CENNI STORICI
Sull’isolotto partenopeo di Megaride, in una splendida posizione paesaggistica, proprio nel luogo in cui un tempo doveva sorgere la celebre villa di Lucullo, Guglielmo I il Malo avviò nella seconda metà del XII secolo la costruzione del Castrum Salvatoris ad mare. Il re normanno, tuttavia, non riuscì a vedere la fine dei lavori, e la sua possente fortificazione dovette essere completata da Guglielmo il Buono, finendo per inglobare delle precedenti architetture d’epoca ducale, insieme alla chiesetta alto-medievale del Salvatore. Successivamente, nei primi anni del regno svevo, la fortezza venne ulteriormente rinforzata, entrando di conseguenza a far parte del demanio imperiale di Federico II. Tale risultava la rilevanza strategica di quel castello (e di Napoli), anche e soprattutto in chiave antipapale, che l’Hohenstaufen evitò di concederlo in feudo a qualche nobile del suo entourage. Così, dallo Statutum de reparatione castrorum imperialium (successivo al 1241) veniamo a sapere che il fortilizio era in quel frangente comandato da un miles e difeso da trenta servientes, al pari dei castra più importanti della Terra laboris et comitatus Molisii. Con la dominazione angioina, il Castrum Salvatoris ad mare venne ancora ritoccato. E nel Trecento si cominciò a chiamarlo Castel dell’Ovo. Il motivo è ancora avvolto dal mistero: c’è chi dice che la denominazione riprenda l’andamento leggermente ovoidale del complesso architettonico. Altri vi vedrebbero invece l’eco di un mito medievale, riguardante il leggendario mago Virgilio, che nel castello custodiva un uovo con poteri sovrannaturali. In ogni caso, per l’imponenza e la sicurezza raggiunta dopo i tanti rimaneggiamenti, Castel dell’Ovo venne considerato adatto a custodire il tesoro reale. La sua mole, rinvigorita anche dagli Aragonesi, non gli evitò però delle gravi distruzioni, specie durante un assedio del 1503, che comportò il rifacimento delle strutture in forme adatte a sostenere la forza d’urto delle nuove armi da fuoco. Altre ristrutturazioni vennero ancora a modificare Castel dell’Ovo nel Sei e Settecento, tanto da conferirgli infine l’odierno aspetto. Un aspetto che, peraltro, nulla ha perso della sua vecchia, scenografica bellezza. La struttura del castello. Con il suo pullulare di torri e torrette, con l’arcone che unisce le due parti dell’isolotto di Megaride e le mille finestre che occhieggiano dalle sue pareti, Castel dell’Ovo sembra davvero una cittadella fatata cresciuta nell’azzurrità del mare e del cielo del Golfo di Napoli. Una lunga storia, fatta di aggiunte e sovrapposizioni, ha modificato le originarie forme architettoniche di un complesso fortificato che sin dagli anni Settanta è stato sottoposto a radicali restauri. In ogni caso, Castel dell’Ovo appare oggi come una serie di caserme, casematte e batterie allineate intorno a una strada interna, che attraversa in lunghezza l’intera fortificazione, bordata da alti muraglioni di recinzione. Nel rimescolamento dei fabbricati medievali sono comunque riconoscibili diverse torri cinque e seicentesche, insieme ad alcuni loggiati d’epoca angioina e aragonese. Fra gli ambienti interni, trasformati anche per l’uso militare che ne è stato fatto fino a pochi decenni fa, risalta la sala delle Colonne, scandita in navate da rocchi di colonne antiche, e la chiesa del Salvatore, che diede il primo nome al castello. Attualmente, Castel dell’Ovo rientra fra le proprietà del Ministero per i beni e le attività culturali, ed oltre ad essere visitabile tutti i giorni è attrezzato per accogliere periodicamente mostre e convegni di carattere nazionale e internazionale.Bibliografia e Sitografia
https://www.campania.info/napoli/cosa-vedere-napoli/castel-dell-ovo/ https://fondoambiente.it/luoghi/castel-dell-ovo?ldcArticoli di approfondimento
CITTÀ
PROVINCIA
REGIONE
EPOCA
XII sec.
STATO DI CONSERVAZIONE
Museo
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