Napoli (palazzo del Panormita)

CENNI STORICI
Questo palazzo è situato nella parte meridionale di Via Nilo, in angolo con il piccolo largo, lungo Via San Biagio dei Librai, dove spicca il monumento al Fiume Nilo, comunemente noto come "il corpo di Napoli". La strada, oggi "Via" Nilo, si chiamava Vico del Nilo e prima ancora vico dei Bisi, non tanto per la famiglia che vi avrebbe abitato, piuttosto per l’espressione corrotta napoletana ‘mpsi (impiccati) dovuta al fatto che per questa strada, provenendo dalle carceri della Vicaria, vi venivano fatti transitare i condannati a morte per impiccagione per essere condotti al patibolo. Al numero civico 26 sorge dunque il rinascimentale Palazzo di Antonio Beccatelli, detto il Panormita. Il fabbricato passa quasi inosservato perché "soffocato" da edifici seicenteschi e poco mostra del suo antico splendore ma ancora conserva quei caratteri originari che ne avrebbero fatto il prototipo della nuova architettura del primo Rinascimento napoletano. L’origine della fondazione non è del tutto accertata anche se forte è l’attribuzione a Giovan Filippo de Adinolfo, architetto di cava de’ Tirreni che l’avrebbe lasciato incompiuto alla sua morte nel 1483. Il Panormita era già morto nel 1471 e si presume che abbia vissuto in questo palazzo già prima del 1450, data in cui era ambasciatore a Venezia. Altre fonti accreditano l’architetto Giovanni Donadio, detto il Mormanno (1450-1526) come realizzatore dei successivi lavori fatti eseguire dagli eredi del Beccadelli poco dopo la sua morte ma anche in questo caso c’è incertezza perché altri storici attribuiscono queste opere a Giovan Francesco de Palma (1507-1572), anch’egli detto il Mormanno (o Mormando) e che del Donadio era il genero. Struttura architettonica L’edificio, per quanto riguarda la facciata, si presenta composto da due quadrati che, avendo un lato in comune, formano un rettangolo dove al travertino di piperno, si alterna l’opus reticulatum. Il Palazzo presenta tre ordini di finestre: ad arco nell’ammezzato e nel secondo piano; rettangolari al primo piano e sormontate da cornici al piano nobile. Il portale, di epoca successiva, presenta un arco a tutto sesto che poggia su capitelli corinzi ed è collegato all’arco interno che si apre sul cortile, da due fasce in pietra in continuazione della trabeazione. L’arco interno poggia su pilastri con capitelli ionici. Quest’arco (secondo Roberto Pane) è riferibile al Mormando (Giovan Francesco de Palma), mentre la facciata e gli ambienti dei diversi piani, conservano l’originaria struttura voluta dall’Adinolfo ai tempi del Panormita. Intorno alla metà del XVII secolo, il palazzo fu venduto dagli eredi del Panormita al reggente del Tribunale della Vicaria, Giacomo Capece Galeota, duca di Regina che vi fece eseguire opere di ammodernamento senza però alterarne la struttura originaria. Il nuovo proprietario fece affrescare la volta dell’atrio con lo stemma e le armi della sua famiglia e di quelli della moglie Cornelia Caracciolo dei marchesi di Barisciano.
Bibliografia e Sitografia
https://cosedinapoli.com/itinerari/il-palazzo-del-panormita/
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XV sec.

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Restaurato

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