto di Grottaferrata ed il Castello Savelli di Albano. Uno dei pochi brandelli sopravvissuti del muro perimetrale è infatti edificato con una muratura, detta alla sarcinese o sarcinesca, composta da blocchetti di pietra a forma di parallelepipedo regolare e di dimensioni grossomodo costanti legati fra loro da una minima quantità di malta. L’origine di questa inconsueta tecnica costruttiva è ancora al giorno d’oggi dubbia dopo essere stata ritenuta per secoli tipica degli edifici costruiti nel corso del X secolo e così chiamata perché importata in Italia dagli arabi, allora chiamati saraceni. Sebbene oggi si propenda per una datazione più tarda, in ogni caso non anteriore alla metà del XI secolo, si tratta comunque di una tecnica di uso raro tanto più in un luogo ricco di argilla, legname ed acqua che sono le tre materie prime necessarie per fabbricare i mattoni. Da rimarcare infine la presenza di una struttura ipogea sicuramente artificiale, di epoca e funzione ignota, posta al di sotto della porzione nord occidentale del castello ed in rovina, articolata in vari vani collegati da un disimpegno ed accessibile attraverso una porticina che si apre immediatamente al di sotto del piano delle mura. A valle del castello, lungo il corso del torrente, che in quel tratto corre parallelo alla via Empolitana, sono ancora ben visibili l’antico mulino, in larga parte ricostruito in epoca recente ed adibito a struttura ricettiva turistica, ed alcune fattorie in stato di abbandono, una delle quali anche di pregevole fattura. Sono riconoscibili due case coloniche, dirute ma in discreto stato di conservazione, ed una serie di depositi o stalle inaccessibili e cadenti» (testo di Paolo Amoroso).

Bibliografia e Sitografia

https://castelliere.blogspot.com/2016/12/il-castello-di-venerdi-23-dicembre.html

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